Salvatore Abbruzzese
IL SUSSIDIARIONET
mercoledì 25 marzo
2015
L'adozione di bambini da
parte di coppie gay implica la necessità di sbarazzarsi di due principi, di due
assiomi dati fino ad oggi per evidenti.
Il primo assioma è costituito dalla
necessità, per il bambino adottato, di avere per genitori adottivi un uomo e
una donna. Se si accetta l'adozione di bambini da parte di coppie gay occorre
negare che uomo e donna siano da considerare come due dati naturali (quindi
necessari) per essere invece delle semplici costruzioni culturali, quindi
storiche, quindi rivedibili, quindi superabili.
Alla luce di questa
negazione il fatto che siamo nati tutti da un padre e da una madre sarebbe
sostanzialmente falso. Di fatto saremmo nati solo da due condizioni biologiche
dell'esistenza (il maschile e il femminile) che non direbbero nulla circa il
legame con i due generi dell'uomo e della donna così come gli abbiamo
conosciuti attraverso la nostra cultura. La condizione biologica paterna e
quella materna potrebbero essere sostenute indipendentemente dal genere: una
donna potrebbe ricoprire adeguatamente la dimensione della paternità così come
un uomo potrebbe fare altrettanto con quella della maternità. Gli elementi
necessari per natura non deciderebbero minimamente circa i generi necessari per
cultura. Maschile e femminile, indispensabili al momento della fecondazione
biologica, non implicherebbero affatto la loro trasposizione meccanica nei due
generi dell'uomo e della donna al momento della crescita e dell'educazione.
Ciascuno dei due generi potrebbe scegliere il maschile o il femminile in base
ad un atto consapevole del quale sarebbe responsabile.
Il secondo assioma che si deve eliminare è
costituito dal vincolo che il soggetto detiene rispetto al proprio sesso
naturale. Quest'ultimo non
costituirebbe più un'evidenza che questi deve riconoscere, ma una contingenza che può superare. Il
genere dato per natura sarebbe superato da quello scelto per percezione
interiore. Per di più la situazione sessuale, il sesso acquisito
biologicamente, non sarebbe decisivo rispetto ai doveri di genere che in ogni
società vengono accreditati al maschile e al femminile. Questi doveri, questi
compiti, non avrebbero nulla di naturale ma sarebbero storicamente definiti dai
contesti sociali, sarebbero quindi oggettivamente ascrivibili all'uno o
all'altro "sesso percepito" senza nessuna conseguenza circa la loro
capacità effettiva di realizzazione.
Si potrebbe dire molto sulla fragilità di
entrambe queste eliminazioni. Ciascuno può comunque prendere posizione. Ciascuno può comunque decidere
se maschile e femminile non siano più essenziali per crescere ed educare un
bambino ma restino collegati alla sola "meccanica della fecondazione"
e non sfociano affatto meccanicamente e direttamente nei generi di uomo e
donna. Allo stesso modo ciascuno può decidere se la propria dimensione sessuale
sia quella che viene da lui intuita e scoperta e non quella che gli viene
invece manifestata dalla sua natura fisica.
Il problema fondamentale di entrambe le
eliminazioni dei principi appena detti risiede nell'esito che presentano.
Entrambe infatti non
costituiscono solo delle antropologie, delle concezioni dell'uomo e della donna
che, in fondo, riguardano solo le vite private dei singoli, ma entrambe, nel
caso dell'adozione, concernono un terzo.
Un terzo che non c'è, ma che dovrà avere a che fare con ciò che noi oggi, più o
meno coscientemente, stiamo avvalorando o tollerando: la possibilità di essere adottato, quando non addirittura voluto
attraverso l'utero in affitto o la fecondazione eterologa, da una coppia di
uomini o di donne convinti sia che non c'è bisogno della presenza di entrambi i
generi per crescere un bambino, sia che il genere percepito, ciò che costoro si
sentono di essere, prevalga su ciò che essi sono per natura.
Sarà il bambino non
ancora nato o che ha perso i genitori o che è stato da questi abbandonato che
sarà chiamato a sopportare il peso di queste scelte.
In caso di errore, nel
caso che la tesi dell'indipendenza del maschile e del femminile dal sesso di
chi lo esercita, assieme a quella della priorità del genere scelto rispetto a
quello consegnato dalla natura, si
rivelassero due formidabili sciocchezze (non sarebbe la prima volta che
colossali scempiaggini siano sostenute sul piano scientifico, l'ultima è stata
quella del primato della razza ariana), sarà lui e solamente lui a pagarne le conseguenze sul piano psichico.
Conseguenze che, come tutti sanno, si svilupperanno solo dopo diversi anni
dall'adozione.
In pratica, caro Renzi e
cari compagni di strada, stiamo scegliendo per gli altri. La questione non è di
diritto privato, non concerne la vita privata del singolo, non si tratta di
stabilire se questi abbia o no il diritto di fare ciò che vuole, ma riguarda
dei terzi, che non hanno voce o che non sono ancora nati. Stiamo decidendo
sulla loro pelle.
Si chiede troppo se si ritiene che il
principio di precauzione, quando non addirittura la semplice prudenza
dovrebbero essere già sufficienti a far cessare quest'ultima follia della
società post-moderna, così euforicamente irresponsabile da un lato e
superficialmente indifferente dall'altro?
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