lunedì 6 ottobre 2014

CONTRADDIZIONI DEL NOSTRO TEMPO

Come noto, la recente sentenza della Corte Costituzionale  ha dato il colpo definitivo allo smantellamento progressivo, per mano giudiziale, della Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (legge che aveva invece superato il vaglio del referendum di noi cittadini), consentendo di poter accedere alla fecondazione eterologa e di avvalersi di gameti o di uteri di terze persone esterne alla coppia. Poi, le regioni hanno dato il via libera all’utilizzo effettivo di questa pratica, stabilendo delle linee di indirizzo, che prevedono, tra le altre cose, che si possa scegliere il terzo donatore con caratteristiche compatibili (ad esempio per colore della pelle) con la coppia richiedente.


La decisione fa fuori in un sol colpo il diritto del concepito di conoscere la propria identità genetica e di essere chiamato ad esistenza in un contesto familiare caratterizzato da stabilità e certezza genealogica; nonché la necessità di evitare derive eugenetiche, ossia la tentazione dei genitori eterologhi di scegliersi in qualche modo la propria discendenza, che tipo di figlio avere e con quali caratteristiche genetiche.

Si tratta di esigenze sacrosante: la prima – conoscere la propria identità – è riconosciuta dalla stessa giurisprudenza, in una serie recente di sentenza (l’ultima, Tribunale Firenze del maggio 2014); la seconda – evitare derive eugenetiche – è affermata esplicitamente nella stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, detta Carta di Nizza, che prevede il divieto di “pratiche eugenetiche, in particolare quelle aventi come scopo la selezione delle persone” (art. 3).

Ebbene, la Corte Costituzionale ha ritenuto che tali esigenze cedessero di fronte al nuovo diritto di avere comunque un figlio, correlato alla libertà di autodeterminazione della coppia; diritto che sarebbe addirittura “incoercibile”. Nulla potrebbe limitarlo.

Mi chiedo: dove mai è affermato nel nostro ordinamento giuridico questo diritto? Esso non è previsto in alcuna parte della nostra costituzione, né della nostra legislazione. Né la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, né la legge sulle adozioni, hanno come finalità quella di assicurare un figlio a chi lo richieda. La prima normativa ha come fine quello di curare la sterilità della coppia agevolando con tecniche di laboratorio la fecondazione assistita nell'ambito familiare della coppia stessa, e in presenza di date condizioni. La seconda, ha come fine quello - ben diverso - di dare una famiglia a un figlio che ne è privo.

Eppure, il diritto è stato affermato e la fecondazione eterologa è stata riconosciuta.
Le Regioni hanno subito colto la palla al balzo fissando le linee attuative. Tra queste vi è quella che pone la fecondazione eterologa a carico dello Stato, salvo ticket. Il costo potrà variare tra i 400 e i 600 euro, a seconda delle Regioni. La sola Lombardia ha deciso di far pagare interamente il costo dell’eterologa (tra i 1500 e i 4000 euro, a seconda della tecnica di fecondazione scelta).

In giorni di spending review lo Stato, cioè i cittadini, cioè noi, si accolla un debito per ciascuna pratica richiesta, che va da 1000 a 3500 euro. E lo fa per riconoscere il pur comprensibile desiderio di una coppia di avere un figlio.
Mi chiedo provocatoriamente. Perché allora non stanziare i fondi pubblici anche per l’adozione di un figlio? Lo si farebbe per riconoscere una casa e una famiglia ad un bambino che non ne ha.

Ma questo costo è interamente carico della famiglia che si propone come adottiva (specie nell’adozione internazionale).

Perché in un caso interviene lo Stato, nell’altro no? Una risposta me la sono data. La prima ipotesi soddisfa un desiderio degli adulti. La seconda ipotesi va incontro a un bisogno dei bambini, che ormai non difende più nessuno.

La loro tutela in questa nostra società è sempre più debole e perdente.

STEFANO SPINELLI

ATTENZIONE

Importante convegno!
Proprio per quanto detto sopra e per prendere sempre più coscienza della situazione storica che stiamo vivendo in termini di mutamento antropologico, IL CROCEVIA invita tutti al convegno 

E' IN GIOCO LA LIBERTA' DI ESPRESSIONE
IL CASO DELLA PROPOSTA DI LEGGE SCALFAROTTO

che si terrà il 10 ottobre a Cesena presso la Sala  di Confartigianato in via Ilaria Alpi 49 (di fronte al Centro Commerciale Famila).

Interverrà l’Avv. Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita 
La questione sociale – si legge nell’enciclica Caritas in Veritate – è sempre più una questione antropologica.
Per questo sollecitiamo tutti a essere presenti al convegno, che sarà iimportanteper capire a che punto siamo e dove stiamo andando con l’affermazione sempre più incalzante dei cd. nuovi diritti o diritti capovolti.

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