Roma, 7 agosto
2019 - Di mattina si sfiorano i 40 gradi, al pomeriggio si scatenano bombe
d’acqua e grandine. La percezione diffusa è quella di vivere un’estate
anomala, a dir poco.
Da climatologo di
fama internazionale, professor Franco Prodi, lei che cosa ne pensa?

Possiamo dire
che sia in atto un cambiamento climatico epocale?
«È
un’affermazione troppo assertiva, non suffragata da evidenze scientifiche».
Il riscaldamento globale del
pianeta, però, è un dato oggettivo.
«Si parla di un incremento pari a sette
decimi di grado ogni secolo a partire dai primi dell’800. In quale
misura questo aumento sia di natura antropica oppure dovuto a cause naturali,
resta una questione ancora aperta».
Vuol dire che
non è tutta colpa dell’uomo?
«Quello che passa nell’opinione pubblica,
o che almeno si cerca di veicolare, è che il riscaldamento del pianeta sia solo
di natura antropica e in particolare che sia da imputare all’incremento della
concentrazione di C02 nell’atmosfera. Io non sono né catastrofista, né negazionista,
dico solo che queste due posizioni non
sono supportate da evidenze scientifiche. Dobbiamo sempre ricordare che la
conoscenza del clima è ancora incompleta».
I cambiamenti
climatici sono ineludibili?
«Ce ne sono stati nei millenni precedenti
e altri ve ne saranno, viva o meno l’uomo sulla Terra. In altri
termini, dobbiamo considerare come questi mutamenti siano connessi a quella che è la conformazione del sistema complesso
stella-pianeta. Pensiamo solo al fatto che la distanza fra la Terra e la
sua sorgente luminosa, il Sole, è suscettibile di variazioni, così come
l’astrofisica ci spiega che la stessa intensità dei raggi solari può mutare. E
non dimentichiamo anche l’altra variabile dell’involucro che avvolge il nostro pianeta,
l’atmosfera».
Ricca di
particelle e gas emessi in gran quantità dall’uomo.
«Certo, vedesi
gli scarichi delle auto o i fumi delle caldaie. È chiaro che noi giochiamo la
nostra parte nella partita del surriscaldamento globale, ma torniamo al punto
di partenza: non è possibile
quantificare il grado di responsabilità dell’uomo rispetto a quello della
natura stessa. Non siamo nelle condizioni di comprendere da che parte penda
maggiormente la bilancia».

«Lei si muove fuori da un discorso
scientifico. L’aspetto positivo è senz’altro quello di generare un’urgenza nel
prendersi cura dell’ambiente, dall’altro lato, però, c’è l’equivoco di dare per scontato che tutto si possa risolvere
limitando le emissioni di C02. Direi che è bene partire da una riduzione
dell’inquinamento planetario che è misurabile. Su questa base è possibile
cercare un accordo internazionale fra gli Stati».
di GIOVANNI PANETTIERE da Il Resto del
Carlino
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