La fede e le ragioni di Benedetto XVI
Mauro Magatti
martedì 12
febbraio 2013 "iLSUSSIDIARIONET"
Emozione e turbamento. Così il
governo tedesco ha commentato la notizia delle dimissioni del papa. E in queste
due parole sono racchiusi i sentimenti di molti di noi di fronte ad una
decisione che non si verificava da molti secoli.
Come sappiamo, fede e ragione
sono stati i due grandi fari del pontificato di Benedetto XVI che li ha sempre
considerati gli elementi distinti, ma inseparabili, di quel ceppo su cui il
cristianesimo si è fondato nei secoli. Senza fede non c'è audacia, non c'è
slancio creativo, non c'è dinamismo. La fede, infatti, è da una parte il dono
che ci àncora saldamente a Dio; ma, dall'altra, essa è il desiderio che ci
spinge a "prendere di nuovo il largo". E che, proprio per questo,
senza cadere nell'azzardo del nulla, ci da la possibilità di fare quel passo,
non garantito, che da soli non riusciremmo a fare. Spingendoci ben al di là
delle nostre forze.
Senza ragione non solo
mancherebbe il timone - che ci permette di navigare nel mare, a volta
tempestoso, della vita - ma non ci sarebbe nemmeno capacità di relazionarci con
la realtà fisica e storica nella quale siamo immersi. La ragione, infatti, e il
dono che Dio ha fatto all'uomo per leggere la natura e la storia così da
ricondurle ad un senso. Papa Ratzinger ha meditato a lungo su questo passo.
Come dimostrano le sue risposte presenti nel libro-intervista del 2010, da
tempo andava meditando su questa decisione, attendendo il momento propizio per
una transizione serena e senza scosse.
Come ha dichiarato nel momento
in cui l'ha comunicata, la sua decisione è frutto di una intensa preghiera,
quasi una lotta spirituale ingaggiata con lealtà per cercare di capire se e
quando tale decisione potesse essere presa. Una decisione, dunque, presa per e
nella fede.
Eppure, allo stesso tempo, una
scelta maturata alla luce di una valutazione razionale che lo ha reso
consapevole del crescente squilibrio che si è venuto a determinare tra
l'allungamento della vita umana - compresa quella dei papi - e la enorme
complessità del governo di una grande chiesa planetaria. Uno squilibrio, che a
certi livelli, diventa semplicemente insostenibile.
In questo modo, un papa
definito dalla pubblicistica "conservatore" ha rivelato ancora una
volta - come era già successo diverse volte in questi sette anni - cosa vuole
dire essere davvero un uomo libero. Capace cioè di decisione responsabile.
Quella libertà che lo ha portato a un atto di autentica innovazione.
Come un padre premuroso,
attento al futuro della casa nella quale egli stesso si è nutrito e nella quale
continueranno a crescere i suoi figli, il papa ha preparato tutto
meticolosamente. P. Lombardi, nella conferenza stampa tenuta subito dopo, ha
ricordato l'articolo del codice canonico che prevede questa eventualità - e che
nella storia della Chiesa ha più di un precedente.
Ha poi notato che la
comunicazione è stata data ai cardinali riuniti in Concistoro, sfruttando
un'occasione che non si presenta tutti i giorni. E che anche la scelta del
momento liturgico non è casuale: guardando avanti, sarà possibile avere il
prossimo pontefice pronto per la settimana Santa e la festa della Pasqua, la
più importate del calendario religioso. Una cura dei dettagli che rivela la
piena lucidità di Ratzinger e la sua premura per la Chiesa.
Infine, anche con questo
difficile passaggio, Benedetto XVI rende piena testimonianza a un'idea di
potere come servizio. Sappiamo che Ratzinger non ha mai cercato il potere.
Nemmeno quello ecclesiale. Anzi, egli ha assunto posizioni d massimo livello
sempre con totale spirito di servizio, quasi facendoci avvertire - lui che è un
gigante - come si sentisse inadeguato. Proprio perché consapevole dell'impegno
e della responsabilità che ogni ufficio porta con sé. Nessuno, sembra dirci il
papa, è insostituibile dal punto di vista del cammino della Chiesa, perché è lo
Spirito, non la potenza umana, ad essere decisivo.
Per questo, anche nel gesto che
oggi ci consegna traspare una straordinaria levità. Negli occhi del papa,
mentre leggeva quelle poche righe, si scorgeva tutta la serenità di un uomo
essenziale, capace di spogliarsi di una posizione di potere per il bene della
Chiesa che ama. E lo può fare perché non ha mai dimenticato la lettera del
Vangelo per cui colui che vuole essere il primo deve essere l'ultimo.
Lo shock culturale di queste
ore rimane grande. Non mancano i timori. E non mancheranno le critiche. Ma, se
alziamo lo sguardo dove Benedetto ci indica, quello che vediamo è un grande un
atto di straordinaria evocazione spirituale: come fedeli siamo sempre nelle
mani del Padre che ci protegge e ci guida; come uomini siamo sempre tramite di
un'azione di più grande che ci attraversa e ci oltrepassa.
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