di Costanza Miriano
Le critiche, anche asperrime, da quelli che non la pensano come noi non
fanno alcun male, neanche quando sono condite di insulti e cattiverie: quelle
sono messe in conto. Più dolorose invece
tutte quelle che sto, stiamo, ricevendo per la questione del Family day da
quelli che sarebbero amici, o meglio compagni di fede, cioè molto più che amici
(rilevo per la cronaca che quelli che parlano sempre di ponti e misericordia, i
cultori del dubbio, sono di solito quelli che menano più forte, mentre quelli
che parlano di Verità quando ti incontrano sono invece i più teneri con la
debolezza umana).
Mi dispiace dunque quando i cultori dei ponti dicono più o meno che non ha
avuto senso scendere in piazza perché il mondo non si cambia così, opponendosi
a chi lo vuole “sbagliato”, perché chisiamonoipergiudicare, perché
l’opposizione frontale allontana i fratelli, perché il lavoro si fa persona per
persona, incontrando, parlando, mettendosi a fianco, e via obiettando e dando
lezioni di umanità.
Allora. Innanzitutto io non mi sono
mai sognata né di pensare né di andare a dire a chi non è venuto ai Family day
che loro hanno sbagliato a non venire.
Stando che le unioni civili sono sbagliate, lo dice il Catechismo, lo sottolinea
la Congregazione per la dottrina della fede, lo ha
ribadito il Papa, ognuno per contrastarne l’approvazione finché la
cosa è in gioco (e sottolineo questo: la legge non c’è e si sta discutendo se
farla) sceglie il metodo che gli è più congeniale: chi è stato in famiglia
a raccogliere vomiti, chi in monastero a pregare, chi a casa a giocare coi
figli, chi in parrocchia a confessare, se lo ha fatto con lo spirito di chi è
parte dell’unico corpo ha fatto ugualmente la sua parte, come gli ha richiesto
la sua particolare vocazione. Non tutti sono fatti per esporsi, non tutti per
gridare, non tutti, soprattutto, possono combattere le stesse battaglie, con
tutto il male che c’è nel mondo (la povertà, la guerra, le migrazioni, la
tratta delle donne, l’eutanasia, il divorzio, l’aborto, la pedofilia, le
politiche contro la famiglia e via dicendo: non solo è inevitabile, ma è
benissimo dividersi su tutti i fronti, separarsi per la stessa causa comune,
quella dell’uomo come Dio lo ha sognato).
Sarebbe bene però che chi non c’era non continuasse, come invece fa, a dire
che chi invece c’era abbia sbagliato, e soprattutto che non lo faccia in nome
dei ponti, perché sbattere porte in faccia dicendo che bisogna costruire
dialogo fa abbastanza ridere.
Trovo anche piuttosto sleale dire che il motivo per non essere in piazza è
la misericordia, perché il sottotesto è “noi siamo quelli buoni, voi i crociati
cattivi, i combattenti”. Io personalmente credo che di buoni in giro ce ne sia
uno solo, che è Nostro Signore (ce lo ha detto lui nel Vangelo), e per il resto
noi altri tutti dobbiamo cercare di imparare la misericordia, e tutti ne siamo
lontani, chi più chi meno. Ma, ed è una distinzione da primo anno di catechismo, la misericordia deve essere per i
peccatori, non per l’errore. Se vedi un uomo che sta puntando la pistola
alla tempia di un bambino non sei misericordioso se ti giri dall’altra parte, e
ti dici che cercherai poi di avvicinare e sedurre il cuore di quell’uomo
lentamente, frequentandolo, perché intanto il bambino lo avrà ucciso. Allo stesso modo, se in questi giorni si
vota una legge che se approvata direbbe all’uomo una grande menzogna su se
stesso, senza contare che permetterebbe che si mettano al mondo bambini orfani
per soddisfare desideri di grandi, che vuol dire dialogare? Chi rimarrà a
smascherare la grande bugia sull’identità dell’uomo, che è maschio o femmina? E
quelli che compreranno i figli grazie a questa legge verranno forse a chiederci
un consiglio prima?
Io credo che come sempre al fondo ci sia o una spiegazione umanissima
(questa è la battaglia di Tizio, io non presto il mio volto e la mia
credibilità per sostenerlo), oppure, ed è molto più grave, una questione di fede.
Molti cristiani hanno smesso di credere veramente che l’unica possibilità
di felicità piena per l’uomo è il disegno di Dio su di lui. Se ci crediamo
davvero, ma seriamente, abbiamo il dovere di continuare a dirlo, con quanto
fiato abbiamo in gola, proprio per amore dei fratelli che sono più ingannati. Noi laici, se vogliamo davvero dare a
Cesare quel che è di Cesare dobbiamo dirlo anche con i mezzi della politica,
quindi se siamo in Parlamento votando, se siamo semplici elettori manifestando
e facendo sentire la nostra voce in tutti i modi possibili. Altrimenti stiamo
dando a Cesare anche quello che è di Dio, cioè il suo progetto sull’uomo.
Nessuno può mettere le mani sulla verità dell’uomo, nessun politico, nessun
essere umano può per esempio arrogarsi il diritto di produrre vite umane a
proprio piacimento, privandole delle origini, strappandole ai legami carnali o
lasciandole congelate senza termine in laboratorio. La politica non può
arrogarsi il diritto di calpestare l’uomo. E, infine, nessun uomo potrà essere
felice se ridotto alla sua tendenza sessuale.
Se invece vogliamo rimanere nell’ambito della fede, che mi è molto più caro
e congeniale di quello della politica, so bene che le mie azioni che hanno più
risonanza nel cuore di Dio, e che magari possono cambiare qualcosa nei destini
del mondo sono quelle segrete che nessuno vede, e anche quelle private. Io so
che servo la causa della famiglia molto di più quando provvedo alla mia. Quando
preparo da mangiare, piego una felpa, ascolto un capriccio o ballo una canzone
con l’agilità dell’orso Baloo. Quando prego o offro un fioretto. Quando vado
alla messa quotidiana. Quando faccio le cose che occupano la stragrande
maggioranza del mio tempo, cioè le cose che fanno tutte le mamme. Quando cerco
di essere una moglie decente, una mamma presente, un’amica un po’ meno
distratta, una figlia un po’ più paziente, una giornalista onesta. So anche che non cambierò il mondo, al
limite migliorerò appena le cose a casa mia, ma questo non mi autorizza a
essere una cristiana confinata nel privato, come vorrebbero tanti. E,
ovviamente, avere come attività principale quella di raccogliere avanzi di cibo
e fazzolettini usati da terra non esclude la possibilità di un’azione pubblica.
Altrimenti, portando alle estreme conseguenze il ragionamento di chi dice
che il mondo non si cambia con una presenza nel pubblico e nel politico, chi
fosse onesto e consequenziale dovrebbe scegliere la clausura e autoescludersi
dal mondo, rinunciando a costruirlo oggi, perché è ovvio che è la preghiera
l’arma più potente dell’uomo. Invece il Signore ci ha messi, alcuni di noi,
anche nel mondo, per costruire la città dell’uomo oltre a quella di Dio. E
anche se sappiamo che è Dio che fa la storia, e chi prega coopera con lui più
di chi manifesta o fa politica, anche noi che siamo nel mondo finché avremo
fiato in gola continueremo a dire tutto quello che c’è da dire, perché sappiamo
che c’è una sola possibilità di felicità vera e piena per l’uomo, e questa felicità ha bisogno anche di muri,
che difendano i più deboli, che frenino il desiderio impazzito degli adulti,
che indichino una strada certa nell’epoca del totalitarismo del relativismo.
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