"LA NOSTRA ORA PIU' BUIA"
La conduzione di un esecutivo in
emergenza richiede semplificazione, non moltiplicazione degli organismi. Storia
del gabinetto di guerra di Churchill e cronaca della proliferazione dei
comitati di Palazzo Chigi
Il Presidente del Consiglio non ha mai fatto mistero d’ispirarsi
in questa crisi a Winston Churchill. È la nostra ora più buia, ha più
volte ribadito, parafrasando il grande Primo ministro che resistette ai nazisti
e vinse la Seconda Guerra Mondiale. Conte, l’avvocato del popolo, ama
disegnarsi come uno statista super partes.
Eppure la storia tornerebbe utile, se la si studiasse e non
venisse utilizzata come specchietto per le allodole. Entrato a Downing Street
nel 1940 sostenuto da una grande coalizione di tutti i partiti (e anche qui
forse ci sarebbe da imparare), Churchill fronteggiò l’emergenza bellica varando
con rapidità uno War Cabinet, il Gabinetto di Guerra, riunione
ristretta dei ministri indispensabili alla conduzione delle ostilità. Nei
momenti di crisi di una nazione il comando deve esser saldo, i decisori pochi,
la linea politica chiara ed omogenea. Per questo il Primo Ministro accentrava
nelle sue mani ed in quelle di pochi altri i destini della nazione. Lo War
Cabinet, infatti, era un’operazione di semplificazione, una
razionalizzazione del sistema decisionale, un vertice concreto. Pochi ministri,
competenze chiare, efficienza massima. I vecchi gabinetti pletorici, con venti
o trenta componenti, non erano funzionali per le decisioni in tempo di guerra.
Gli inglesi lo sapevano bene, già dalla Prima guerra mondiale. E non a caso le
hanno vinte entrambe.
In questo contesto, non era
necessaria nemmeno una gran sfilata di esperti e consulenti governativi,
a dimostrazione che quando un ingranaggio è buono, e quello dello Stato
britannico lo era, sono i singoli individui a fare la differenza. Non servono
le schiere di esperti.
Infatti, Churchill resistette
al nazismo e guidò vittoriosamente la controffensiva con Roosevelt con soli
quattro consiglieri scientifici esterni alla macchina dello Stato. Tutto il
resto era gestito da funzionari pubblici ben preparati e tecnici che erano
stati incorporati, assunti, dall’amministrazione. Nessuna task force,
nessun comitato, nessuna centinaia di esperti come nell’Italia del 2020 (Il Sole 24 ore
ne ha contati 450 tra Stato e regioni).
Un gabinetto d’emergenza,
con pochi e qualificati consiglieri tecnici è ciò che ci vorrebbe, ma in Italia
c’è sempre un vasto sottobosco di sedicenti esperti che deve essere
accontentato. L’intendenza dei competenti vive nel paradosso di ricevere
l’investitura da un governo fondato sul
partito dell’incompetenza per eccellenza, i cittadini semplici del Movimento
Cinque Stelle. Dopo anni di barricate con il Pd, oggi ci si spartisce
insieme la grande vetrina degli esperti nel tentativo di gestire l’epidemia
dopo settimane di caos legislativo, istituzionale e comunicativo.
Il timore è che task force e comitati serviranno più come
ammortizzatore di responsabilità, come strategia di diluizione delle colpe, che
come fattori d’innovazione all’interno dell’apparato amministrativo italiano.
Non sarebbe stato più utile proporre un’assunzione diretta ai migliori tra
questi scienziati, tecnologi, manager e via dicendo con un processo
semplificato come è stato fatto per i medici in corsia? Così da lasciare solo
pochi consiglieri, di gran qualità, ad incidere maggiormente sulle scelte
politiche, proprio come accadde ai tempi di Churchill e Roosevelt?
L’impressione è che si debbano
costruire specchi per garantire a ciascun ministero e a ciascun livello di
governo il proprio “soviet di tecnici”e assicurare ad un gran numero di narcisi
esperti la possibilità di specchiarvisi dentro.
Quando mancano gli anticorpi della politica e quando l’élite viene
annacquata, non restano che l’apparenza e i meccanismi d’autoinganno di una
classe dirigente sempre più vasta, e dunque sempre più mediocre.
Spunti tratti da LIST
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