Su
“L’Osservatore Romano”, il teologo Inos Biffi ha preso di mira un conformismo,
di casa ecclesiastica: quello che perora una Chiesa che sia “credibile”,
“persuasiva”, “profetica”.
Nell’esordio
del suo articolo, Biffi se la prende con un momento della messa nel quale
questo linguaggio celebra i suoi fasti:
“Si
sente molte volte parlare di una Chiesa che deve essere ‘credibile’, e non
raramente si invita a pregare perché lo sia, specialmente nell’orazione dei
fedeli, ch’è stata assunta da non pochi come l’occasione propizia per manifestare
i propri pensieri e le proprie parole in libertà…”.
In effetti la preghiera dei fedeli, che quando non è “ad libitum” è
letta quasi ovunque su foglietti compilati e stampati da anonimi
pseudoliturgisti, è ormai diventata la
palestra dei peggiori luoghi comuni.
Obietta
Biffi a questo sbandamento linguistico e concettuale:
“Ai
linguaggi a cui abbiamo accennato sembra soggiacere la convinzione che, se il
mondo non crede, sarebbe appunto perché la Chiesa non è abbastanza credibile e
persuasiva, o non abbastanza profetica. In realtà, verrebbe da notare che Gesù
stesso, in sé sommamente credibile, persuasivo e profetico, non ha suscitato
l’adesione di tutti; ma soprattutto osserveremmo che a importare primariamente
non è se si riesca a persuadere, ma se si è persuasi; come non è se si pervenga
a ispirare la fede, ma se si possegga veramente la fede”.
Biffi
critica anche l’uso corrente che si fa di un passaggio citatissimo del Nuovo
Testamento:
“Oggi si va
continuamente citando il passo della prima lettera di Pietro: “Pronti sempre a
rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi” (3, 15), che
secondo il contesto non significa che i cristiani devono sapere
apologeticamente spiegare i motivi della loro fede, ma che nella loro condotta
sono chiamati a offrire ai pagani la testimonianza della loro speranza”.
L’intero
articolo è riprodotto in questa pagina di www.chiesa:
Sandro
Magister blog “settimo Cielo”
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