lunedì 11 febbraio 2013
... in un quadro di Bruegel il vecchio. Sì gli artisti sono sempre profeti, quando sono artisti veri. Tra le lacrime, oggi, riassaporavo questo dipinto di Bruegel: la predica di San Giovanni Battista. Ho chiuso gli occhi e ho visto noi, in quest'ora dura della storia. La sapremo riconoscere?
Il dolore sottile delle opere di Bruegel mi sta accompagnando in quest’ora difficile della storia.
Nessuno lo ha ascoltato il Santo Padre, nessuno lo ha ascoltato quando con la sua gentilezza e affabilità, con la sua finezza linguistica e culturale ci ha ammonito. Ha ammonito i giovani e i vecchi, la gente del popolo e i suoi vescovi, li ha avvertiti circa l’inganno, lo svuotamento delle parole che rendono vero il falso e bene il male.
Ci ha avvertito sempre ad ogni passo di questo mondo impazzito. Nessuno lo ha ascoltato, proprio come il Battista di Bruegel. Ci dividono 450 anni da Bruegel, eppure le sue opere parlano. Parlano di un mondo dissestato, dilaniato dalle lotte civili, fra cattolici e protestanti, dilaniato da guerre di potere tra Stati cristiani e non cristiani.
Sono passati cinque secoli, ma la folla assiepata all’ascolto del Battista non è cambiata.
San Giovanni il Battista è dimesso, bruno come gli alberi del luogo dove predica, è al centro della scena eppure confuso tra i mille che affollano la radura. Non è il profeta che sta alto sulla cima di un colle o sull’altura e parla a una folla attenta e silenziosa. No, è uno fra i tanti, uno la cui parola è opinabile. Proprio come Benedetto XVI oggi.
Attorno al profeta, del resto, si accalca una folla incurante. Attorno a un albero, giovani assonnati; un uomo approfitta della folla per fare delle avances alla contadina che gli sta appresso. Un mago in primo piano legge la mano all’uomo d’affari che vuole capire come si volgerà il destino per lui. Il mago si volge verso una donna, pare la sua compagna per l’affinità nell’abbigliamento, la donna tiene fra le braccia un bimbo, rosso come il fuoco che guarda un cane accovacciato accanto al mago.
Distratti, disinteressati, dormienti. Tutti presi dalle loro piccole e grandi passioni, mentre sfugge loro l’unica passione per la quale vivere, quella dell’anima.
C’è qualcuno che ascolta ed è la gente del popolo, semplice e tranquilla, ma ci sono altri che ascoltano con la malizia nel cuore. Come, ad esempio, il soldato vestito alla turca; come l’uomo vestito di azzurro e rosso: i colori dell’inganno e della maldicenza. Sono gli unici a mostrare consapevolezza, ad attendere l’ora.
È il nostro mondo diviso fra alcuni che pensano di poter andare avanti così, che la fede rimarrà salda sempre, a dispetto di tutto, che il Battista continuerà a parlare, e altri che invece stanno in agguato per cogliere il profeta in fallo, per trarlo in inganno per assaporarne la sconfitta.
Così la voce del Papa si è persa nel rigagnolo twitteriano. Un mondo di cinguettii che pensa di essere il nuovo traguardo dell’informazione, della comunicazione, il luogo dove formare le coscienze e che invece si è rivelato vacuo, inconsistente, ingannevole come l’uomo in blu e rosso.
Al santo Padre, come all’antico profeta, al Battista, non resta che offrire se stesso e la sua coerenza di vita. Il Papa sta giocando l’ultima carta che possiede per lanciare il grido di allarme al nostro mondo ridanciano e carnevalesco, dove le prediche non sortiscono più alcun effetto e i Battista di turno non sono più nemmeno uccisi, sono semplicemente beffeggiati, ridicolizzati.
Il Papa si dimette. Una notizia che sconcerta e scuote, forse come la testa del Battista venduta per una danza di donna, 2000 anni fa. Il Papa si dimette e dice al mondo: attenzione l’ora è grave. Il tempo della lotta non è finito ma inizia. Quella che viviamo è solo una tregua, ma occorre prendere coscienza di ciò che sta per accadere.
C’è un solo uomo che guarda verso di noi nella predica del Battista di Bruegel: è nascosto dietro l’albero e non può nascondere la spada che riposa, per ora, dentro al fodero. Presto la esibirà per tagliare la testa al predicatore: «Che la Chiesa non parli più. Che ci lasci fare. Che ci lasci vivere secondo i comandamenti scelti da noi, i valori che noi crediamo tali. Che non ci rovini più con le sue prediche sterili!»
È l’urlo di guerra da cui il Papa ci vuole proteggere. Ma noi abbiamo gli occhi chiusi, come l’autore del dipinto, Bruegel che si è ritratto mescolato tra la folla sulla destra, proprio accanto a due monaci grigi. Egli tiene gli occhi chiusi. Come tutti noi.
Possa il grido che il Papa lancia con la sua scelta, farceli aprire.
Nessuno lo ha ascoltato il Santo Padre, nessuno lo ha ascoltato quando con la sua gentilezza e affabilità, con la sua finezza linguistica e culturale ci ha ammonito. Ha ammonito i giovani e i vecchi, la gente del popolo e i suoi vescovi, li ha avvertiti circa l’inganno, lo svuotamento delle parole che rendono vero il falso e bene il male.
Ci ha avvertito sempre ad ogni passo di questo mondo impazzito. Nessuno lo ha ascoltato, proprio come il Battista di Bruegel. Ci dividono 450 anni da Bruegel, eppure le sue opere parlano. Parlano di un mondo dissestato, dilaniato dalle lotte civili, fra cattolici e protestanti, dilaniato da guerre di potere tra Stati cristiani e non cristiani.
Sono passati cinque secoli, ma la folla assiepata all’ascolto del Battista non è cambiata.
San Giovanni il Battista è dimesso, bruno come gli alberi del luogo dove predica, è al centro della scena eppure confuso tra i mille che affollano la radura. Non è il profeta che sta alto sulla cima di un colle o sull’altura e parla a una folla attenta e silenziosa. No, è uno fra i tanti, uno la cui parola è opinabile. Proprio come Benedetto XVI oggi.
Attorno al profeta, del resto, si accalca una folla incurante. Attorno a un albero, giovani assonnati; un uomo approfitta della folla per fare delle avances alla contadina che gli sta appresso. Un mago in primo piano legge la mano all’uomo d’affari che vuole capire come si volgerà il destino per lui. Il mago si volge verso una donna, pare la sua compagna per l’affinità nell’abbigliamento, la donna tiene fra le braccia un bimbo, rosso come il fuoco che guarda un cane accovacciato accanto al mago.
Distratti, disinteressati, dormienti. Tutti presi dalle loro piccole e grandi passioni, mentre sfugge loro l’unica passione per la quale vivere, quella dell’anima.
C’è qualcuno che ascolta ed è la gente del popolo, semplice e tranquilla, ma ci sono altri che ascoltano con la malizia nel cuore. Come, ad esempio, il soldato vestito alla turca; come l’uomo vestito di azzurro e rosso: i colori dell’inganno e della maldicenza. Sono gli unici a mostrare consapevolezza, ad attendere l’ora.
È il nostro mondo diviso fra alcuni che pensano di poter andare avanti così, che la fede rimarrà salda sempre, a dispetto di tutto, che il Battista continuerà a parlare, e altri che invece stanno in agguato per cogliere il profeta in fallo, per trarlo in inganno per assaporarne la sconfitta.
Così la voce del Papa si è persa nel rigagnolo twitteriano. Un mondo di cinguettii che pensa di essere il nuovo traguardo dell’informazione, della comunicazione, il luogo dove formare le coscienze e che invece si è rivelato vacuo, inconsistente, ingannevole come l’uomo in blu e rosso.
Al santo Padre, come all’antico profeta, al Battista, non resta che offrire se stesso e la sua coerenza di vita. Il Papa sta giocando l’ultima carta che possiede per lanciare il grido di allarme al nostro mondo ridanciano e carnevalesco, dove le prediche non sortiscono più alcun effetto e i Battista di turno non sono più nemmeno uccisi, sono semplicemente beffeggiati, ridicolizzati.
Il Papa si dimette. Una notizia che sconcerta e scuote, forse come la testa del Battista venduta per una danza di donna, 2000 anni fa. Il Papa si dimette e dice al mondo: attenzione l’ora è grave. Il tempo della lotta non è finito ma inizia. Quella che viviamo è solo una tregua, ma occorre prendere coscienza di ciò che sta per accadere.
C’è un solo uomo che guarda verso di noi nella predica del Battista di Bruegel: è nascosto dietro l’albero e non può nascondere la spada che riposa, per ora, dentro al fodero. Presto la esibirà per tagliare la testa al predicatore: «Che la Chiesa non parli più. Che ci lasci fare. Che ci lasci vivere secondo i comandamenti scelti da noi, i valori che noi crediamo tali. Che non ci rovini più con le sue prediche sterili!»
È l’urlo di guerra da cui il Papa ci vuole proteggere. Ma noi abbiamo gli occhi chiusi, come l’autore del dipinto, Bruegel che si è ritratto mescolato tra la folla sulla destra, proprio accanto a due monaci grigi. Egli tiene gli occhi chiusi. Come tutti noi.
Possa il grido che il Papa lancia con la sua scelta, farceli aprire.
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