Il primo
atto è annunciare Dio”, ha affermato Benedetto XVI rispondendo alle domande dei
giornalisti durante il volo che lo portava in Messico. “Se Dio non c’è,
l’infinito si crea i suoi propri paradisi, un’apparenza di “infinitudini” che
può essere solo una menzogna. Perciò è tanto importante che Dio sia presente,
accessibile”.
Credo che convenga servirsi di queste parole come di una lente per mettere a
fuoco un evento importante, ancora una volta ignorato dai media, ma destinato,
nella logica di Dio che guida la storia, a cambiare i cuori di tanti uomini. Il
tempo rivelerà la portata di questa visita vissuta dal Papa in intima unità e
“assoluta continuità” con quella del suo predecessore, l’amato papa Giovanni
Paolo II.
A noi, oggi, tocca cogliere i segni e le parole che possano ricreare le nostre persone, in una ideale e reale partecipazione alla vita della Chiesa universale. Rivolgendosi a un popolo che vive il cristianesimo con una forte carica sentimentale ma che, nello stesso tempo, subisce la secolarizzazione e la confusione di un mondo globalizzato, il Papa ha proposto la necessità di “annunciare un Dio che risponde alla nostra ragione, perché vediamo la razionalità del cosmo, vediamo che c’è qualcosa dietro, ma non vediamo come sia vicino questo Dio, come concerne me”. Pertanto, “l’intuizione del cuore deve collegarsi con la razionalità della fede e con la profondità della fede che va oltre la ragione.
Dobbiamo cercare di non perdere il cuore, ma di collegare cuore e ragione, così che cooperino, perché solo così l’uomo è completo e può realmente aiutare e lavorare per un futuro migliore”. La separazione cuore-ragione è uno dei mali del nostro tempo, un equivoco su cui gioca il relativismo dominante per cui al riconoscimento di un bene non corrisponde un’adesione dell’affetto e tutto, perciò, si scolora, acquista una tinta neutra che opacizza. Inoltre, separare cuore e ragione è causa di indebolimento per entrambi: il cuore si riduce a sentimento istintivo, mentre la ragione si confina nel dimostrabile, in ciò che trova alla sua portata.
Se la “profondità della fede va oltre la ragione” poiché ne supera i limiti, negare la fede compromette la ragione stessa. Le conseguenze di questa posizione sono sotto gli occhi di tutti. Come spiegare altrimenti tanta irrazionalità di atteggiamenti o di opinioni che si contraddicono senza che chi li pratica se ne avverta?
Recentemente mi è capitato di leggere una frase sconcertante per l’assenza totale di consapevolezza dello scrivente: “Grazie a Dio, sono ateo”. Per asserire il proprio ateismo si afferma Dio! Che si tratti di una sorta di pena del contrappasso moderna? “Quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo, frustrando, nello stesso tempo, la vera vocazione della creazione di essere lo spazio per l’alleanza, per il «sì» dell’amore tra Dio e l’umanità che gli risponde”.
È facile per l’intellighenzia di oggi denunciare il mondo come “luogo inospitale”, con tutti gli annessi delle retoriche ambientaliste, ma non viene mai superata la soglia della denuncia, mai posta una domanda vera che parta dal cambiamento di sé, che esuli dallo spettacolarismo di facciata.
Perché il mondo è inospitale? Cosa lo rende tale? Perché siamo arrivati a questa estraneità nei confronti di una realtà che gli studi più avanzati riconoscono si sia “sviluppata” in modo tale da permettere la vita all’uomo? “Creazione come spazio per l’alleanza”, per un legame generatore che chiede di essere accolto. Qui sta il mistero della libertà.
Chi intende ridurre la visita del Papa in Messico e in America Latina a fatto devozionale o politico per la sosta a Cuba, deve fare i conti con la tenacia di un Papa che ha scelto, già come motto episcopale, di essere collaboratore della verità. E spiazza tutti con la profondità della sua fede, che va “oltre la ragione”.
Cultura Cattolica socio
di SamizdatOnLine
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