La classifica del World Economic Forum fa venire molta voglia di
trasferirsi in Lesotho
di Annalena Benini
Tratto da Il Foglio dell'8 marzo 2012
di Annalena Benini
Tratto da Il Foglio dell'8 marzo 2012
Andateci voi, a vivere in Ruanda. Secondo il rapporto del World Economic
Forum, è il primo posto nel mondo dove conviene essere un politico donna,
perché le signore sono la maggioranza dei parlamentari. E’ una gran fortuna,
perché dopo essere sopravvissute al genocidio, schivando gli attentati,
evitando di opporsi al governo di Kagame, stando attente a uscire di casa o
anche solo ad affacciarsi alla finestra se si è giornaliste, in Ruanda le donne
vivono che è una meraviglia. L’Italia è al settantaquattresimo posto di questa
classifica di genere (The Global Gender Gap 2011), che vede vincitrice, come
sempre, l’Islanda, con tanti bei ghiacciai, nevicate in agosto, tempeste
perfette e con una parità assoluta fra uomini e donne in ogni campo. Dopo che
si è guardato il sole di mezzanotte, ascoltando i Sigur Ros, resta tantissimo
tempo per cancellare tutto il possibile residuale maschilismo caso per caso,
essendo l’Islanda il paese meno popolato d’Europa. Sono dati sempre molto
interessanti, quelli sul benessere femminile nel mondo, da cui emerge (anche in
una recente classifica di Newsweek era lo stesso) che in Ucraina, Moldavia e
Romania le donne stanno d’incanto, almeno rispetto all’Italia: l’Ucraina è
dieci posti sopra di noi, la Moldavia quasi quaranta.
Il fatto che vengano in Italia a fare le badanti per poter comprare una
casa ai figli, scappando spesso da mariti totalmente ubriachi, è soltanto una
generalizzazione, o un inutile dettaglio, se paragonato all’incrocio dei
parametri utilizzati per il rapporto: scuola, lavoro, politica, salute,
maternità. Ad esempio in Burundi si vive molto bene, è al primo posto per
partecipazione femminile al mondo del lavoro (mentre in Italia ci sono troppe
casalinghe), e anche in Ghana va meglio che da noi, quanto a gender gap, purché
si soprassieda su quelli che ancora incoraggiano e praticano l’infibulazione. E
poi la Cina: è al sessantunesimo posto su centotrentacinque (l’ultimo paese al
mondo in cui una donna possa aspirare a vivere è lo Yemen) perché le femmine
che riescono a nascere (e non vengono eliminate prima: sono spariti
quattrocento milioni di bambini in trent’anni, e gli aborti forzati, fatti
sulla pelle delle donne, non sono esattamente un ricordo) si sentiranno così
fortunate da spazzare via qualunque residuato maschilista.
Anche se pare che le
donne cinesi abbiano il più alto tasso di suicidio nel mondo, il doppio dei
maschi, che spesso comprano mogli nei paesi vicini, come la Thailandia,
quattordici posizioni sopra l’Italia per assottigliamento di gender gap. Ma il
posto migliore, per una ragazza, per imparare a leggere e a scrivere e non
aspirare a fare la soubrette in televisione, è il Lesotho, nell’Africa del Sud,
dove le ragazze sono molto più alfabetizzate degli uomini. Purché si faccia
attenzione alla mortalità infantile e alla denutrizione, è una specie di
paradiso della parità, al nono posto, sopra la Germania e l’Inghilterra, nella
classifica dei paesi delle donne nel 2011. Viene voglia di trasferirsi.
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