(MA PARIGI NON VAL BENE UNA MESSA)
Maurizio Lupi sabato 27 febbraio 2016
Caro direttore,
alcuni leader del Family day urlano allo scandalo: "No al matrimonio gay!". Ma non possono più dire no alle adozioni gay, no all'utero in affitto, no alla stepchild adoption, perché tutte queste cose non ci sono più.
alcuni leader del Family day urlano allo scandalo: "No al matrimonio gay!". Ma non possono più dire no alle adozioni gay, no all'utero in affitto, no alla stepchild adoption, perché tutte queste cose non ci sono più.
La "Cirinnà"
non c'è più. Come dicevano alcuni striscioni al Circo Massimo:
"Cirrinò".
La realtà è testarda. Ma
bisogna guardarla, la realtà. Bisogna guardare il lavoro fatto, le necessarie
mediazioni. Perché i princìpi, se non vogliamo che restino eterei ma informino
di sé la vita e la società, devono inserirsi nella realtà storica in cui si
vive. In base al principio, che ben conosceva, della dignità e dell'unicità
della persona umana, san Paolo — secondo certi maître à penser odierni —
dovrebbe essere affidato alla damnatio memoriae perché non ha
denunciato la schiavitù ma "solo" chiesto al suo amico Filemone di
trattare lo schiavo che gli mandava non come schiavo ma come fratello.
Briton Riviere(1840-1920) ; Christ in the wilderness |
Quando nei Paesi
democratici non hai la maggioranza del consenso, il dovere e l'intelligenza
della mediazione sono ancora più necessari. Non l'assenza del compromesso —
dice Joseph Ratzinger, la stessa persona dei principi non negoziabili — ma il
compromesso stesso è la vera morale dell'attività politica.
In questa legge, che —
diciamolo subito — non è la legge che avremmo scritto noi se fosse stato
possibile, non c'è l'adozione per le coppie omosessuali, non c'è la stepchild
adoption, non c'è l'utero in affitto (sul quale proporremo una legge con un
solo articolo: l'utero in affitto è reato universale), non c'è il matrimonio
omosessuale.
C'è, invece, una nuova unione sociale con diritti e
doveri che si richiamano agli articoli 2 e 3 della Costituzione, che riguardano
i diritti dell'uomo come singolo e nelle formazioni sociali, tra le quali non
c'è la famiglia, che è un istituto a parte di cui la Costituzione parla negli
articoli 29, 30 e 31, distinguendolo in questo modo da ogni altra formazione
sociale.
Questa è la realtà, e la
sua testardaggine.
Certo, in alcuni
richiami al codice civile ci sono ancora similitudini tra unioni civili e
famiglia che possono prestarsi a
equivoci e che contrastano con la chiarezza di altri commi inequivocabili. Ma si
possono correggere nel passaggio alla Camera(sic!), e soprattutto sono
già anestetizzate da una clausola di salvaguardia inserita a chiare lettere nel
nuovo testo: "i suddetti richiami valgono in modo limitato alla finalità
del nuovo istituto". E la finalità del nuovo istituto non è la
procreazione, non è la genitorialità, non è la fedeltà "coniugale"
che è sparita dal testo.
Resta il rischio che qualche tribunale possa
interpretare in modo creativo e contrastare lo spirito della legge? Certamente
sì. Come avviene per tutte le leggi. Meglio
una legge a rischio interpretativo o una legge che prevedeva esplicitamente la
lesione del diritto dei bambini a una famiglia, introducendo l'adozione per le
coppie gay? Meglio una legge a rischio interpretativo o una che dice che solo
il matrimonio è il luogo della genitorialità?
Nell'esercitare la mia
responsabilità politica a me interessa perseguire il bene della persona; mi
interessa il bene della persona. Che cosa interessi ad altri non so!
A questo punto, allora,
mi viene un dubbio che traduco in domanda: che cosa realmente interessa ad
alcuni leader del Family day?
Ci avevano già tentato a
giugno quando, grazie anche a quelle meravigliose famiglie di piazza San
Giovanni, hanno ottenuto un successo senza precedenti: due circolari del
ministro Giannini contro la teoria del gender nelle scuole. Anche di fronte
all'evidenza hanno tentato più volte di camuffare la verità: non bastò la prima
circolare, ce ne volle una seconda e ancora non sembrano convinti.
Mi pare ci stiano provando anche adesso, dicendo ciò
che non è vero. Ognuno può giudicare la realtà secondo i propri convincimenti,
ma distorcerla per piegarla ad essi trasforma gli ideali in ideologia.
Se vogliono affermare il loro progetto ideale,
scendano in politica, si sporchino le mani ma lascino stare il popolo, non lo
strumentalizzino.
Il popolo e la sua vita quotidiana è oggi l'unica
risorsa da cui può venire un cambiamento reale. E' solo dalla testimonianza
della fede vissuta, ricominciando da sé e dal cambiamento del proprio
particolare che possiamo provare a ricostruire l'umano!
A noi che siamo chiamati
a una responsabilità politica, spetta la testimonianza attraverso il lavoro per
fare buone leggi, o se questo è impossibile, a limitare i danni che derivano da
una legge cattiva, e se anche questo è impossibile, a testimoniare anche da
soli l'idea di società in cui crediamo.
In questo caso, e mi
dispiace per quei cattolici che sentono il dovere di richiamarmi alla lettera
della dottrina, la strada della
mediazione era possibile e noi l'abbiamo percorsa. Era più facile per noi,
per acquisire un facile consenso, non sporcarsi le mani e testimoniare la
purezza di una posizione additando il cattivo responsabile di una legge
vergognosa, non importandoci se in gioco c'è il destino concreto dei nostri
figli. Sarebbe stata vera testimonianza?
La ragione per cui sono
entrato in politica non è che cosa mi conviene ma che cosa posso fare, tanto o
poco, per costruire il bene comune. Di questa coerente ragionevolezza dovrò
rispondere, non di una coerenza astratta.
Vero politico, dice papa Francesco, è quello che apre
le porte e inizia processi, chi con "azione prudenziale" e non con
soluzioni teoriche e aprioristiche affronta bisogni e problemi di uomini e
donne in carne e ossa. Di Ratzinger e del suo elogio del compromesso ho già
detto. Ma senza scomodare santi e papi, in Brianza saggiamente si dice:
"piutost che nient, a le mei piutost".
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