(con una lettera di Monika Grigiel)
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CHE
L'EPURAZIONE DEL PENSIERO TEOLOGICO DI SAN GIOVANNI PAOLO II – perché di questo,
nelle recenti vicende del “Pontificio
Istitituto Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia”,
sostanzialmente si tratta – avvenga “sotto il suo nome” è cosa che va oltre la
decenza.
Ci fosse l'onestà di dire: «la dottrina
morale insegnata da san Giovanni Paolo II non va più bene, ora ce n'è un'altra»
se ne potrebbe discutere. Così, invece, non si può fare neanche questo. In una
situazione in cui tutti gli studiosi non allineati al “nuovo corso” vengono
licenziati e si fa finta di niente, non è più possibile alcuna seria
discussione scientifica, non c'è più spazio per il confronto nello studio e
nella ricerca della verità – che è la ragion d'essere di un'istituzione
scientifica.
Di conseguenza, viene meno anche l'utilità pastorale.
Potrebbero anche chiuderlo, l'Istituto. E che l'ultimo si ricordi di
spegnere la luce.
L'attacco dichiarato all'Istituto Giovanni Paolo II
La soppressione del progetto voluto da
Wojtyla e il maldestro tentativo di insabbiare la verità
Al
direttore - Siamo testimoni di quello che non possiamo vivere se non come una
drammatica soppressione del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e come
tentativo di cancellare, anche con informazioni non veritiere, quello che
questa grande famiglia accademica è stata e ha rappresentato per quasi
quarant’anni della sua esistenza. La distruzione di un istituto universitario
di fama mondiale e di alto profilo scientifico, religioso e umano, non potrà
cancellare la memoria di una storia impressa in migliaia di persone in tutto il
mondo e radicata nell’insegnamento della chiesa e di san Giovanni Paolo II,
Pontefice di santa romana chiesa.
Molte sarebbero le considerazioni da fare e le verità da sottolineare. Mi
soffermo su una, che in quanto psichiatra e a questo punto ex docente dell’Istituto,
mi tocca in particolare. Viene presentata, ad esempio da don Pagazzi
sull’Osservatore Romano, come una grande novità del nuovo Istituto Giovanni
Paolo II, l’insistenza sul rapporto chiesa-famiglia. Così si pensa di
insabbiare la verità di ciò che veniva insegnato e di giustificare una presunta
precedenza delle scienze umane sulla teologia.
Occorre dire, in primo luogo, che l’estinto Istituto Giovanni Paolo II
aveva sviluppato fortemente l’ecclesiologia familiare. Pensiamo a figure di
docenti come il card. Scola, con la sua impostazione sul mistero nuziale,
oppure al card. Ouellet, che tanto ha insistito sul vincolo tra il matrimonio,
l’eucaristia e la chiesa. Ambedue hanno visto nel vincolo “famiglia-chiesa” un
nodo essenziale dell’“ontologia cristiana”. E si pensi anche ai diversi corsi
offerti negli ultimi anni dal prof. Melina sul luogo ecclesiale della
coscienza, o dalla prof.ssa Diriart sugli stati di vita nella chiesa o sul
matrimonio nella comunione ecclesiale.
Don Pagazzi scrive anche sul bisogno che la chiesa non si stacchi dalla
carne del mondo. La chiesa, secondo lui, “riuscirà nella misura in cui non si
staccherà dalla sua carne, vale a dire dai legami con persone e cose che
costituiscono la trama d’ogni famiglia (anche la più complicata) e della realtà
tutta”. Lo condivido appieno ma penso anche che la preferenza, che si sostiene
verrà data alle scienze umane, avrà senso solo se non si dimenticherà qualcosa
di più originario: la chiesa riuscirà nel suo compito nella misura in cui non
si staccherà dalla carne di Cristo, che contiene in sé il compimento di ogni
linguaggio originario della carne. La chiesa sarà fedele alla famiglia solo se
sarà fedele a Cristo. Il cuore umano, e quindi i legami che intesse nella vita,
sono, se guardati nella loro verità, l’incarnazione del progetto primordiale
del Padre.
Proprio in rapporto alla concretezza della carne, sconcerta allora vedere
come nei nuovi piani di studio, pur ancora non ben chiari, siano stati
cancellati, tra molti altri, corsi di Psicologia sulle dinamiche relazionali in
famiglia, sulla generatività, quello sulla paternità o ancora un innovativo
progetto, nato su richiesta degli studenti stessi, come il laboratorio di
Psicologia per sacerdoti dal titolo “Affiancare la vita delle famiglie”.
Queste brevi battute mostrano come, in realtà, la questione della
soppressione dell’Istituto Giovanni Paolo II non consista in una novità di
sguardo, ma piuttosto riguardi la violenza con cui si è realizzato qualcosa di
inaudito nel mondo accademico. Come si può edificare una chiesa “non staccata
dai legami con persone” sull’ingiustizia di licenziamenti per motivi
inesistenti, del tutto discutibili o addirittura diffamanti? O sull’imposizione
a fine luglio agli studenti già iscritti, di un piano studi, che non rispetta
nemmeno gli statuti vigenti, e di un corpo docenti quasi del tutto nuovo, di
cui gli studenti non erano a conoscenza al momento dell’iscrizione?
Chi sarà chiamato a insegnare nel nuovo Istituto, in una situazione
presentata come “eccezionale”, e quindi nominato docente senza un parere
collegiale degli altri docenti e senza il concorso previsto dagli statuti
attuali, dovrà decidere se credere alla dignità del lavoro universitario, alla
libertà di pensiero e all’essenza familiare della chiesa oppure partecipare
alla “eccezionale” imposizione di potere sulla ricerca comune della verità.
Chi ha costruito una famiglia o dei legami, chi vive la chiesa e Cristo
come esperienza di famiglia e di vincoli d’amore, conosce bene la differenza
tra le fondamenta di sabbia e quelle che, invece, rispettano la struttura
identitaria, il cuore vero, di una casa.
Monika
Grygiel è medico psichiatra e psicoterapeuta. Ex docente all’Istituto teologico
Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia
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