Omelia di Angelo Scola,
Arcivescovo di Milano
XXXIV anniversario del Riconoscimento Pontificio della Fraternità di
Comunione e Liberazione
XI Anniversario della morte del servo di Dio Mons. Luigi Giussani
(…) Qualunque sia la
situazione in cui ciascuno di noi si trova, il Signore gli viene incontro e lo
chiama: «Figlio mio, non dimenticare»
(Seconda Lettura, Pr 3,1). “Non dimenticare”: un invito caro a Mons. Giussani. Egli non ha mai
smesso di indicare la memoria come
contenuto concreto e quotidiano della nostra esistenza: «La stoffa della persona è la memoria (…), [perché] ciò di cui la mia persona è fatta, è un
Altro» (L. Giussani, Affezione e
dimora, BUR, Milano 2001, 27).
Duomo di Cefalu', Cristo Pantocratore |
La memoria come
riconoscimento di Cristo presente nella Chiesa è la possibilità,
permanentemente donata alla nostra libertà, di un rapporto quotidiano e cogente
con l’origine della nostra esistenza. Non c’è strada sicura se non parte dal
riconoscimento della Presenza di questa origine buona del nostro esistere. Nella
memoria di Cristo c’è la fonte inesauribile della comunione e della missione,
di quella comunione vissuta che è sale della terra e luce del mondo (cfr. Vangelo Mt 5,13-14).
In questo quadro intendo
ora, come vostro Arcivescovo e unicamente in forza di questa responsabilità
affidatami dalla Chiesa, offrirvi qualche spunto di riflessione che potrete
rendere oggetto di dialogo, guidati dall’autorità del movimento, cui non
intendo sostituirmi. Neppure lo potrei.
Due sono i fattori
attraverso i quali si vive la comunione e si attua la missione di un movimento
per la Chiesa e per il mondo:
a) l’obbedienza al carisma di origine, che assicura il bene
dell’unità;
b) la libertà come responsabilità di aderire a Cristo
secondo la forma in cui mi è venuto
incontro.
Nella comunità cristiana
la libertà è ultimamente sostenuta dall’autorità costituita. Un’autorità sempre
tesa al servizio della memoria di Cristo, proprio a garanzia della verità
dell’origine. Un’autorità che per questo “conviene” oggettivamente alla libertà
e a cui essere grati poiché rende possibile il cammino personale e comunitario.
Regge, sorregge e, quando necessario, corregge le nostre libertà in cammino.
Questa obbedienza, che ha
il suo paradigma nella stessa obbedienza di Cristo al Padre, non sarebbe tale
se non fosse espressione di una libertà veramente coinvolta in prima persona.
Una libertà che non si risparmia la verifica, che non delega la propria
responsabilità, ma che si espone continuamente, senza timore e senza remore, al
dialogo, vincendo ogni riserva ed evitando ogni rapporto inautentico con
l’autorità.
Nella vita della Fraternità ognuno è chiamato alla
sequela del carisma che lo Spirito diede a don Giussani così come ci raggiunge
oggi.
Consentitemi una nota. È
opportuno evitare, da parte di tutti, una deleteria tentazione, sovente
ripropostasi nella storia della Chiesa, degli ordini religiosi e dei diversi
carismi. Nel necessario, continuo immedesimarsi all’esperienza e al pensiero del
fondatore non bisogna cercare conferme per la propria interpretazione
considerata, anche in buona fede, come l’unica adeguata. Questa posizione
genera interminabili dialettiche e paralizzanti conflitti di interpretazione.
È l’intreccio di
obbedienza e libertà a spalancare alla missione.
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