mercoledì 17 febbraio 2016

DON GIUSSANI: LA MEMORIA E’ IL CONTENUTO CONCRETO E QUOTIDIANO DELLA NOSTRA ESISTENZA


Omelia di Angelo Scola, Arcivescovo di Milano


XXXIV anniversario del Riconoscimento Pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione

XI Anniversario della morte del servo di Dio Mons. Luigi Giussani


(…) Qualunque sia la situazione in cui ciascuno di noi si trova, il Signore gli viene incontro e lo chiama: «Figlio mio, non dimenticare» (Seconda Lettura, Pr 3,1). “Non dimenticare”: un invito caro a Mons. Giussani. Egli non ha mai smesso di indicare la memoria come contenuto concreto e quotidiano della nostra esistenza: «La stoffa della persona è la memoria (…), [perché] ciò di cui la mia persona è fatta, è un Altro» (L. Giussani, Affezione e dimora, BUR, Milano 2001, 27).

Duomo di Cefalu', Cristo Pantocratore
La memoria come riconoscimento di Cristo presente nella Chiesa è la possibilità, permanentemente donata alla nostra libertà, di un rapporto quotidiano e cogente con l’origine della nostra esistenza. Non c’è strada sicura se non parte dal riconoscimento della Presenza di questa origine buona del nostro esistere. Nella memoria di Cristo c’è la fonte inesauribile della comunione e della missione, di quella comunione vissuta che è sale della terra e luce del mondo (cfr. Vangelo Mt 5,13-14).

In questo quadro intendo ora, come vostro Arcivescovo e unicamente in forza di questa responsabilità affidatami dalla Chiesa, offrirvi qualche spunto di riflessione che potrete rendere oggetto di dialogo, guidati dall’autorità del movimento, cui non intendo sostituirmi. Neppure lo potrei.

Due sono i fattori attraverso i quali si vive la comunione e si attua la missione di un movimento per la Chiesa e per il mondo:
a) l’obbedienza al carisma di origine, che assicura il bene dell’unità;
b) la libertà come responsabilità di aderire a Cristo secondo la forma in cui mi è venuto incontro.

Nella comunità cristiana la libertà è ultimamente sostenuta dall’autorità costituita. Un’autorità sempre tesa al servizio della memoria di Cristo, proprio a garanzia della verità dell’origine. Un’autorità che per questo “conviene” oggettivamente alla libertà e a cui essere grati poiché rende possibile il cammino personale e comunitario. Regge, sorregge e, quando necessario, corregge le nostre libertà in cammino.

Questa obbedienza, che ha il suo paradigma nella stessa obbedienza di Cristo al Padre, non sarebbe tale se non fosse espressione di una libertà veramente coinvolta in prima persona. Una libertà che non si risparmia la verifica, che non delega la propria responsabilità, ma che si espone continuamente, senza timore e senza remore, al dialogo, vincendo ogni riserva ed evitando ogni rapporto inautentico con l’autorità.

Nella vita della Fraternità ognuno è chiamato alla sequela del carisma che lo Spirito diede a don Giussani così come ci raggiunge oggi.
Consentitemi una nota. È opportuno evitare, da parte di tutti, una deleteria tentazione, sovente ripropostasi nella storia della Chiesa, degli ordini religiosi e dei diversi carismi. Nel necessario, continuo immedesimarsi all’esperienza e al pensiero del fondatore non bisogna cercare conferme per la propria interpretazione considerata, anche in buona fede, come l’unica adeguata. Questa posizione genera interminabili dialettiche e paralizzanti conflitti di interpretazione.
È l’intreccio di obbedienza e libertà a spalancare alla missione.


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