domenica 5 aprile 2020

QUESTA NOTTE E' MORTO UN AMICO


Questa notte è morto un amico. Da anni soffriva di un morbo altrettanto, se non più crudele di quello che ora lo ha ucciso, in solitudine, insieme a tanti altri (quanti saranno, nel computo della giornata?). Ho motivi di particolare gratitudine verso di lui, ed anche se non ho saputo esprimerglieli come avrei voluto e dovuto ne ho sempre serbata viva la coscienza in me, tutte le volte che l'ho pensato.

Ora che è entrato «nell'ombra della morte», proprio all'inizio di questa Settimana Santa del 2020, la più santa e la più desolata che ci sia stato dato di vivere, lo penso e prego per lui con queste parole, tratte da Introduzione al cristianesimo di Joseph Ratzinger.
«che accade quando uno muore, ossia quando entra nel regno della morte [?]. Di fronte a questo problema dobbiamo tutti confessare il nostro imbarazzo. Nessuno sa realmente che cosa succeda, perché tutti viviamo al di qua della morte, non abbiamo alcuna esperienza della morte. [...] qui viene alla luce, in definitiva, semplicemente l'abissale solitudine dell'uomo; dell'uomo che nel suo intimo è solo. Questa solitudine, che viene sì per lo più camuffata in svariati modi, ma che rimane la vera situazione dell'uomo, denota al contempo la più stridente contraddizione con la natura dell'uomo, che non può vivere da solo, ma ha bisogno di essere con gli altri. La solitudine è perciò la regione dell'angoscia, radicata nella condizione di essere-abbandonato in cui l'essere si trova [...]
Se ci fosse una solitudine in cui nessuna parola di un altro potesse più penetrare e cambiare la situazione, se si verificasse un abbandono talmente profondo da non permettere più ad alcun ‘tu’ di raggiungere chi è abbandonato, avremmo allora [...] quello stato spaventoso che il teologo chiama ‘inferno’. [...]
Cristo [morendo e scendendo agli inferi] ha varcato la soglia della nostra ultima solitudine, calandosi con la sua passione in questo abisso del nostro estremo abbandono. Là dove nessuna voce è in grado di raggiungerci, lì egli è presente. Con ciò l'inferno è vinto o – per essere più esatti – la morte, che prima era l'‘inferno”, ora non lo è più [...] perché al centro della morte c'è la vita, perché l'amore abita ora al centro di essa.»
LEONARDO LUGARESI

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