Ho guardato
con trepidazione, commosso e partecipe, l’incontro di Papa Francesco con gli
uomini che lo aspettavano. Ho ascoltato le sue parole, nella loro semplicità,
cariche di preghiera. Ho risentito l’eco di quanto diceva Von Balthasar: «Il
tutto nel frammento» e ho capito così il suo insistere sull’essere Vescovo di
Roma, la Chiesa che presiede nella carità. E ho chiesto al Signore di poter
imparare dal Papa a consegnare la vita a Gesù.
E mi ha commosso il silenzio
immediato che il popolo presente ha vissuto, un gesto più eloquente delle tante
parole che, in seguito, i commentatori hanno riversato su noi, poveri
telespettatori. Riccardi, Paglia, Vespa (era questo ciò che il convento –
letteralmente – passava, visto che non era possibile connettersi con altro…) ci
hanno subissato con i loro commenti: ma mi è parso che il loro sguardo, senza
silenzio, non aiutasse per nulla a vivere il mistero (ché di questo si tratta)
di cui erano testimoni.
Benedetto XVI, nel suo messaggio sulle comunicazioni sociali, ha parlato del silenzio come condizione previa per una autentica comunicazione. Ecco, chissà quando chi opera in questo mondo affascinante saprà imparare la lezione!
Ho trovato su Tempi.it queste parole dell’allora Card. Bergoglio, in cui presentava, nella sua patria, un testo di don Giussani. Al di là della profondità e umanità delle considerazioni, mostra proprio quello che deve essere il cuore di un pastore: una apertura commossa alla grazia che viene dai testimoni della fede, un «rispetto» che nasce dalla simpatia e dall’ascolto. Questa posizione vogliamo imparare e comunicare.
Grazie Papa Francesco, per averla vissuta. Ci mettiamo col cuore a servizio di questa gratuità stupita e accogliente. È il cuore di un padre! E noi che abbiamo avuto la grazia di averne avuti così, siamo lieti e fieri.
Nel post
seguente le sue parole
Nessun commento:
Posta un commento