MA LA FEDE NON SI METTE AI VOTI
La Relatio del card. Erdo anticipa una svolta più profonda
dell’immaginabile
Altro che semplice Sinodo consultivo. L’assemblea in
corso nell’Aula nuova, a due passi dalla congregazione per la Dottrina della
fede, pare sempre di più un Concilio Vaticano III. A dirlo sono i padri
sinodali, cardinali e vescovi, commentando con tutti i crismi dell’ufficialità
la Relatio post disceptationem letta di primo mattino dal cardinale Péter Erdo,
relatore generale. Relazione che navigati osservatori americani hanno definito
un “earthquake”, un terremoto (ieri il sito del Nyt apriva sui “segnali di
maggior tolleranza verso i gay”). Non si parla più di legge naturale, “termine
fondamentale ma incomprensibile a chi sta fuori dalla chiesa”, spiega mons.
Bruno Forte, segretario speciale: meglio usare l’espressione “ordine della
creazione”. “Questo è un Sinodo-Concilio, si discute di temi nuovi”, tuìtta
all’ora di pranzo il padre sinodale Antonio Spadaro S.I., direttore della
Civiltà Cattolica.
Mons. Forte osserva che “molti padri, dopo aver
ascoltato la Relatio, abbiano detto di avvertire lo spirito della Gaudium et
Spes”. Il cardinale Luis Antonio Tagle, presidente delegato dell’assemblea,
evoca “lo Spirito del Concilio Vaticano II, la sua atmosfera”. Il cardinale
cileno Ricardo Ezzati Andrello racconta di momenti di “commozione” tra i padri.
Il testo letto da Erdo ha la forza di anticipare una svolta pastorale ben più
profonda di quanto ci si potesse immaginare all’apertura dell’assemblea. Sabato
scorso, l’arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin, aveva preparato il
terreno, facendo intendere che la discussione si stava incanalando lungo i
sentieri indicati otto mesi fa da Walter Kasper, quelli di uno “sviluppo della
dottrina” che andasse a toccare inevitabilmente la prassi. E infatti, ha detto
Erdo, “nel Sinodo è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali
coraggiose”, così come è avvertita “l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che
partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari”. E’ finita l’epoca del
“tutto o niente”. La chiesa apre ai divorziati risposati, prospettando il via
libera al riaccostamento alla comunione dopo un periodo di cammino penitenziale
valutato caso per caso, e si interroga su quanto Ratzinger in qualità di
prefetto del Sant’Uffizio prima, e poi da Papa, aveva chiarito, e cioè la
distinzione tra comunione spirituale e sacramentale. Al Sinodo, “non pochi
padri” si sono domandati come sia possibile negare la comunione sacramentale se
è possibile quella spirituale. Domanda posta da Kasper nella sua relazione. Le
ragioni indicate a suo tempo da Benedetto XVI non bastano, quindi “è stato
sollecitato un maggior approfondimento teologico”.
Aperture anche sul fronte del
matrimonio civile e delle convivenze, cogliendone “la realtà positiva”, e delle
unioni omosessuali: se è infatti vero “che la chiesa afferma che le unioni fra
persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo
e donna e che non è accettabile che si vogliano esercitare pressioni
sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino
aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia di
gender”, è altrettanto vero che “si prende atto che vi sono casi in cui il
mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita
dei partner”. Mons. Forte aggiunge che “gli omosessuali hanno diritti che
devono essere difesi e garantiti”, perché questa è “una questione di civiltà”.
Aperture talmente ampie che qualcuno, tra i giornalisti, ha chiesto se al
Sinodo dell’ottobre 2015 – il cui tema è stato allargato dal Papa e avrà come
titolo “La vocazione e la missione della famiglia nella chiesa del mondo
contemporaneo” – saranno invitati anche cattolici omosessuali tra gli uditori.
La relazione ha, ad ogni modo, fatto discutere. Al termine della lettura, sono
intervenuti ben quarantuno padri, molti dei quali hanno “sollevato critiche” e
chiesto approfondimenti prima della stesura della Relatio Synodi (sarà votata
al termine della settimana). Lo schieramento che ha mostrato maggiore
insofferenza al documento presentato ieri è guidato dai nordamericani, i quali
contestano anche le aperture sulla comunione ai divorziati risposati: si
tratterebbe di “cambiare l’insegnamento di Cristo”. Sono pronti a dar battaglia
nei Circuli minores, i cui lavori sono iniziati ieri pomeriggio, e un segnale
che cercheranno di apportare modifiche alla Relazione finale è dato
dall’elezione del card. Raymond Leo Burke al ruolo di moderatore del primo
gruppo in lingua inglese. Eppure, la linea appare tracciata, le resistenze –
che ci sono, ma in numero minore rispetto a quanto si pensasse inizialmente –
giocheranno le proprie carte in quest’ultima settimana di lavori prima della
pubblicazione della relazione finale, alla cui stesura, però, il Papa ha
chiamato sei padri assai vicini alle tesi del gruppo novatore, tra cui spiccano
il card. Gianfranco Ravasi, il teologo argentino Víctor Manuel Fernández e il
preposito dei gesuiti, padre Adolfo Nicolás. Nessun vescovo dall’Africa,
nonostante da lì siano giunti i padri più determinati a escludere cambiamenti
dell’attuale disciplina. Ma lo spirito, ha chiosato il segretario speciale,
Bruno Forte, sta soffiando, “e soffia dove vuole”.
.
Nessun commento:
Posta un commento