Canada, gender
obbligatorio a scuola. «È totalitarismo»
Febbraio 5, 2016 Leone
Grotti
Alberta. Alla base delle linee guida c’è
la convinzione che «l’auto-identificazione è la sola misura dell’orientamento
sessuale, dell’identità di genere e dell’espressione di genere di un individuo»
Quando ha
scoperto che le nuove linee guida del
governo sul «rispetto della diversità di genere degli studenti» sarebbero
dovute essere applicate in via obbligatoria da tutte le scuole, il vescovo di Calgary Fred Henry si è
seduto al tavolo e ha scritto una lettera intitolata: «Totalitarismo in
Alberta». Nella lettera per i fedeli e le scuole cattoliche della
provincia canadese ha voluto denunciare la «follia del relativismo».
Il governo dell’Alberta, infatti, ha rilasciato a metà gennaio le nuove linee guide sul rispetto della diversità a scuola, che in base all’Alberta School Act tutti gli istituti devono rispettare. Per l’applicazione delle linee guida il governo ha dato tempo a tutte le scuole per organizzarsi fino al 31 marzo. Dopo questa data, scatteranno eventuali sanzioni.
ALLEANZA
QUEER-ETERO. Con lo scopo di «promuovere e proteggere la diversità» e
ispirare «un senso positivo di se stessi», al fine di «rispettare i
diversi orientamenti sessuali, le identità di genere e le espressioni di
genere», le linee guida richiedono ad ogni scuola di «sostenere gli studenti
nel fondare organizzazioni studentesche» come l’«Alleanza gay-etero» o
l’«Alleanza queer-etero».
Alla base delle linee guida c’è la convinzione che «l’auto-identificazione è la sola misura dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere e dell’espressione di genere di un individuo». Non ha alcuna importanza se si è nati maschi o femmine, dunque. Non ha importanza neanche se si vuole cambiare sesso. Se un bambino pretende di essere una bambina o viceversa, per qualsiasi motivo, anche in assenza di cambiamenti corporei, deve «essere rispettato» e trattato di conseguenza. Se vuole, per questo, essere chiamato con un altro nome, deve essere rispettato. Il nome prescelto dal bambino, anche se non è sulla carta di identità, deve essere usato il più possibile anche sui documenti della scuola. Tranne che su quelli governativi/ufficiali.
Alla base delle linee guida c’è la convinzione che «l’auto-identificazione è la sola misura dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere e dell’espressione di genere di un individuo». Non ha alcuna importanza se si è nati maschi o femmine, dunque. Non ha importanza neanche se si vuole cambiare sesso. Se un bambino pretende di essere una bambina o viceversa, per qualsiasi motivo, anche in assenza di cambiamenti corporei, deve «essere rispettato» e trattato di conseguenza. Se vuole, per questo, essere chiamato con un altro nome, deve essere rispettato. Il nome prescelto dal bambino, anche se non è sulla carta di identità, deve essere usato il più possibile anche sui documenti della scuola. Tranne che su quelli governativi/ufficiali.
CONSEGUENZE. Poiché
scuola e insegnanti devono «rispettare il diritto di un individuo alla
auto-identificazione», a prescindere da tutto, è a loro richiesto tra le altre
cose: permettere a un bambino, se si
auto-definisce femmina per qualunque motivo, di partecipare alle attività
femminili, accedere al bagno femminile e agli spogliatoi femminili. E
viceversa.
«A prescindere dal fatto se l’individuo abbia o no documenti legali che testimoniano il cambiamento del nome o la riassegnazione del genere», gli individui possono chiedere di essere chiamati dai professori con nomi o pronomi differenti da quelli dettati dal loro sesso. «Se non si sentono inclusi con i pronomi “lui” o “lei”», devono essere chiamati a scuola con «pronomi alternativi come “ze”, “zir”, “hir”, “they”, “them” o “Mx” al posto di Mr, Mrs, Ms, Miss».
«A prescindere dal fatto se l’individuo abbia o no documenti legali che testimoniano il cambiamento del nome o la riassegnazione del genere», gli individui possono chiedere di essere chiamati dai professori con nomi o pronomi differenti da quelli dettati dal loro sesso. «Se non si sentono inclusi con i pronomi “lui” o “lei”», devono essere chiamati a scuola con «pronomi alternativi come “ze”, “zir”, “hir”, “they”, “them” o “Mx” al posto di Mr, Mrs, Ms, Miss».
SPOGLIATOI E
BAGNI. Gli studenti, ancora, hanno «il
diritto di vestirsi nel modo che più rispetta la loro identità di genere o
espressione di genere». E anche per quanto riguarda le «attività atletiche» devono poter gareggiare con i bambini del
«genere con cui si auto-identificano». Un maschio dunque, «per non
sentirsi escluso», deve poter gareggiare nelle gare di atletica con
le femmine se vuole. Anche per questo, è meglio abolire eventuali
attività che necessitano di separare maschi e femmine. Allo stesso modo un
bambino «ha diritto ad avere accesso
agli spogliatoi e ai bagni del genere con cui si sente congruente». Sempre
a prescindere dal fatto se abbia cambiato sesso o se abbia intenzione di farlo.
«TOTALITARISMO». Il
vescovo Henry ha denunciato queste misure scrivendo ai suoi fedeli: «Cari
fratelli e sorelle, mi rattrista dovervi dire che il totalitarismo è vivo e sta molto bene in Alberta». Con le
nuove linee guida vogliono «imporre
un’ideologia ristretta e anti-cattolica. Essendo un approccio totalitario, è in
contrasto con l’opinione data dalla Corte Costituzionale».
«Le nostre scuole cattoliche sono inclusive e insegnano l’amore e compassione per ogni persona», continua. «Il nostro insegnamento è semplice e diretto. Dio ci ha creati maschi e femmine. Facendo questo, ha dato uguale dignità sia agli uomini che alle donne. Il corpo e il sesso sono doni di Dio e sono buoni, per questo non guardiamo alla sessualità con timore né alla carne con ostilità». Ma la visione «ideologica e politicizzata» che il governo dell’Alberta ha della «sessualità non è cattolica» e la Corte Costituzionale ha invece garantito il diritto alle scuole cattoliche di «spiegare in autonomia la propria fede». Ecco perché il vescovo si è opposto all’applicazione obbligatoria delle direttive in tutte le scuole.
«Le nostre scuole cattoliche sono inclusive e insegnano l’amore e compassione per ogni persona», continua. «Il nostro insegnamento è semplice e diretto. Dio ci ha creati maschi e femmine. Facendo questo, ha dato uguale dignità sia agli uomini che alle donne. Il corpo e il sesso sono doni di Dio e sono buoni, per questo non guardiamo alla sessualità con timore né alla carne con ostilità». Ma la visione «ideologica e politicizzata» che il governo dell’Alberta ha della «sessualità non è cattolica» e la Corte Costituzionale ha invece garantito il diritto alle scuole cattoliche di «spiegare in autonomia la propria fede». Ecco perché il vescovo si è opposto all’applicazione obbligatoria delle direttive in tutte le scuole.
«STRAVOLGIMENTO
ANTROPOLOGICO». Altri vescovi si sono espressi
contro la decisione del governo. L’arcivescovo
di Edmonton, Richard Smith, ha dichiarato che «l’idea prevalente che
ognuno possa auto-determinare la propria identità porta a un mondo dove niente
può essere creduto al di là dei confini della propria mente. Ma la realtà è che
la verità ci precede». Il vescovo Paul
Terrio di San Paolo ha scritto una lettera pastorale nella quale ribadisce
che «affermare che l’auto-identificazione è la sola misura
dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere e dell’espressione di
genere è uno stravolgimento antropologico che nega la realtà biologica
dell’uomo».
DIVISIONI. Non
tutti però hanno apprezzato l’intervento dei vescovi. La Edmonton Catholic School,
che ha distribuito la lettera del vescovo Henry alle famiglie, ha poi detto
nella persona del rettore:
«Non
sono d’accordo con la lettera perché non è in linea con l’Anno della
misericordia indetto da papa Francesco».
Il vescovo ha
risposto: «Ho ricevuto centinaia di lettere di ringraziamento ma la scuola
preferisce seguire la lobby Lgbt. Tanta gente sente di non avere voce ed è
spaventata di parlare ma tanti stanno scoprendo che è giusto intervenire e
opporsi».
GOVERNO VA
AVANTI. Il ministro dell’Educazione
dell’Alberta, David Eggen, ha dichiarato che il governo andrà avanti. «È
uno sviluppo positivo che porterà a ottimi risultati». Nonostante i
dissidi, le scuole cattoliche dell’Alberta sono intenzionate a non
applicare le linee guida. «Dobbiamo stare attenti», conclude
l’arcivescovo. «Se il governo proverà a imporcele, allora chiaramente dovremo
affrontare la situazione».
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