A Trieste, in 45 classi delle scuole dell’infanzia è stato
propinato a bambini di 4 anni il “Gioco del Rispetto”, l’ennesimo escamotage
per inculcare sotto mentite spoglie e, cosa più odiosa, fin dalla più tenera
età, l’ideologia di gender.
indottrinamento |
L’iniziativa – che nelle intenzioni dei due geni che l’hanno
partorita mira a contrastare, manco a dirlo, la violenza sulle donne – “propone
un cambiamento di atteggiamenti sul tema del genere e delle pari opportunità,
persuasi che il cambiamento culturale avviene con la formazione delle nuove
generazioni”. Ma in che consiste il gioco? Ad esempio, nel far travestire i
maschietti da femminucce e viceversa, sotto gli occhi degli insegnanti che
filmano e riprendono la mascherata.
Il meglio però deve ancora venire. Il gioco prevede anche il
“toccarsi reciprocamente dopo aver fatto ginnastica per sentire ciò che i
coetanei provano dopo la fatica, per poi acquisire maggiori competenze
sensoriali ed emozionali, esplorando a vicenda i propri corpi per capire le differenze
tra i bambini e le bambine”.
In questo modo, “i bambini possono riconoscere che ci sono
differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell’area genitale”.
In pratica, il gioco del dottore 2.0, rivisitato in chiave politically correct.
Ma ciò che conta, è che questo sedicente “Gioco del Rispetto” è stato
somministrato, lo ripeto, a bambini di quattro anni. Nelle scuole pubbliche. A
Trieste. Poi non stupiamoci se l’Isis fa proseliti in occidente.
Susanna Tamaro ha colpito nel segno commentando questo
fatto in un articolo sul Corriere della Sera:
«Con l’entrata
nella nostra società del mito
dell’educazione sessuale come panacea di tutti i mali, i riflettori sono
costantemente puntati su qualcosa che, a mio avviso, dovrebbe restare
felicemente nella penombra. Viene il sospetto che tutto questo febbrile
desiderio di spingere i nostri ragazzi a conoscere la nomenclatura delle parti
intime, il loro uso, declinato in infinite e variegate possibilità, sia in
realtà collegato all’inarrestabile declino di quella che una volta veniva
chiamata educazione.
NON ESSENDOCI PIÙ L’EDUCAZIONE, NON CI RIMANE CHE QUELLA SESSUALE
Ma in che cosa consiste l’educazione sessuale, e soprattutto che cos’ha davvero prodotto in tutti questi anni di diffusione scolastica? Dovrebbe essere servita a far conoscere il corpo e le sue esigenze affettive, oltre naturalmente ad evitare malattie e gravidanze indesiderate. È stato davvero così? Se ci guardiamo intorno, non possiamo non notare che il degrado relazionale è purtroppo molto diffuso tra gli adolescenti.
Tolta l’educazione della persona nella sua
totalità, emerge ciò che sta appena sotto, vale a dire i modelli etologici
delle grandi scimmie: il maschio dominante, le femmine ai suoi piedi, e gli
esemplari non dominanti sottomessi alle prepotenze del branco.
Esperienze come quelle di Trieste nascono per tentare di arginare questo fenomeno. Serviranno, mi chiedo? Ne usciranno davvero bambini capaci di rispettare l’altro? O sarà soltanto l’ennesima spolverata di politically correct su un problema ben più allarmante?
La nostra
società sta vivendo una gravissima emergenza educativa, un’emergenza che si sottostima
o che si cerca di tenere a bada inventando sempre nuovi spauracchi e sempre
nuovi bersagli «oscurantistici» da abbattere.
I bambini, in realtà, sono bombardati di informazioni e di messaggi politicamente corretti, ma questi messaggi non sembrano avere alcun potere educante, se non quello di confondere loro le idee, rendendoli ancora più insicuri e fragili. Si fanno vestire i bambini da principesse, ma quando si tratta di bloccare la vendita di un videogioco che istiga alla violenza sulle donne tutti improvvisamente diventano afasici.
E se fosse giunto il momento di lasciare perdere le forzature ideologiche, da una parte e dall’altra, e di cominciare a parlare seriamente, tra di noi e ai nostri figli, di tutto ciò che sesso non è?».
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