Questa notte è morto un amico. Da anni soffriva di
un morbo altrettanto, se non più crudele di quello che ora lo ha ucciso, in
solitudine, insieme a tanti altri (quanti saranno, nel computo della
giornata?). Ho motivi di particolare gratitudine verso di lui, ed anche se non
ho saputo esprimerglieli come avrei voluto e dovuto ne ho sempre serbata viva
la coscienza in me, tutte le volte che l'ho pensato.
Ora che è entrato «nell'ombra della
morte», proprio all'inizio di questa Settimana Santa del 2020, la più santa e la
più desolata che ci sia stato dato di vivere, lo penso e prego per lui con
queste parole, tratte da Introduzione al
cristianesimo di Joseph
Ratzinger.
«che accade quando uno muore, ossia
quando entra nel regno della morte [?]. Di fronte a questo problema dobbiamo
tutti confessare il nostro imbarazzo. Nessuno sa realmente che cosa succeda,
perché tutti viviamo al di qua della morte, non abbiamo alcuna esperienza della
morte. [...] qui viene alla luce, in definitiva, semplicemente l'abissale solitudine dell'uomo;
dell'uomo che nel suo intimo è solo. Questa solitudine, che viene sì per lo più
camuffata in svariati modi, ma che rimane la vera situazione dell'uomo, denota
al contempo la più stridente contraddizione con la natura dell'uomo, che non
può vivere da solo, ma ha bisogno di essere con gli altri. La solitudine è
perciò la regione dell'angoscia, radicata nella condizione di
essere-abbandonato in cui l'essere si trova [...]
Se ci fosse una solitudine in cui nessuna parola di un altro potesse più
penetrare e cambiare la situazione, se si verificasse un abbandono talmente
profondo da non permettere più ad alcun ‘tu’ di raggiungere chi è abbandonato,
avremmo allora [...] quello stato
spaventoso che il teologo chiama ‘inferno’. [...]
Cristo [morendo e scendendo agli inferi]
ha varcato la soglia della nostra ultima solitudine, calandosi con la sua
passione in questo abisso del nostro estremo abbandono. Là dove nessuna voce è
in grado di raggiungerci, lì egli è presente. Con ciò l'inferno è vinto o – per
essere più esatti – la morte, che prima era l'‘inferno”, ora non lo è più [...]
perché al centro della morte c'è la vita, perché l'amore abita ora al centro di
essa.»
LEONARDO LUGARESI
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