lunedì 5 agosto 2019

MONS MASSIMO CAMISASCA:LA CONTINUITÀ DEL MAGISTERO È LA CHIAVE ERMENEUTICA FONDAMENTALE DELLA VITA DELLA CHIESA.


( NOTA BENE : La lettera ha il merito di mettere a fuoco con precisione la madre di tutte le questioni che agitano in questo tempo la vita della chiesa cattolica, cioè la questione della continuità. «La continuità del magistero è la chiave ermeneutica fondamentale della vita della Chiesa», scrive mons. Camisasca, ed ha ragione perché se si accredita l'idea che ci possano essere, in ciò che la chiesa insegna, delle “svolte” o delle “novità” o delle “rotture” o delle “discontinuità” (o come altro si voglia dire per indorare furbescamente la pillola), la chiesa in quanto tale finisce di esistere.)
Lettera del vescovo di Reggio Emilia – Guastalla ad Avvenire.
Caro direttore, ho seguito con preoccupazione, per quanto mi è stato possibile, i resoconti forniti dalla stampa sulle recenti vicende relative al Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia. Presso l’Istituto ho seguito i corsi di Licenza nei lontani anni Ottanta. Ho così avuto modo di conoscere molto da vicino e di apprezzare l’insegnamento che lì veniva svolto.
Negli anni dei miei studi mi sono incontrato con una nascente comunità di insegnanti che viveva una singolare e preziosa comunione di ricerca e di didattica. Dal 1990 al 1996 ho partecipato alla vita dell’Istituto insegnando, su invito del preside Caffarra, un piccolo corso di Metafisica e Gnoseologia per gli allievi del Master. Dal 1993 al 1996 inoltre sono stato eletto vicepreside della Sezione Romana: erano quelli gli ultimi due anni di presidenza di monsignor Caffarra e il primo di monsignor Scola.
Ho potuto così approfondire le impressioni che mi avevano segnato fin dall’inizio, partecipando a un’esperienza di lavoro accademico che godeva dell’attenzione di tanti vescovi nel mondo, i quali mandavano a studiare a Roma laici e preti, così da arricchire la Pastorale Famigliare delle loro Diocesi. Tutto è sempre avvenuto nel solco delle indicazioni date da san Giovanni Paolo II, che aveva voluto e fondato l’Istituto. Nell’omelia per la sua canonizzazione, Karol Wojtyla è stato giustamente definito da Francesco «il Papa della famiglia».
Penso che in quell’espressione così sintetica il pontefice volesse racchiudere uno dei centri focali del magistero e della preoccupazione pastorale del suo predecessore. La mente va alle catechesi svolte dal pontefice polacco sull’amore umano nel piano divino, all’Esortazione apostolica post-sinodale Familiaris consortio del 1981, all’istituzione del Pontificio Consiglio per la Famiglia voluto da papa Wojtyla lo stesso giorno in cui egli inaugurò l’Istituto per studi su matrimonio e famiglia, il 13 maggio 1981, giorno dedicato alla Madonna di Fatima e segnato dell’attentato alla vita del Papa.
Francesco ha raccolto e proseguito quella sollecitudine attraverso ben due Sinodi dei Vescovi dedicati al tema famiglia e infine l’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, indicando, con accenti nuovi, la cura della Chiesa per la realtà delle famiglie, il cui bene è «decisivo per il futuro della Chiesa e del mondo» (AL 31). Come vescovo della Chiesa, preoccupato dell’ascolto e dell’attuazione del magistero del Papa, ho sempre cercato di leggere il pontificato di papa Francesco e i suoi documenti in continuità con i pontificati precedenti.
La continuità del magistero è la chiave ermeneutica fondamentale della vita della Chiesa. Perché allora rappresentare oggi un’interruzione così profonda e traumatica nei confronti del lavoro svolto dall’Istituto Giovanni Paolo II? Perché offrire agli studenti l’impressione di una novità radicale che preoccupa e confonde, come alcuni di essi hanno manifestato?
Ogni Papa si radica, nella successione apostolica, sul depositum fidei e sull’insegnamento dei suoi predecessori. Non certamente per ripeterlo, ma per aprirlo, sotto la guida dello Spirito Santo, alle nuove necessità che i tempi e la vita della Chiesa urgono. Sono certo che questa è l’intenzione profonda di papa Francesco.
Il popolo cristiano deve essere aiutato a riconoscere questa continuità nella grande tradizione della Chiesa. Solo essa rende possibile ogni nuova apertura missionaria. L’evangelizzazione sempre avviene attraverso la testimonianza del bene per la vita dei fedeli, illuminandoli con la verità sull’uomo e sulla famiglia, che tutti abbiamo ricevuto da Cristo e che a noi, umili servitori del Regno, spetta di trasmettere con la gioia e la sicurezza che nascono da tale servizio.
Massimo Camisasca è vescovo di Reggio Emilia - Guastalla
sabato 3 agosto 2019

Nessun commento:

Posta un commento