Il
fatto che qui si racconta è veramente accaduto. In una terza media di una
normale scuola statale di una città italiana di provincia, che non serve
nominare perché simile a mille altre, la professoressa di italiano intavola una
conversazione coi ragazzi a seguito di una domanda di delucidazione di una di
essi sull'Isis, il califfato islamico, e i fatti terribili di cui
inevitabilmente sono giunti a conoscenza lei e i compagni.
Ad un certo punto la prof, nel vivo della chiacchierata, butta lì questa domanda: "Ma se davvero gli estremisti islamici riuscissero ad arrivare in Italia, ad occuparla fino alla nostra città, voi cosa fareste?". La risposta giunge senza apparente esitazione: ci convertiremmo all'islam per salvarci, dicono i ragazzi. Su venticinque, tutti d'accordo eccetto due.
L'episodio, che potrà sembrare irrilevante, è invece indicatore della situazione umana e culturale in cui si trovano gli italiani e molti occidentali e può anche dare qualche indicazione sullo strano *appeal che su tanti giovani mediorientali (e anche occidentali) esercitano il califfato, la sua guerra santa, le atrocità che vi si commettono. Pare ormai chiaro, infatti, che le migliaia di combattenti che vi si recano in massa anche dai paesi europei non siano tutti poveri, diseredati, emarginati di una qualche banlieue o sobborgo londinese: ci sono anche borghesi, persone inserite e facoltose, laureati, arabi di seconda o terza generazione, persone insomma che avevano trovato in occidente una vita confortevole. Eppure vanno, spesso scappando perfino dai genitori, come racconta il caso recente di tre studentesse giunte da Londra in Siria.
Il fatto è che lo strano *appeal del califfato cresce in presenza di un vuoto, forse di due. Il primo vuoto è il nostro: un vuoto di ideale, di senso della vita. Il cuore dell'uomo, e quello tumultuoso dei giovani, ha segretamente bisogno di vivere per qualcosa che lo trascenda: qualcosa di più grande, di forte, di eterno; non c'è niente da fare. A questa sete cosa offriamo noi? Un certo benessere, molto spettacolo, un po' di tecnologia e un'idea di libertà tanto assoluta da diventare semplicemente arbitraria e scriteriata. Libertà di far che, alla fine? Certo, milioni dei nostri giovani si accontentano, purché sia permesso loro di innaffiare questo vuoto con un po' di alcol, di stupefacenti, di sballo; e qualche dovere a cui rispondere — studiare, ad esempio — ma con sempre meno convinzione. Ma quanti genitori, e quali, sanno oggi dare ai figli un senso all'altezza della loro domanda?
Il secondo vuoto è tutto interno al mondo islamico. L'estremismo spinto fino al terrorismo che prende ispirazione dal Corano è infatti un problema anche per gli islamici cosiddetti moderati. Com'è possibile che un'aberrazione oscurantista come l'Isis possa trovare la sua giustificazione nel libro santo dell'islam?
A questo, che è un fatto, possono rispondere solo i teologi e le guide religiose del mondo islamico, ma non si deve sottovalutare l'evidenza che l'islam moderato sta perdendo migliaia e migliaia dei suoi giovani; quella fede che tanti personaggi, ad esempio Obama (il quale non risulta però essere un esperto di islamistica, come tanti altri che ne parlano forse senza ragion veduta), considerano una "religione di pace" sta radicalizzandosi verso forme estreme, violente, razziste: chi non è come noi va sterminato, affermano con nonchalance poco tempo fa impensabile. Una religione dunque che, nell'impatto con la modernità, sembra sbriciolarsi in mille rivoli: è ancora la cronaca a dirci delle profonde e violente divisioni perfino tribali che sussistono tra musulmani, i quali non esitano a scannarsi neppure fra loro.
PS: i due ragazzi della classe succitata che resisterebbero ad ogni intimidazione e obbligo alla conversione hanno una famiglia in cui la fede cristiana è vissuta in modo semplice e quotidiano, ai quali i genitori hanno testimoniato la presenza reale e buona di un grande Amico, che loro hanno liberamente accettato e al quale non rinuncerebbero perfino "di fronte alla morte".
(Gianfranco Lauretano – Il Sussidiario, lunedì 16 marzo 2015)
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