sabato 25 ottobre 2014

SE QUESTO E' UN PRETE

“Quando ci troviamo di fronte a realtà che esistono non possiamo soltanto appellarci al principio astratto (il matrimonio). Quello lo ribadiamo, lo professiamo, lo difendiamo, ma difronte alle situazioni noi chiudiamo gli occhi opponendo la Verità ai Diritti e alla dignità delle persone”. Mons. Domenico Mogavero, Ballarò 21 ottobre)

L’eccellentissimo monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e in lizza per la ben più prestigiosa cattedra episcopale di Palermo, “deve aver confuso Gesù Cristo con Stefano Rodotà”, visto
che “è quest’ultimo che parla di diritti, mentre Gesù si preoccupava di predicare verità e carità”.
 
Mons. Domenico Mogavero
Basta leggere i quattro santi Evangeli, dopotutto. La bioeticista Assuntina Morresi si dice scandalizzata dallaperformance del vescovo siciliano in diretta tv, martedì sera su RaiTre, a “Ballarò”. In studio, una coppia omosessuale cattolica con tre figli registrata dal sindaco di Roma Ignazio Marino prima che il prefetto Pecoraro gli ordinasse di fare di quel faldone un bel falò.

Ma dov’è il problema, qual è la novità?, si domanda Morresi: “La chiesa ha sempre accolto tutti, ha sempre avuto parole di misericordia per tutti, anche per chi aveva commesso il male più estremo, omicidio compreso. A maggior ragione, ha sempre predicato accoglienza e misericordia per chi è caduto in peccati come questo, dove si ha a che fare con la carne, con il desiderio”.
Ma mons. Mogavero dice che non si può parlare di queste coppie come di peccatori.

Dice, il pastore di Mazara del Vallo, di seguire pienamente la linea del beato Paolo VI, di san Giovanni
Paolo II e perfino dell’emerito Papa teologo Benedetto XVI, ché dopotutto un vescovo deve adeguarsi al Magistero del vicario di Cristo in terra, chiunque esso sia. Eccezion fatta, ça va sans dire, per quella volta che su giornali e televisioni disse che Papa Ratzinger“avrebbe dovuto consultare la chiesa prima di prendere alcune decisioni”, a cominciare dal Summorum Pontificum che riabilitava nel 2007 la messa antica di san Pio
V. Era un motu proprio papale, ma Mogavero lo collegò subito ai “petulanti orientamenti neotradizionalisti” della curia romana a guida ratzingeriana.

Sarà pure in continuità, osserva Morresi, ma “parla di matrimonio come di un principio astratto. Io, come sposa cattolica e madre, mi sento scandalizzata. Ho forse seguito un principio astratto per pochi matti? Io
pensavo – e sono contenta d’averlo fatto – di aver seguito il magistero della chiesa, anche nei momenti di difficoltà. Se era solo un ‘principio astratto’ dovevano dirmelo prima.
Cosa dirò io agli incontri di preparazione al matrimonio per le giovani coppie che vogliono sposarsi in chiesa? Che loro si stanno impegnando per inseguire un qualcosa d’astratto?
Se è così, lo scrivano sul Catechismo, lo aggiornino. Ci dicano se quel che sostiene sua eccellenza Mogavero è presente nel Catechismo. Chi si sposa mette in gioco la propria vita, altro che principio astratto”.

“Io sono felice quando Papa Francesco dice che non bisogna mai scordarsi di chiedere perdono. Si tratta di parole che danno conforto e ristoro all’anima. Ma la misericordia c’è solo quando c’è il peccato. Sulla base
di quale passo evangelico il vescovo dice che non possiamo chiudere gli occhi opponendo la verità ai diritti? Quando mai Cristo ha parlato di diritti?”.

Per la nostra interlocutrice, questo è un “lessico che indica solo cedevolezza all’andazzo comune, al mainstream mondano”, come quando non si ha la forza per pronunciare una parola sulla pratica dell’utero in affitto, “pratica per cui molte donne cedono il proprio utero a coppie ricche, non mi interessa se etero o omosessuali.
E un vescovo non dice una parola di verità in merito a questo? E’ inaccettabile.
Io avrei voluto che un pastore della chiesa cattolica, l’altra sera in televisione, dicesse una parola sul fatto che se due maschi fanno un figlio, quel figlio è fatto in un altro modo rispetto alla natura. Invece, nulla”. Ilproblema è che ormai si sta contrapponendo una chiesa arcigna a una chiesa della misericordia, una che condanna a una che perdona.
Così si svilisce tutto, si finisce “per pensare all’esperienza del matrimonio cristiano come qualcosa d’astratto, che va inesorabilmente a scontrarsi con la dignità delle persone”.

Da Il Foglio

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