Valore della
laicità dello stato e valori fondanti della società
In quanto istanza superiore lo
stato deve essere – secondo la terminologia ormai d’uso – «laico». Ma è chiaro, a questo punto, che
cosa debba significare laicità: la non identificazione con nessuna delle parti
in causa, cioè dei loro interessi e delle loro identità culturali, siano esse
religiose o laiche. Tuttavia, in forza della sua stessa funzione, stato
laico non è sinonimo di stato «indifferente» alle identità e alle loro culture.
Soprattutto non può essere e, di fatto, non è mai indifferente ai valori della
tradizione nazionale prevalente cui esso fa storicamente riferimento, come di
mostrano le diverse «storie costituzionali» degli stati.

Dunque lo
stato democratico è laico per la sua non-identificazione con qualsivoglia
«visione del mondo», ma non è affatto «neutrale» nei confronti dei suoi valori
fondanti. Laicità dello stato in tutte le sue istituzioni (fino al consiglio di quartiere)
è dunque esercizio costitutivo e reciproco di promozione e tutela (tuitio) del
diritto e di positiva valorizzazione di tutti i soggetti in campo, mediante il
coinvolgimento nella relazione di riconoscimento. Solo il riconoscimento
rigenera continuamente le identità ponendole al riparo da ogni integralismo,
mentre impedisce che le differenze portino a esclusioni conflittuali.
Una tale
laicità domanda poi agli organi statuali l’esercizio equo dei poteri di
garanzia tesi a perseguire instancabilmente il «com-promesso nobile», cuore dell’azione politica, che ha nel popolo
il suo arbitro insindacabile e mai surrogabile da alcuna auctoritas che si
pretenda interprete avanguardistica dei bisogni della gente. (...)
"Per una nuova laicità", pag 20 Marsilio 2007
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