tratto da ilsussidiarionet
Alcune annotazioni
relative alla provocazione culturale realizzata nel dibattito sull’Editto di
Costantino. L’imperatore proclama la libertà della pratica religiosa per tutte le
fedi, si fonda così il rapporto fra fede e politica, alla fede il compito di
gettare le basi della coscienza di popolo, alla politica il compito di
garantire la convivenza delle strade diverse della libertà. Sarebbe veramente
utile se si tornasse a questo equilibrato rapporto fra fede e politica, in
particolar modo nella pratica religiosa. Oggi è profondamente drammatico il
ruolo educativo della esperienza religiosa. Le forme di fede ateiste e
agnostiche, costrette a giocar tutto nella politica, hanno alimentato un
moralismo ottuso che critica tutte le cattive espressioni della vita civile e politica
senza saper proporre responsabilità e attenzione alla costruzione del bene
comune. L’intimismo religioso e la
separazione dalla vita civile hanno tolto il fare popolo, e dunque le basi
della democrazia. Per questo la politica si è ridotta a gioco cinico del
potere e gli elettori non votano o fanno il voto di protesta. Dunque oggi ci
vuole coraggio, il Paese va rimesso in piedi, attenzione alla realtà,
educazione del popolo, ricostruzione della politica cominciando dalla comunità
territoriale. Un lavoro adatto solo a chi non ha nulla da perdere ed è disposto
a ricominciare da capo.
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