Quando tutta questa storia sarà finita, si faranno prima o poi i conti con i traumi provocati ai
bambini, agli anziani e alle persone a cui è stata sottratta ogni forma di
libertà.
Oliver Nay, professore alla Sorbona, su Lancet, si
chiede se "Un virus puo' minare i diritti umani?".
L'eccezionalità
può mettere a rischio alcuni principi democratici a lungo termine? L'epidemia
potrebbe portare a una riduzione dei diritti individuali dopo il picco della
crisi? Secondo Nay ora corriamo tre rischi:
1. Che le misure eccezionali diventino ordinarie e permanenti;
2. Che l'emergenza giustifichi riforme che sarebbero state fino a ieri
inaccettabili;
3. Che in cambio di una sicurezza astratta i cittadini rinuncino ad alcuni
diritti costituzionali.
A giudicare da quello che sta accadendo, in Italia siamo decisamente sulla
cattiva strada.
Il primo rischio è che alcune
misure eccezionali adottate nel contesto di un'emergenza potrebbero
eventualmente rientrare nell'ambito di applicazione della legislazione
ordinaria, se i leader sostengono che una minaccia sanitaria diffusa potrebbe
riaffiorare in qualsiasi momento. Molti intellettuali
sostengono che tale normalizzazione delle misure di emergenza è diventata una
tendenza nelle democrazie.
Il secondo rischio è che i
governi possano sfruttare l'effetto sostanziale di questa crisi per
amministrare una cosiddetta strategia di shock, volta a rafforzare le politiche
di sorveglianza. Come ha sottolineato Naomi Klein, questa strategia si realizza quando
un governo coglie l'opportunità di un
trauma nazionale, ad esempio una guerra, un attacco terroristico, un disastro
naturale, per attuare riforme radicali che sarebbero state precedentemente
considerate inaccettabili.
Inoltre
molti governi potrebbero trarre vantaggio dalle tecnologie di localizzazione,
dall'intelligenza artificiale e dalla robotica per espandere la sorveglianza
invasiva. Molto probabilmente i governi
cercheranno di sorvegliare la vita intima del pubblico, di prevedere e
monitorare i loro comportamenti e movimenti. Queste pratiche
potrebbero trasformarsi nella sorveglianza totale della vita dei cittadini.
Il terzo rischio, il più grave, è che la paura possa
cambiare il valore accordato dai cittadini alla libertà. Con l'aumentare delle minacce
biologiche e ambientali globali, i cittadini potrebbero essere disposti a
rinunciare ad alcuni dei loro diritti costituzionali.
L'aspirazione
alla sicurezza può rapidamente erodere il desiderio di libertà. Questa
aspirazione può portare gli individui a preferire l'autorità di un leader all'etica
della discussione democratica.
Per quanto
riguarda la salute, le tecnologie di localizzazione sono efficaci nel migliorare la ricerca
sulla salute, anticipare le minacce alla salute e mitigare i comportamenti
individuali a rischio.
Questa
efficacia è il motivo per cui i governi saranno tentati di introdurre una
sorveglianza di massa nelle leggi ordinarie.
D'altra
parte, nessuno può ignorare il rischio che la raccolta di dati in blocco possa
trasformare la sorveglianza dei problemi di salute in sorveglianza degli
individui, con tutta una serie di possibili informazioni su stili di vita,
scelte personali e territoriale, sociale ecc. Nei paesi autoritari, una
situazione del genere può portare alla stigmatizzazione
delle minoranze sociali (per es. i
cattolici). Non c'è motivo di considerare le democrazie liberali
immuni da questo rischio.
Nay conclude dicendo che gravi crisi che causano shock sociali possono
alla fine provocare modi positivi di
riconsiderare il bene comune e i diritti fondamentali. Tutto
considerato, ora è il momento giusto, mentre l'umanità sta affrontando la
crisi, di iniziare a pensare alla ricostruzione post-COVID-19. In questo
dibattito, i diritti fondamentali non dovrebbero essere elusi, specialmente nei
paesi con politiche di privacy e protezione dei dati deboli.
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