Democristiani loro malgrado
La decisione
del presidente Napolitano circa la necessità di una verifica parlamentare per
il governo Letta è difficilmente confutabile. Infatti con lo sfaldamento del
Pdl, e l’uscita di Forza Italia dalla coalizione, l’esecutivo conserva la
maggioranza, ma la sua natura politica è radicalmente mutata. Da un governo
Destra-Sinistra - cioè Pd-Pdl (numericamente autosufficienti) più altri - si è
trasformato in un governo di Sinistra-Centro. Nel quale è il Partito
democratico, per l’appunto, a rappresentare in entrambe le Camere il nucleo
forte, mentre il Centro, costituito da Scelta Civica-Udc più il Nuovo
centrodestra (Ncd) di Alfano, svolge la parte di comprimario.
Coincide con
questo spostamento dell’asse politico del governo - e in certo senso lo ha reso possibile e
insieme ne è un frutto - un secondo e più importante mutamento: la
democristianizzazione del Pd. Vale a dire il progressivo ma ormai compiuto
assorbimento-imitazione da parte del Partito democratico non solo della
funzione sistemica, ma pure dei caratteri interni propri di quella che fu la
Democrazia cristiana. Una tale democristianizzazione del Pd si è prodotta non
casualmente via via che il sistema politico della cosiddetta Seconda Repubblica
andava perdendo il suo parziale carattere bipolare per indirizzarsi verso una
riedizione della frantumazione parlamentarista della Prima Repubblica, frutto a
suo tempo della proporzionale. Alla quale - di nuovo non a caso - anche la
Seconda sembra ora ineluttabilmente condannata a tornare. Un parlamentarismo
proporzionalistico che, se non vuole naufragare nel nulla, deve però
necessariamente organizzarsi intorno a un partito cardine. Che ieri era la Dc,
e oggi è per l’appunto il Pd.
Il Partito democratico si candida a essere un tale partito innanzitutto a causa della neoacquisita posizione di centralità nella topografia parlamentare: dal momento che oggi esso si trova di fatto ad essere la componente principale di un governo che alla Camera deve fronteggiare allo stesso tempo una consistente opposizione di sinistra (all’incirca 130 deputati) e una poco minore opposizione di destra. Ricorda questo qualcosa a qualcuno? Non fu forse precisamente questa, per 40 anni, la situazione della Dc?
La
centralità «democristiana» del Pd gli viene anche dal fatto di essere oggi il solo e
vero «partito delle istituzioni». In realtà esso lo è fin dagli Anni 90, a
causa del fallimento che la Destra ha fatto registrare pure su questo terreno.
Non riuscendo a distinguersi neppure in minima parte dalla figura di
Berlusconi, dalla sua immagine «corsara», erratica e improvvisatrice, la Destra
politica, infatti, non è mai riuscita a liberarsi di qualcosa di casuale e
provvisorio, di incompatibile con la stabilità nel tempo, con il senso del
passato storico, con l’affidabilità e con gli aspetti legalistico-formali che
sono propri della dimensione istituzionale. Verso la quale, invece, la sinistra
di origine comunista ha sempre mostrato tradizionalmente una grande attenzione.
Il risultato è che da molto tempo la gran parte dell’establishment italiano,
nello Stato e nella società, si riconosce nel Pd.
Ma naturalmente essere «come la Dc», cominciare ad occupare una posizione centrale analoga alla sua nella costellazione del potere, ha un prezzo: quello di finire per occuparsi, appunto, solo del potere. E dunque trasformarsi in un ceto burocratico-politico senza idee e senza progetti, diviso in correnti ferocemente in lotta, la cui principale attività, al centro come in periferia, diviene di fatto la spartizione dei posti e delle risorse: proprio quello che oggi il Pd rischia sempre più di diventare.
30 novembre
2013
GALLI DELLA LOGGIA DA IL CORRIERE DELLA SERA
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