Altro che Museo della Scienza
La Città andata a fuoco e i suoi equivoci culturali,
amministrativi, retorici. Il cui maggior interprete è Sua Pomposità Saviano,
che ora si crede Plinio il Vecchio
C’è qualcosa
di pietoso nel rogo della Città della Scienza napoletana. Non è
propriamente un’eutanasia (troppo pliniano, troppo spettacolare l’evento) ma
certo è la fine di un’agonia. La Città della Scienza si dichiarava eccellenza
ma era una poveracciata che non pagava gli stipendi, che non pagava i
fornitori, che non pagava nessuno nella migliore tradizione partenopea e parte
italiana. E chissà che le fiamme non siano state appiccate (irrazionalmente,
ovvio) da qualche creditore inferocito. Come spesso accade il commento più
divertente è quello di Sua Pomposità Roberto Saviano: “Mi sento di cenere. Ossa
di cenere, pensieri di cenere, cuore di cenere. Come Napoli, che oggi è di
cenere”. In “Gomorra” si credeva Malaparte, adesso si crede Plinio il Vecchio,
solo che lo scrittore latino in cenere c’è finito davvero, non per metafora.
Invece il bestsellerista napoletano prosegue incontinente a cinguettare e in un
tweet avanza la facile ipotesi camorra: “Da sempre i clan vorrebbero edificare
a Bagnoli”. Possibile, ci mancherebbe: vorrei solo capire la mancanza di
tempismo, perché mai avrebbero scelto il peggior momento immobiliare della
storia repubblicana. Il sindaco De Magistris ha riesumato lo stile “piezz’ ’e
core” di Filomena Marturano: “Oggi migliaia di ragazzi e bambini di Napoli si
sono svegliati piangendo per la distruzione di Città della Scienza”. Manco
avessero bruciato vivo Babbo Natale. Ce li vedo proprio, i piccoli napoletani,
disperarsi per le sorti della scienza. E’ vero che i padiglioni arrostiti di
Bagnoli erano frequentati pure da scolaresche ma la gitarella fuori porta
mirava alla comprensione del funzionamento di telescopi e caleidoscopi, sai che
spasso. Alla Città della Scienza di gran scienza non se ne faceva, si faceva
più che altro divulgazione scientifica, un’altra cosa. Il fondatore, professor
Vittorio Silvestrini, ex politico comunista (consigliere regionale negli anni
Ottanta) che era solito circondarsi di ex politici comunisti al punto che
l’altra notte è andato in fumo anche il poco che restava del bassolinismo, non
ha mica vinto un Nobel: ha vinto un premio Descartes per la comunicazione
scientifica. Bene, bravo, ma la scienza è fatta di scoperte e che cosa abbiano
mai scoperto a Bagnoli non è dato sapere. Nemmeno la ricetta definitiva delle
nozze coi fichi secchi sono riusciti a mettere a punto.
I soldi sono
stati un problema fin dall’inizio: lo stato avrebbe dovuto metterci il 30 per cento e al
resto avrebbe pensato il mercato per vedere il quale, a Bagnoli, serve proprio
il telescopio. Qui perfino l’acciaieria era fuori mercato, figurarsi questo
miraggio meridiano intorno al quale più che quattrini si sono spese parole,
decenni di sproloquio paravendoliano di chi puntava a “riconvertire l’identità
operaia nell’immateriale”. Viene in mente il Montale più di destra: “Con quale
voluttà / hanno smascherato il Nulla. / C’è stata un’eccezione però: / le loro
cattedre”. I marxisti scientisti della Magna Grecia sognavano di sostituirsi
all’industria ed ecco il risultato: l’Italsider pagava lo stipendio a 7.000
operai mentre loro non riescono a pagarlo a 160 dipendenti (anche di meno,
secondo il consigliere d’amministrazione Pietro Greco, e nella discrepanza
numerica si manifesta il groviglio di fondazioni e sottofondazioni, una più
indebitata dell’altra, incomprensibile perfino a chi è preposto ad
amministrarlo). Alcuni lavoratori avanzano 4 mensilità, altri ne avanzano 16:
anche lo stipendio è immateriale, anche lo stato che ha tradito l’impegno
minoritario del 30 per cento e deve al centro 7-8 milioni. E pure la regione
Campania che doveva 2 milioni, ha chiesto di accordarsi per 800.000 e non ha
mai versato nemmeno quelli.
Più che la
Città della Scienza sembra la Fiera della Pera Cotta. Adesso il
presidente Caldoro esclama: “Bisogna reagire in modo concreto”. Forse, avesse a
suo tempo onorato concretamente il debito, gli scienziati immaginari di Bagnoli
avrebbero scoperto l’esistenza dei materiali ignifughi: 12 mila metri quadrati
sono bruciati in meno di mezz’ora, complimenti. Forse si sarebbero dotati di un
impianto antincendio meno comico: era tarato per scattare al primo accenno di
fumo ma le fiamme sono divampate senza fumo, accidenti. Fra tante lacrime
retoriche mi è sembrato sincero il dolore di Edoardo Bennato, nato proprio a
Bagnoli: “Ho una figlia di 7 anni e da quando era piccolissima l’ho portata
alla Città della Scienza, che era una perla, un centro di cultura strutturato
benissimo”. Quindi ho cercato di capire meglio quali fossero queste benedette
attività culturali, non potevo credere che Bennato si riferisse solo ai
telescopi e ai caleidoscopi. Ho scoperto che nei capannoni dell’ex Italsider si
propagandava l’evoluzionismo, una superstizione ottocentesca ancora presente
negli ambienti parascientifici (evidentemente anche nei residui ambienti
cantautorali). Il darwinismo è una forma di nichilismo e secondo il filosofo
Fabrice Hadjadj dire a un ragazzo che discende dai primati significa
approfittare della sua natura fiduciosa per gettarlo nella disperazione e
indurlo a comportarsi da scimmia. Dovevano bruciarla prima, la Città della
Scienza.
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