venerdì 9 dicembre 2022

SCUOLA G.S. 1962 PARTE SECONDA

L’«INCONTRO»: IL METODO DI DIO

La parola «incontro» indica in primo luogo qualcosa di imprevisto e di sorprendente, in secondo luogo una realtà nuova, solida, che ci tocca realmente, che interessa la nostra vita.

LEZIONE TENUTA DA DON GIUSSANI 

Abbiamo esaminato la volta scorsa le necessità di un impegno con la realtà in cui ci troviamo ad essere. L’uomo è tanto più profondamente umano quanto più è attento alla realtà, quanto più è pronto ad aderire ad essa, quanto più egli è semplice.
Questa attenzione genera inevitabilmente degli «incontri» con persone e con fatti: tutta la nostra vita è plasmata da questi incontri e dal modo con cui li viviamo.
Ma che cosa vuol dire incontro? Incontro è il rapporto con la realtà quando essa è vera scoperta, umile accettazione di ciò che ci è dato. La parola «incontro» indica in primo luogo qualcosa di imprevisto e di sorprendente, in secondo luogo una realtà nuova, solida, che ci tocca realmente, che interessa la nostra vita. L’incontro è dunque imprevisto, imprevedibile, ma è sempre un incontro con qualcuno che ha una personalità precisa, con qualcosa che è sentito come un valore solido, una certezza. E’ sempre un incontro con una realtà umana che, magari nebulosamente, ti offre qualcosa che riguarda direttamente la tua persona.

Ogni incontro così inteso è unico: le circostanze che lo determinano non si ripeteranno più così. «Temo che Dio passi e non ritorni più» (S. Agostino.) Ogni incontro è una grande occasione.


1. La rivelazione di Dio è attraverso un incontro.

Tiziano: Gesù porta la croce aiutato dal Cireneo


Dio si è rivelato all’uomo attraverso un incontro concreto: una voce che chiama un nome preciso in un luogo preciso. «Dio mise alla prova Abramo e gli disse: Abramo, Abramo. Ed egli rispose: Eccomi.» (Gen. XXII, 1.)
Anche l’incontro con Gesù Cristo appare nel Vangelo come l’imbattersi inaspettato con qualcuno che ti chiama per nome, e, senza che tu mai lo abbia visto prima, ti conosce profondamente. Gli incontri descritti nel Vangelo e negli Atti degli Apostoli conservano una straordinaria analogia con gli incontri che noi stessi ci siamo trovati a vivere.

·         Incontro con il paralitico (Mt. IX, 1-7.)

·         Incontro con Matteo (Mt. IX, 9.)

·         Incontro con la figlia di Giairo e con la donna ammalata (Mt. IX, 18-26.)

·         Incontro con i due ciechi (Mt. IX, 27-31.)

·         Incontro con il muto indemoniato (Mt. IX, 32-34.)

·         Incontro con il giovane ricco (Mt. XIX, 16-22.)

·         Incontro con la vedova di Naim (Lc. XI, 11-17.)

·         Incontro con il centurione (Lc. VII, 1-10.)

·         Incontro con la peccatrice (Lc. XI, 36-50.)

·         Incontro con Zaccheo (Lc. XIX, 1-10.)

·         Incontro con i primi discepoli e con Natanaele (Gv. I, 35-51.)

·         Incontro con Nicodemo (GvIII, 1-11.)

·         Incontro con la Samaritana (GvIV, 1-42.)

·         Incontro con l’Eunuco (Gv. VIII, 26-40.)

·         Incontro con Saulo (Atti IX, 1-19.)

·         Incontro con Enea e Tabita (Atti IX, 32-41.)

·         Incontro con il centurione (Atti X, 1-48.)


Leggendo i brani ci si accorge delle modalità diversissime di questi incontri. Tutti però sono caratterizzati e dalla scoperta di una novità e dalla consapevolezza che c’è in essi qualcosa di intimamente legato all’esistenza degli interessati.

2. Incontro con la comunità

Esaminando le origini naturali del nostro stare insieme vediamo che tutto nasce da incontri che abbiamo fatti, e che facciamo, e che hanno lasciato un’impronta o un’impressione non tranquillamente dimenticabile.
G.S. perciò inizia o si diffonde nell’ambiente in cui siamo solo se noi diventeremo «incontri» per i compagni e gli amici. Il fatto che l’origine della nostra comunità sia l’imbattersi in qualcosa di imprevisto e di solido genera importanti conseguenze e caratteristiche. Vogliamo soprattutto fermare l’attenzione sulle due più significative:

 - Libertà dello spirito

Caravaggio Incredulità di San Tommaso
Come l’incontro non è predisposto da noi, così il nostro agire non è condizionato dai nostri successi. Il motivo che ci muove e che giustifica la nostra diffusione non è in noi, ma è al fondo di noi, là dove c’è un Altro, Colui che adoriamo. Noi vogliamo realizzare non un nostro partito, non un nostro progetto, ma qualcosa d’altro, di puro, di netto, che non dipende da noi, ma da Colui che ci ha fatti. Per questo l’incontro accettato con semplicità ci dà una grande libertà di spirito che non ci fa mai fermare, che ci fa agire indipendentemente dalla nostra cultura o dalla nostra scaltrezza, al di sopra perfino del nostro cuore. Questa fede, questa sicurezza l’abbiamo perché un Altro agisce in noi. La nostra libertà è quella semplicità ed ingenuità per cui non ci stancheremo mai di rivolgerci a chiunque, di ripetere a chiunque l’invito a quell’incontro che è definitivo nella vita di un uomo.


2° - Serietà
Questo incontro, proprio per la sua caratteristica di unicità e definitività, esige la nostra risposta vissuta. Dobbiamo sentire con intransigenza la durezza dell’impegno con qualcosa di vero, con qualcosa di solido, qualcosa per cui vale la pena di vivere: con la solidità della verità cristiana.
Se vorremo diffondere veramente G.S., queste saranno le due caratteristiche del nostro agire: l’ingenuità (nel senso latino cioè senza complessità, senza essere legati da alcun limite posto da noi) e la solidità (cioè fedeltà e serietà dell’impegno.)

3. Incontro con la tradizione

L’incontro con una comunità come la nostra, o con un compagno che ci colpisce perché ci dice qualcosa che sentiamo vero, ha la caratteristica di una novità senza pari. Ma attraverso una frase, una parola, un gesto, vediamo affiorare nella realtà presente l’impronta di una tradizione che ha le sue radici nei secoli. L’incontro con quella comunità o quel compagno, cioè, ci comunica un annuncio che sgorga da una vita di secoli, dalla tradizione. Ciascuno di noi emerge da un flusso che nasce da questa solidarietà umana e cristiana. Amare la comunità, amare l’incontro che l’ha generata significa dunque amare questa tradizione dalla quale siamo nati, riconoscere questa realtà secolare che rende possibile l’esistenza di me. Solo un nostro impegno con la tradizione, con la Chiesa, con la realtà cristiana nei secoli potrà renderci capaci di essere a nostra volta un incontro per gli altri, di rappresentare quella imprevedibile novità che rivela le origini del nostro essere.
L’esperienza dell’incontro è dunque un’esperienza di novità, tanto più profonda quanto più diventa consapevole del suo inserimento in un passato così lungo. Dobbiamo perciò educarci ad amare questa vita passata che si è mossa da tanti secoli per raggiungere noi, con il volto della nostra vita d’oggi.
Sia l’incontro con Dio che l’incontro con qualche persona o l’incontro con la comunità può nascere come l’evidenza di un momento e vivere poi solo nel ricordo. A volte appare come «un lampo nella nebbia», ma ugualmente questo fugace apparire ci lascia la sicurezza di aver trovato, per dirla con un gioco di parole, «qualcosa in cui c’è dentro qualcosa.»
Infatti anche se subito dopo il buio si richiude attorno all’uomo, questo non può essere lo stesso. Un eventuale atteggiamento di indifferenza non può essere che uno stato d’animo in cui si cerca di affondare il ricordo di quell’incontro; ma questo rimane un fatto incancellabile dalla propria vita.

https://www.culturacattolica.it/attualit%C3%A0/in-rilievo/abbiamo-detto-gli-editoriali/t49043/l-incontro-il-metodo-di-dio

Curatore don Gabriele Mangiarotti

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