L’«INCONTRO»: IL METODO DI DIO
La parola «incontro» indica in primo luogo qualcosa di imprevisto e di sorprendente, in secondo luogo una realtà nuova, solida, che ci tocca realmente, che interessa la nostra vita.
LEZIONE TENUTA DA DON GIUSSANI
Abbiamo esaminato la volta scorsa le necessità di un impegno con la realtà
in cui ci troviamo ad essere. L’uomo è tanto più profondamente umano quanto più
è attento alla realtà, quanto più è pronto ad aderire ad essa, quanto più egli
è semplice.
Questa attenzione genera inevitabilmente degli «incontri» con persone e con
fatti: tutta la nostra vita è plasmata da questi incontri e dal modo con cui li
viviamo.
Ma che cosa vuol dire incontro? Incontro è il rapporto con la realtà quando
essa è vera scoperta, umile accettazione di ciò che ci è dato. La parola
«incontro» indica in primo luogo qualcosa di imprevisto e di
sorprendente, in secondo luogo una realtà nuova, solida,
che ci tocca realmente, che interessa la nostra
vita. L’incontro è dunque imprevisto, imprevedibile, ma è sempre un
incontro con qualcuno che ha una personalità precisa, con qualcosa che è
sentito come un valore solido, una certezza. E’ sempre un incontro con una
realtà umana che, magari nebulosamente, ti offre qualcosa che riguarda
direttamente la tua persona.
Ogni incontro così inteso è unico: le circostanze che lo determinano non si
ripeteranno più così. «Temo che Dio passi e non ritorni più» (S. Agostino.)
Ogni incontro è una grande occasione.
1. La rivelazione di Dio è attraverso un incontro.
Tiziano: Gesù porta la croce aiutato dal Cireneo |
Dio si è rivelato all’uomo attraverso un incontro concreto: una voce che chiama un nome preciso in un luogo preciso. «Dio mise alla prova Abramo e gli disse: Abramo, Abramo. Ed egli rispose: Eccomi.» (Gen. XXII, 1.)
Anche l’incontro con Gesù Cristo appare nel Vangelo come l’imbattersi inaspettato con qualcuno che ti chiama per nome, e, senza che tu mai lo abbia visto prima, ti conosce profondamente. Gli incontri descritti nel Vangelo e negli Atti degli Apostoli conservano una straordinaria analogia con gli incontri che noi stessi ci siamo trovati a vivere.
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Incontro con il paralitico (Mt. IX, 1-7.)
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Incontro con Matteo (Mt. IX, 9.)
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Incontro con la figlia di Giairo e con la donna
ammalata (Mt. IX, 18-26.)
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Incontro con i due ciechi (Mt. IX, 27-31.)
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Incontro con il muto indemoniato (Mt. IX, 32-34.)
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Incontro con il giovane ricco (Mt. XIX, 16-22.)
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Incontro con la vedova di Naim (Lc. XI, 11-17.)
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Incontro con il centurione (Lc. VII, 1-10.)
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Incontro con la peccatrice (Lc. XI, 36-50.)
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Incontro con Zaccheo (Lc. XIX, 1-10.)
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Incontro con i primi discepoli e con Natanaele (Gv.
I, 35-51.)
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Incontro con Nicodemo (Gv. III, 1-11.)
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Incontro con la Samaritana (Gv. IV,
1-42.)
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Incontro con l’Eunuco (Gv. VIII, 26-40.)
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Incontro con Saulo (Atti IX, 1-19.)
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Incontro con Enea e Tabita (Atti IX, 32-41.)
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Incontro con il centurione (Atti X, 1-48.)
Leggendo i brani ci si accorge delle modalità
diversissime di questi incontri. Tutti però sono caratterizzati e dalla
scoperta di una novità e dalla consapevolezza che c’è in essi qualcosa di
intimamente legato all’esistenza degli interessati.
2. Incontro con la comunità
Esaminando le origini naturali del nostro stare
insieme vediamo che tutto nasce da incontri che abbiamo fatti, e che facciamo,
e che hanno lasciato un’impronta o un’impressione non tranquillamente
dimenticabile.
G.S. perciò inizia o si diffonde nell’ambiente
in cui siamo solo se noi diventeremo «incontri» per i compagni e gli amici. Il
fatto che l’origine della nostra comunità sia l’imbattersi in qualcosa di
imprevisto e di solido genera importanti conseguenze e caratteristiche.
Vogliamo soprattutto fermare l’attenzione sulle due più significative:
1° - Libertà dello spirito
Caravaggio Incredulità di San Tommaso |
2° - Serietà
Questo incontro, proprio per la sua
caratteristica di unicità e definitività, esige la nostra risposta vissuta.
Dobbiamo sentire con intransigenza la durezza dell’impegno con qualcosa di
vero, con qualcosa di solido, qualcosa per cui vale la pena di vivere: con la
solidità della verità cristiana.
Se vorremo diffondere veramente G.S., queste
saranno le due caratteristiche del nostro agire: l’ingenuità (nel senso latino cioè senza complessità, senza
essere legati da alcun limite posto da noi) e la solidità (cioè fedeltà e serietà dell’impegno.)
3. Incontro con la tradizione
L’incontro con una comunità come la nostra, o
con un compagno che ci colpisce perché ci dice qualcosa che sentiamo vero, ha
la caratteristica di una novità senza pari. Ma attraverso una frase, una
parola, un gesto, vediamo affiorare nella realtà presente l’impronta di una
tradizione che ha le sue radici nei secoli. L’incontro con quella comunità o
quel compagno, cioè, ci comunica un annuncio che sgorga da una vita di secoli,
dalla tradizione. Ciascuno di noi emerge da un flusso che nasce da questa
solidarietà umana e cristiana. Amare la comunità, amare l’incontro che l’ha
generata significa dunque amare questa tradizione dalla quale siamo nati,
riconoscere questa realtà secolare che rende possibile l’esistenza di me. Solo
un nostro impegno con la tradizione, con la Chiesa, con la realtà cristiana nei
secoli potrà renderci capaci di essere a nostra volta un incontro per gli
altri, di rappresentare quella imprevedibile novità che rivela le origini del
nostro essere.
L’esperienza dell’incontro è dunque
un’esperienza di novità, tanto più profonda quanto più diventa consapevole del
suo inserimento in un passato così lungo. Dobbiamo perciò educarci ad amare
questa vita passata che si è mossa da tanti secoli per raggiungere noi, con il
volto della nostra vita d’oggi.
Sia l’incontro con Dio che l’incontro con
qualche persona o l’incontro con la comunità può nascere come l’evidenza di un
momento e vivere poi solo nel ricordo. A volte appare come «un lampo nella
nebbia», ma ugualmente questo fugace apparire ci lascia la sicurezza di aver
trovato, per dirla con un gioco di parole, «qualcosa in cui c’è dentro
qualcosa.»
Infatti anche se subito dopo il buio si richiude
attorno all’uomo, questo non può essere lo stesso. Un eventuale atteggiamento
di indifferenza non può essere che uno stato d’animo in cui si cerca di
affondare il ricordo di quell’incontro; ma questo rimane un fatto
incancellabile dalla propria vita.
Curatore
don Gabriele Mangiarotti
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