martedì 26 febbraio 2013

RICOMINCIARE DA UNO


Nei momenti critici se ci si mobilita si prende una nuova coscienza di se stessi. È il rischio delle circostanze.

All’epoca del referendum sull’aborto(1981)  Il Sabato di allora fece il famoso titolo “Si ricomincia da trentadue”, che era il 32% di quelli che avevano perso, una bella minoranza, bella, compatta, puri e duri.

E naturalmente Giussani corresse, dicendo: si ricomincia da Uno. Allora il referendum poneva una richiesta storica alla nostra fede, provocata a rischiarsi, e destata a una lotta . E di fronte alla questione dell’aborto era talmente evidente la contraddizione della cosa per cui uno reagiva. Ma c’era come uno scarto tra la vita quotidiana e l’impegno in questi grossi momenti di mobilitazione. Era come se la gente si muovesse o quando la contraddizione è troppo forte o quando immediatamente c’è qualcosa da fare, da organizzare.

Ma questo dinamismo non può essere un fatto eccezionale: ogni circostanza, pone una richiesta storica alla nostra fede. Quel dinamismo deve diventare quotidiano, perché non solo la fede è la consistenza del nostro io, ma è ciò che sostiene la prova, e il più grande servizio che si possa rendere alla fede è quello di non sottrarsi alla prova che ci viene chiesto di affrontare. Si ricomincia da Uno.

Benedetto XVI ci ha ricordato ogni giorno quel che siamo, ci ha dato una strada da seguire oggi, nella vita e in politica. Oggi mentre il cattolicesimo viene intimidito, e lo stesso Benedetto aggredito,  i principi non negoziabili sono diventati per noi, come allora nel 1981,il modo di esprimere il nostro essere uomini, di opporre una resistenza attiva dicendo si alla nostra umanità,  amata nella sua carne e nella sua fragilità, perché assunta dal Cristo. Lo stato e la tecnica vogliono produrre un uomo senza orizzonte, senza poesia, sospettoso e capriccioso, che si crede tanto più libero quanto più si circonda di diritti e di gadget. Ma Dio ha un grande progetto per l’uomo, che non è il “paradiso” tagliato dall’uomo a propria misura. Con questa antropologia non è possibile alcun dialogo.

Mons Crepaldi, arcivescovo di Trieste, ha scritto che serve un nuovo inizio, dovunque, anche in politica.
“Difficile, davanti a ciò che accade, non parlare di grave inadeguatezza dei cattolici italiani in questa ultima fase della vita politica italiana.Questa fase che doveva essere di decantazione della politica e avrebbe dovuto favorire un chiarimento e una convergenza dei cattolici è stata sprecata. Il disorientamento e la delusione esprimono la diffusa percezione di questa occasione perduta. Non rimane che pensare al 26 febbraio, il giorno dopo le elezioni. Bisognerà ricominciare a lavorare in un senso molto diverso.”
IL CROCEVIA

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