Dall'Omelia del Card. Angelo Scola
per il decimo anniversario della morte di Don Giussani
1. «Da allora Gesù
cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è
vicino”» (Vangelo, Mt 4,17). Nell’orizzonte
dell’annuncio del regno di Dio il Vangelo di Matteo situa il discorso delle
Beatitudini. Salito su una delle colline vicino a Cafarnao, gli si avvicinarono
i suoi discepoli. Gesù, sedutosi, «si mise a parlare e insegnava» (Vangelo, Mt 5,2).
Il Concilio Vaticano II,
nella Costituzione sulla Liturgia, fa un’affermazione che quasi
sempre ignoriamo: Cristo «è presente nella sua parola, giacché è
Lui che parla quando nella Chiesa si leggono le Sacre Scritture» (Sacrosanctum
Concilium, 7).
Carissime, carissimi, se
questa sera, mentre Gesù ci parla, non siamo presenti in Duomo o a casa,
spalancati alla conversione, vale a dire decisi a cambiare e a cambiare subito,
questo gesto eucaristico, che intende far memoria viva del carissimo don
Giussani, si ridurrebbe a cerimonia esteriore, priva, per finire, di ogni
fecondità.
Ha scritto don Giussani:
«La contrizione che sta all’inizio della Assemblea cristiana e nel
sacramento della Confessione deve essere fatta guardando in faccia questa
Presenza e dicendo: “sono così, riconosco che sono così”. È un
gesto che incomincia col dolore e finisce nella letizia» (L’Alleanza,
Jaca Book, Milano 1979, 114). Senza mendicare, qui ed ora, il perdono, la
memoria di don Giussani illanguidisce in sentimentale ricordo, che
inesorabilmente sfocia in rovinosi pregiudizi.
2. Il celebre testo
delle Beatitudini, prima ancora di indicarci uno stile di vita che rovescia la
mentalità che purtroppo largamente affligge il nostro io di europei narcisi,
descrive i tratti della persona amata di Cristo Gesù. Lui, Lui solo è la roccia
su cui questa sera dobbiamo poggiare per invocare quella trasformazione del
cuore di cui abbiamo quotidianamente bisogno.
Più fede, più fede – parola
drammatica – per vivere gli affetti, il lavoro, il riposo, il dolore nostro e
dei nostri cari, la morte; per affrontare il male che compiamo e chiederne
perdono; per educare i nostri figli e perché i nostri figli scoprano la
convenienza di lasciarsi educare; per contribuire all’edificazione di una vita
buona nella società plurale in un tempo in cui uomini e donne – e tra di loro
tanti cristiani – vengono trucidati, cacciati dalle loro terre e dalle loro
case, costretti ad una tragica emigrazione; per accettare, Dio non voglia, la
possibilità di un nuovo martirio di sangue dei cristiani in Europa. (...)
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http://www.tempi.it/omelia-scola-anniversario-don-giussani#.VPR65PmG82V
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