22 Marzo 2015 ASSUNTINA MORRESI
A seguito delle dimissioni di Maurizio
Lupi sono apparsi articoli, come quello ad esempio di Michele Brambilla
(ciellino) su La Stampa, che parlano del fatto che “sembra al tramonto una stagione molto discussa, quella dei ciellini in
politica “ e, più avanti, aggiunge “Dire che tutto si sia risolto in un’occupazione del potere sarebbe
ingiusto, perché l’impegno di Cl in politica ha prodotto anche molte cose
buone, alcune straordinariamente buone. Ma che ci sia stata una degenerazione,
a volte un compiacimento nella gestione del potere, un giustificare tutto in
nome della fede, un liquidare le obiezioni con lo slogan «non facciamo i
moralisti», beh, questo è innegabile. Non tutti i ciellini hanno fatto finta di
non cogliere, qualche giorno fa, la reprimenda di Papa Francesco”. E continua: “Ma Cl non è un blocco monolitico. Anzi molti ciellini ritengono che un
certo modo di stare in politica abbia finito per nuocere al movimento più di
qualsiasi nemico esterno. Don Julián Carrón, il successore di don Giussani,
pensa con dolore che si è scambiata la
testimonianza con l’egemonia, e spiega la differenza con un esempio:
testimonianza vuol dire che, se ho il potere di nominare un primario in
ospedale, nomino il più bravo; egemonia vuol dire che nomino uno di Cl. C’è da
aggiungere qualcosa? No, non c’è da aggiungere niente”.
Voglio fare alcune osservazioni:
1. Sul rapporto fra Cl e la politica, invito tutti a riprendere i libri che
ne parlano, citando testimoni diretti, e mi riferisco ai tre “Comunione e Liberazione”, di Massimo Camisasca (ed. San Paolo),
che nessuno cita più. Chi fa, si sa, può sbagliare, e certamente di errori ne
possono essere stati fatti tanti, perché tanto si è fatto. Anche Papa Francesco
ha detto che preferisce “una chiesa che sbaglia per fare qualcosa che una che
si ammala per rimanere rinchiusa”.
Ma a ridurre l’intera
storia di CL a un malsano rapporto con la politica, noi di CL non possiamo
starci. Non è questa la nostra storia.
Basta scorrere le pagine dei libri di Camisasca – per chi non se lo
ricordasse proprio, cosa è stata la nostra storia – per rinfrescare la memoria
di come siamo nati, cresciuti, certamente anche corretti e ripresi da Don
Giussani, ma sempre in un fiorire di opere e nella ricchezza della nostra
presenza nella vita pubblica, anche politica.
Qualche esempio: “L’impegno politico e la
nascita del Movimento Popolare” (MP), II vol, cap. XIX, che inizia con “Sentivamo innanzitutto la necessità che la politica non fosse separata
dalla vita concreta”, e quindi la Scuola Quadri, e ancora “Furono gli interventi di
Don Giussani, in diverse occasioni, a correggere la rotta a favore della DC”, in riferimento alle
amministrative del 1970, e poi la Redazione Culturale, e il 21 dicembre 1975,
primo Convegno di Movimento Popolare. E il suo sviluppo, III vol. cap. X, la
prima uscita di Formigoni alle europee del 1984, con 454.000 preferenze, mentre
il capolista, Ministro degli Interni, tale Oscar Luigi Scalfaro, non arrivò a
400.000, e poi i referendum, i boat people, il terremoto in Irpinia, la rivolta
in Polonia.. e intanto il Sabato (cap.VIII, vol.3) erede di Radio Supermilano,
molto centrato a Roma (leggi Tantardini per la politica), e poi nasce il Meeting
di Rimini, nel 1980. Leggeteli, i libri di Camisasca. Almeno guardate
l'indice.
Ognuno di noi partecipava di tutto questo. Noi avevamo incontrato Testori,
il Sabato era il nostro giornale, nostro era il Meeting, noi sostenevamo i
dissidenti e Solidarnosc, e nostre erano le mille opere che nascevano ogni
giorno, indipendentemente da dove vivessimo.
Era, ed è, la nostra storia, perché la nostra Comunione è la nostra
Liberazione.
2. E' assurdo collegare il giudizio di autoreferenzialità di Papa Francesco
di due settimane fa al passato rapporto fra CL e la politica. Il giudizio del Papa è su adesso,
quindi negli ultimi anni, e non può essere un giudizio riferito a oltre dieci
anni fa. Prima i Papi ci dicevano altro.
Per esempio, leggo a pag. 57 del terzo volume di Camisasca un intervento di
Giovanni Paolo II del 1984 (c’erano già MP, Il Sabato, il Meeting):
“Vi sono grato in modo
speciale” disse il Papa ricevendo i ciellini il 13 maggio a Castel Gandolfo
“per l’impegno con cui vi siete dedicati all’Anno Santo della Redenzione e
specialmente al Giubileo dei giovani”. Ma nelle parole del Papa, durante quella
fredda sera accanto al lago, c’è anche un invito importante per CL: a essere visibile.
Se fosse stato possibile, ancora più visibile. "Dobbiamo essere una chiesa
visibile", intitola “Avvenire”, e “La Repubblica”: "Il papa invita
Comunione e Liberazione a essere più visibile nella società". “Alcuni –
disse testualmente il Santo Padre – forse vorrebbero che la Chiesa fosse più
nascosta, meno visibile: ma questo non è giusto. La Chiesa deve essere
visibile, soprattutto per se stessa. La comunione tra noi è legata alla nostra
visibilità. Poi c’è un altro aspetto: noi come Chiesa, come cristiani, come
ciellini, dobbiamo essere visibili per gli altri”, e questo “noi ciellini” si
impresse nella memoria di tutti i presenti.
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