La speranza cristiana è tutto tranne che irragionevole
Non è una speranza campata per aria, senza punto d’appoggio, una sorta di ottimismo irrazionale contro l’evidenza dei dati del presente. Anzi, la sua ragionevolezza poggia tutta su una conoscenza verificata nell’esperienza
«Per sperare, bimba mia, bisogna essere molto felici, bisogna aver ottenuto, ricevuto una grande grazia», dice il poeta francese Charles Péguy (Il portico del mistero della seconda virtù, in I Misteri, Jaca Book, 1997, p. 167). Con questa affermazione Péguy si situa agli antipodi di qualsiasi atteggiamento presuntuoso, perché riconosce che la possibilità della speranza si fonda non in qualcosa di costruito da noi, ma in una grazia, vale a dire, in qualcosa di dato, di donato. È questa grazia che rende ragionevole la speranza.
Spiega don Giussani: «La speranza, che non è nient’altro che l’espandersi della sicurezza della fede al futuro» (Si può vivere così?, Rizzoli, Milano 2007, p. 255.)
Se la fede è riconoscere con
certezza una Presenza così corrispondente all’attesa del cuore, allora la
speranza è avere una certezza per il futuro che nasce da questa Presenza. È
l’espandersi al futuro della sicurezza del presente.
All’inizio dell’enciclica Spe salvi Benedetto XVI parla di «speranza affidabile»: «La redenzione
ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza
affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il
presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se
conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se
questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino» (n. 1).
Per questo la speranza è il test più elementare
per renderci conto se la nostra fede è un’esperienza - precisamente
un’esperienza di certezza così reale da poter poggiare tutto su di essa -, o se
invece è una categoria mentale o dialettica, quindi non in grado di fornire un
punto d’appoggio reale.
Per questo Giussani
insiste: «La grande grazia da cui
la speranza nasce è la certezza della fede; la certezza della fede è il seme
della certezza della speranza» (p. 184). Ciò su cui si fonda la speranza è un
presente: «Ma un presente è veramente presente nella misura in cui tu lo
possiedi; perciò la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia su un
possesso già dato» (p. 186), su una grande grazia.
Perciò la speranza cristiana
è tutto tranne che irragionevole. Non è una speranza campata per aria, senza
punto d’appoggio, una sorta di ottimismo
irrazionale contro l’evidenza dei dati del presente. Anzi, la sua
ragionevolezza poggia tutta su una conoscenza verificata nell’esperienza. Per
questo possiamo dire che poggia su un possesso già dato.
È ancora
la Spe salvi che ce lo ricorda con parole analoghe: «La fede
non è soltanto un personale protendersi verso le cose che devono venire ma sono
ancora totalmente assenti; essa ci dà qualcosa. Ci dà già ora qualcosa della
realtà attesa, e questa realtà presente costituisce per noi una “prova” delle
cose che ancora non si vedono. Essa attira dentro il presente il futuro, così
che quest’ultimo non è più il puro “non-ancora”. Il fatto che questo futuro
esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e
così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle
future» (n. 7).Edward Henry Potthast (1857 -1927)
Beach Scene
E di nuovo: «La promessa di Cristo non è
soltanto una realtà attesa, ma una vera presenza» (n. 8).
È con questa Presenza davanti a me che, adesso,
posso guardare senza paura tutta la portata della mia attesa, dei miei desideri
più profondi. Nella compagnia di questa Presenza posso osare porre la vera
domanda.
«Questi desideri saranno
soddisfatti, sì o no? Qui è il punto. Questi desideri, fatti secondo le
esigenze del cuore, possono essere sicuri d’essere attuati […] solo in quanto
uno […] si abbandona alla Presenza» (pp. 190-191).
La forma della risposta al
desiderio dell’uomo è Cristo stesso. Cristo è l’unica speranza di compimento
della nostra affettività. Egli solo, Egli solo è capace di esaudire, di
soddisfare veramente l’affettività.
Null’altro è in grado di soddisfarci realmente.
Perciò la speranza è il compimento dell’affezione: Egli solo è in grado di
soddisfare, di compiere veramente l’affezione. Per questo tutti gli uomini
ardono dal desiderio; ma quanto è difficile trovare uno che dica: «Di te ha
sete l’anima mia» (Sal 63,2)!
Raffaello, Angeli, part. de La Madonna Sistina (Dresda) |
Cristo, la Presenza riconosciuta dalla fede, è l’unico fondamento ragionevole della speranza. Senza di Lui la vita dell’uomo è priva di un fondamento su cui poggiare.
Invece è proprio così, perché - come conferma san Tommaso - «la vita dell’uomo consiste nell’affetto che principalmente lo sostiene e nel quale trova la sua più grande soddisfazione» (San Tommaso d’Aquino, Secunda secundae, in Summa Theologiae, q. 179, art. 1). La soddisfazione è nell’affezione a Cristo, la soddisfazione è Cristo.
Estratti da un intervento di Julian Carron del 2009 (tratto da CL online)
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