Mario Adinolfi
Il commento del direttore del quotidiano
La Croce
Caro Calabresi, ho letto il tuo editoriale “Unioni
civili, metterci la faccia” ( QUI ) con molta attenzione. Scrivi
raramente e so che quando accade è per inviare un indirizzo preciso, che ha
peso: il tuo e quello del giornale che dirigi. Il senso dell’articolo mi è
chiaro: è un richiamo esplicito a Matteo Renzi affinché
prenda in mano le operazioni e conduca
in porto una legge sulle unioni civili che, in assenza del suo esplicito
agire, è andata ad incagliarsi per via delle doti che eufemisticamente possiamo
definire dilettantesche degli attendenti da campo a cui il premier ha affidato
la guida della battaglia. (...)
Non sono ingenuo, so che il richiamo
così esplicito del direttore di Repubblica al
premier affinché si esponga personalmente serve a rimuovere quelle remore che
conosci e percepisci. Ora Renzi non potrà sottrarsi e si esporrà, a partire
dall’assemblea nazionale del Pd programmata per domenica. Però, caro Calabresi,
permettimi: sono proprio le argomentazioni che usi nel tuo scritto a non essere
convincenti, a suonare come una sorta di ricatto.
Apri il tuo articolo citando il caso di
una convivente che non ha potuto assistere il compagno in ospedale, impostando
i toni dello scritto sul ricatto
emotivo. Tralascio il fatto che la legge 91 del 1999 consente esplicitamente
“ai conviventi more uxorio” di stare vicino al partner in ospedale (e una
sentenza del 2012 ha specificato che tale diritto è anche dell’eventuale
partner omosessuale) e che dal 1989 una legge voluta dalla tanto vituperata
Democrazia Cristiana certifica all’anagrafe la condizione di convivenza, che
può essere fatta valere nei tanto citati (a sproposito) casi retorici
dell’ospedale e del carcere.
Ma sai benissimo che il ddl Cirinnà prevede l’unione civile per i soli
omosessuali, se non sei omosessuale niente diritti, niente stepchild adoption,
niente reversibilità della pensione. Quindi quando citi nell’incipit
dell’articolo le “900.000 coppie di fatto” che ci sarebbero nel paese avresti
dovuto per onestà intellettuale specificare che per 892.500 di esse poco o
nulla cambia, visto che la citata “seconda parte della legge” relativa ai
conviventi maschio-femmina è davvero acqua fresca (anche giustamente, visto che
costoro possono se vogliono accedere all’istituto del matrimonio).
Tutto
questo casino che ha spaccato drammaticamente il Paese è costruito per 7.513 coppie omosessuali stabilmente conviventi (dati
censimento Istat), con 529 minori,
nella stragrande maggioranza dei casi provenienti da precedenti rapporti
eterosessuali e dunque già dotati di un papà e di una mamma. Poiché, almeno per
ora, non è previsto che un figlio possa avere tre genitori, la questione
“stepchild adoption” riguarda poco più di duecento bambini: una trentina
provenienti da pratiche di utero in affitto e presenti in un ménage di coppie
gay, duecento derivanti da fecondazioni eterologhe e presenti in un contesto di
coppia lesbica. Questo è il quadro reale, numerico, della questione. Parlare di
900.000 coppie di fatto nell’incipit dell’articolo significa costruire un clima giornalisticamente
distorto per giustificare i passaggi successivi.
Detto questo,
penso che se anche un solo bambino fosse privato di qualche diritto per colpa
dell’orientamento sessuale delle persone con cui vive, ciò sarebbe un crimine.
E allora passiamo in rassegna i diritti
dei bambini che vivono in contesti omosessuali. Di quali diritti sono
privati? Non possono andare a scuola? Non hanno diritto all’assistenza
sanitaria? Sono privati delle vaccinazioni? C’è un solo diritto che spetta alle
mie figlie che non sia riconosciuto anche al bambino che vive in un ménage gay
o lesbico? Ovviamente no. Il ddl
Cirinnà, quello sì, costruirebbe se approvato la negazione di un diritto del
bambino: quello a sapere che è figlio di una mamma e di un papà, come tutti,
spacciandogli invece per vero ciò che è platealmente falso e cioè che sarebbe
nato da due uomini o da due donne.
Nel tuo articolo appare chiaro che
esiste una sola posizione legittima, quella del sostegno al ddl Cirinnà, un
solo esito legittimo, quello dell’approvazione del ddl Cirinnà, una sola mossa
legittima, quella di un Renzi esplicitamente e personalmente a capo di
qualsiasi forzatura serva a portare al traguardo il ddl Cirinnà.
E invece, caro Calabresi, esiste la
posizione dei contrari. Ed è altrettanto legittima ed è radicata in termini
popolari e bastava farsi un giro al Circo Massimo il 30 gennaio scorso per
notare che non è in nessun modo assimilabile a posizioni retrograde, faziose,
estremiste. Milioni di famiglie italiane
guardano con sgomento alla vostra superficialità, al vostro sostegno
all’agire di governanti che in questa 17esima legislatura repubblicana sono
stati capaci di produrre solo norme contro la famiglia, dal divorzio breve a
questo orrendo e incostituzionale ddl Cirinnà. E sei tu ad operare una
clamorosa falsificazione quando scrivi che nel ddl in discussione “non si parla mai di utero in affitto”,
perché basta vedere i sette minuti di intervista rilasciati da un senatore e
dal suo compagno a Le Iene, con il
racconto nudo e crudo della pratica da loro eseguita all’estero comprando per
centomila euro una donna e un bambino, in cui si ammette che la stepchild
adoption serve a loro per legittimare in Italia quel che oggi non possono
nemmeno dichiarare e cioè che quel figlio è figlio di due papà e di nessuna
mamma, privandolo per sempre di un diritto che quel bambino ha.
Spero che
Renzi ci metta la faccia, come gli chiedi tu, ma per dire al Paese che il ddl
Cirinnà torna in commissione, perché c’è bisogno di tempo per riflettere. Sarà
la fine di una brutta legge e la chiusura di una brutta pagina della democrazia
italiana. Con ogni probabilità non andrà così, le forzature continueranno e
alla fine il popolo potrebbe pure essere soverchiato dalla consueta prepotenza
di qualche autoproclamata élite. E allora al popolo resterà una sola arma: la
memoria. Molto prima di quel che credi, e con grave danno per Matteo Renzi, la
utilizzerà.
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