“Quando ci troviamo di fronte a realtà che esistono non possiamo
soltanto appellarci al principio astratto (il matrimonio). Quello lo
ribadiamo, lo professiamo, lo difendiamo, ma difronte alle situazioni noi
chiudiamo gli occhi opponendo la Verità ai Diritti e alla dignità delle
persone”. Mons. Domenico Mogavero, Ballarò 21 ottobre)
L’eccellentissimo monsignor Domenico Mogavero, vescovo di
Mazara del Vallo e in lizza per la ben più
prestigiosa cattedra episcopale di Palermo, “deve aver confuso Gesù Cristo con
Stefano Rodotà”, visto
che
“è quest’ultimo che parla di diritti, mentre Gesù si preoccupava di predicare verità
e carità”.
Basta
leggere i quattro santi Evangeli, dopotutto. La bioeticista Assuntina Morresi si dice scandalizzata
dallaperformance del vescovo siciliano in diretta tv, martedì sera su RaiTre, a
“Ballarò”. In studio, una coppia
omosessuale cattolica con tre figli registrata dal sindaco di Roma Ignazio
Marino prima che il prefetto Pecoraro gli ordinasse di fare di quel faldone un bel
falò.
Ma
dov’è il problema, qual è la novità?, si domanda Morresi: “La chiesa ha sempre
accolto tutti, ha sempre avuto parole di misericordia per tutti, anche per chi aveva
commesso il male più estremo, omicidio compreso. A maggior ragione, ha sempre predicato
accoglienza e misericordia per chi è caduto in peccati come questo, dove si ha
a che fare con la carne, con il desiderio”.
Ma
mons. Mogavero dice che non si può parlare di queste coppie come di peccatori.
Dice,
il pastore di Mazara del Vallo, di seguire pienamente la linea del beato Paolo
VI, di san Giovanni
Paolo
II e perfino dell’emerito Papa teologo Benedetto XVI, ché dopotutto un vescovo deve
adeguarsi al Magistero del vicario di Cristo in terra, chiunque esso sia.
Eccezion fatta, ça va sans dire, per quella volta che su giornali e televisioni disse che Papa
Ratzinger“avrebbe dovuto consultare la chiesa prima di prendere alcune
decisioni”, a cominciare dal Summorum Pontificum che
riabilitava nel 2007 la messa antica di san Pio
V.
Era un motu proprio papale, ma Mogavero lo collegò subito ai “petulanti orientamenti
neotradizionalisti” della curia romana a guida ratzingeriana.
Sarà
pure in continuità, osserva Morresi, ma “parla
di matrimonio come di un principio astratto. Io, come sposa cattolica e
madre, mi sento scandalizzata. Ho forse seguito un principio astratto per pochi
matti? Io
pensavo
– e sono contenta d’averlo fatto – di aver seguito il magistero della chiesa,
anche nei momenti di difficoltà. Se era solo un ‘principio astratto’ dovevano
dirmelo prima.
Cosa
dirò io agli incontri di preparazione al matrimonio per le giovani coppie che
vogliono sposarsi in chiesa? Che loro si stanno impegnando per inseguire un
qualcosa d’astratto?
Se
è così, lo scrivano sul Catechismo, lo aggiornino. Ci dicano se quel che
sostiene sua eccellenza Mogavero è presente nel Catechismo. Chi si sposa mette
in gioco la propria vita, altro che principio astratto”.
“Io
sono felice quando Papa Francesco dice che non bisogna mai scordarsi di
chiedere perdono. Si tratta di parole che danno conforto e ristoro all’anima.
Ma la misericordia c’è solo quando c’è il peccato. Sulla base
di quale passo evangelico il vescovo dice che non
possiamo chiudere gli occhi opponendo la verità ai diritti? Quando mai Cristo ha parlato di diritti?”.
Per
la nostra interlocutrice, questo è un “lessico che indica solo cedevolezza all’andazzo
comune, al mainstream mondano”, come quando non si ha la forza per pronunciare
una parola sulla pratica dell’utero in affitto, “pratica per cui molte donne
cedono il proprio utero a coppie ricche, non mi interessa se etero o
omosessuali.
E
un vescovo non dice una parola di verità in merito a questo? E’ inaccettabile.
Io
avrei voluto che un pastore della chiesa cattolica, l’altra sera in
televisione, dicesse una parola sul fatto che se due maschi fanno un figlio, quel figlio è fatto in un altro modo
rispetto alla natura. Invece, nulla”. Ilproblema è che ormai si sta
contrapponendo una chiesa arcigna a una chiesa della misericordia, una che
condanna a una che perdona.
Così si svilisce
tutto, si finisce “per pensare all’esperienza del matrimonio cristiano come
qualcosa d’astratto, che va inesorabilmente a scontrarsi con la dignità delle persone”.
Da Il Foglio
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