Le cronache sulla tragedia
dell’aereo precipitato in Alta Provenza descrivono tutto nel dettaglio, ma ne
manca sempre uno. Essenziale.
Anche nei giorni del dolore
di tante famiglie, nell’elaborazione del lutto, quando si cerca di arginare
l’oceano di lacrime che sale dal cuore con la rabbia, manca dalle cronache la sola presenza capace di illuminare la notte
oscura del male e della morte: Dio.
E’
stato notato che i giornali parlano di soccorritori, volontari e psicologi, ma
mai della presenza di sacerdoti…
Forse nella Francia della “laicité”, la Francia che legifera
contro i segni religiosi negli spazi pubblici, Dio continua ad essere come il
Pilota che è stato chiuso fuori dalla cabina: fuori dalla scena pubblica, fuori
dalla storia.
Del resto è stato proprio un
poeta francese come Jacques Prévert a cantarlo: “Padre nostro che sei nei
Cieli/ Restaci./ E noi resteremo sulla terra”.
Totalmente diverso il
comportamento degli americani dopo l’11 settembre 2001 e dopo altre tragedie
simili.
Oltreoceano il dolore della
comunità assume subito un orizzonte religioso, si esprime con la preghiera, con
segni e riti che rimandano alla grande speranza che vince il male e la morte.
Negli Stati Uniti la
religione cristiana esprime la forza morale che illumina la vita comune, la
democrazia e la libertà personale (non a caso è consuetudine che il giuramento
del presidente venga fatto sulla Bibbia).
E’ stato detto, banalmente,
che questa dell’Alta Provenza è la prima tragedia aerea europea: volo partito
dalla Spagna, diretto in Germania, precipitato in Francia con passeggeri di
tutte le nazionalità.
Ma è una tragedia europea
anche perché mostra lo smarrimento spirituale della nostra Europa, incapace di
dare un nome al mistero del Male e di accogliere la testimonianza di un Bene
più forte della morte.
NEUROPA
In fin dei conti potremmo
dire che questa tragedia assume un valore simbolico. Perché l’oscura follia
individuale del copilota, che ha causato la strage, evoca le nostre follie
collettive e i loro fiumi di sangue.
E’ un po’ la metafora del Novecento europeo, il tempo delle
ideologie, dei totalitarismi e delle due guerre mondiali.
Forse qualcuno troverà
eccessivo o arbitrario questo parallelo. Ma l’immagine di un uomo solo, perso
nei meandri della sua mente, che impedisce al vero pilota di rientrare nella
cabina, e – suicidandosi – porta a schiantarsi sulla roccia tutta un’umanità,
fotografa in modo impressionante il Novecento europeo.
Somiglia al secolo in cui si è preteso di espellere Dio dalla
cabina della storia e l’uomo, solo, nel suo delirio di onnipotenza, nel suo
superomismo che ha partorito tiranni sanguinari, ha prodotto l’inferno sulla
terra.
E oggi? Oggi che
apparentemente quelle ideologie e quei totalitarismi, in Europa, sono stati
spazzati via? Siamo sicuri che i loro veleni non circolino ancora nelle nostre
vene?
Siamo certi che la laica
tecnocrazia europea, così politically correct, nichilista e accanita gendarme
dei parametri economici, non ci stia portando in picchiata contro la montagna?
Oggi che continuiamo a tenere
il Pilota fuori dalla cabina della vita sociale e della storia, stiamo andando
verso un mondo più umano? Siamo sicuri che stavolta l’espulsione di Dio ci sta
facendo volare nei cieli della felicità e della libertà?
La potenza tecnologica e scientifica di cui disponiamo, mirabile
come il jet della Lufthansa, appare guidata da un’ideologia tecnocratica
faustiana che è incapace di distinguere il bene dal male e addirittura rifiuta
di porsi il problema del Bene e del Male. Infine rifiuta i “limiti” che si devono
imporre al “copilota”, cioè all’uomo.
Crediamo che così ci arridano
davvero le magnifiche sorti e progressive? Molti segni dicono l’esatto
contrario.
IN PICCHIATA
Non c’è solo la perdurante
crisi economica che sembra condannare l’Europa a un declino che porterà povertà
e crisi sociali devastanti, mentre veniamo “comprati” dall’imperialismo
economico di giganti totalitari come la Cina o dalla finanza petrolifera
islamica.
Ma c’è di più: c’è la
sistematica guerra contro la vita e contro la famiglia, il vertiginoso
restringimento delle libertà personali e dei diritti dei popoli, il disprezzo
verso ogni riferimento morale e spirituale, l’incapacità totale di far fronte
alla pesantissima minaccia islamista, se non con il dileggio satirico delle
religioni e delle cose sacre.
C’è il declino demografico,
l’immigrazione massiccia, il nichilismo dilagante che rende un deserto la vita
spirituale delle giovani generazioni.
Sono solo alcuni dei segnali
di allarme che ci dicono: attenzione, l’ “aereo Europa” perde vertiginosamente
quota e sta andando in picchiata contro una montagna. Poi come sempre l’Europa
trascina con sé il mondo.
LO SCHIANTO ?
Un grande filosofo francese
contemporaneo, René Girard,
in un suo libro recente, analizzando proprio questi segni, scriveva: “l’impressione è che l’intera
umanità si stia recando a una sorta di appuntamento planetario con la propria
violenza”.
Girard, grande convertito,
ritiene che la sorte della civiltà si giochi nel prendere posizione di fronte a Gesù Cristo, colui che ha
tagliato in due la storia umana e che pone ogni epoca davanti al bivio: o lui o
la violenza distruttrice del Male.
Del resto è quello che la
Chiesa ha provato a ripetere per tutta la modernità. Scrisse il grande John Henri Newman: “L’eccesso dell’iniquità
è l’indizio di una morte prossima. Se si rimuovesse dal mondo la Chiesa, il
mondo giungerebbe in breve tempo alla sua fine”.
Anche Benedetto XVI, che nei
nostri anni è la voce del “Pilota divino” rifiutato dal mondo, nell’enciclica sulla speranza ha messo a
tema “la fine perversa di tutte le cose” come conseguenza della cancellazione
definitiva del cristianesimo.
Lo ha fatto con una citazione
di Kant
molto eloquente: “Se il
cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore (…)
allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un
rifiuto e di un’opposizione contro di esso; e l’anticristo (…) inaugurerebbe il
suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In
seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere
la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a
diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine (perversa) di
tutte le cose”.
E’ un pensiero drammatico,
quasi apocalittico. Ma c’è una controprova? Sì e ce la fornisce la storia.
CONTROPROVA
Infatti l’Europa, che era il
continente più piccolo e svantaggiato, messo al tappeto dalle invasioni
barbariche, ha potuto letteralmente conquistare tutto il pianeta alla sua
civiltà proprio grazie all’energia intellettuale e morale che si è sprigionata
dai secoli cristiani, che non sono solo quelli del Medioevo, ma anche quelli
dell’umanesimo, del Rinascimento e dell’epoca barocca post-tridentina.
Proprio in questi giorni
rileggevo due pensieri di un grande sociologo e storico delle religioni, Rodney Stark (non
cattolico) che parlando ai moderni europei li ammoniva così: se il cristianesimo non avesse fatto
irruzione nella storia “la maggior parte di voi non avrebbe imparato a leggere
e gli altri leggerebbero papiri scritti a mano”.
E ancora:
“Senza una teologia affidata
alla ragione, al progresso, all’uguaglianza morale, il mondo intero sarebbe
oggi più o meno dove le società non europee erano, diciamo, nell’800: un mondo
pieno di astrologi e alchimisti ma non di scienziati. Un mondo di despoti,
senza università, banche, fabbriche, occhiali, camini e pianoforti. Un mondo
dove la maggior parte dei bambini non raggiunge i 5 anni di vita e molte donne
muoiono dando alla luce un figlio. Un mondo che vive veramente in ‘secoli bui’
”.
L’uomo contemporaneo,
credente o no, deve tutto al cristianesimo. Eppure lo disprezza e volendo
escludere la fede, rischia di perdere la ragione. E di suicidarsi.
Antonio Socci
Da “Libero”, 29 marzo 2015
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