LA SCUOLA : INEFFICIENTE E ARRETRATA, I SINDACATI LA
VOGLIONO COSÌ (E LA POLITICA TACE)
Non ai docenti e al merito professionale; non ai
dirigenti; non alle famiglie; non all'autonomia; non all'amministrazione Ma
allora a chi giova il nuovo contratto?
Oltre dieci anni
separano il Ccnl appena sottoscritto dal precedente. In quel lasso di tempo, ci
sono state numerose e significative innovazioni legislative: la legge Brunetta
e la legge 107/2015 fra tutte. Si trattava di norme votate dal Parlamento, che
in parte riscrivevano aspetti importanti della pubblica amministrazione e della
scuola; ma che, rispettando il ruolo delle parti sociali, demandavano al primo
contratto utile la definizione di altri aspetti non meno rilevanti, dei quali
si limitavano a fissare gli indirizzi, in qualche caso vincolanti.
Ora quel contratto è
arrivato e la sintesi più efficace dei suoi contenuti ci viene offerta da uno
dei contraenti, che, con grande senso dello Stato, lo saluta come lo strumento
per scardinare l'impianto legislativo. Non un contratto di attuazione di
indirizzi, ma di ribaltamento dei principi che avrebbero dovuto ispirarlo. Un
bell'esempio di democrazia praticata e di Costituzione materiale: la volontà
del Parlamento, che rappresenta quella dell'intero popolo sovrano, sovrascritta
programmaticamente — in una materia come la scuola, che è di interesse generale
— dalla volontà dei soli addetti ai lavori. Anzi, solo della parte sindacale:
ché la parte datoriale, paralizzata dal timore dell'imminente scadenza
elettorale, non ha opposto, e forse neppure tentato, alcuna resistenza.
1. Il contratto non giova economicamente ai docenti: i
modesti aumenti conseguiti sono largamente inferiori a quelli che la 107, per
vari canali, aveva erogato. D'altra parte, il tetto degli 85 euro era il prezzo
che il sindacato aveva accettato di pagare in anticipo, un anno e tre mesi fa,
in cambio della licenza di far strame della legge e di sostituirsi al ruolo del
legislatore. E che dire del traguardo della retribuzione europea? Resta un
miraggio buono per le prossime tornate contrattuali, utile come specchietto,
purché non se ne prefigurino le condizioni.
2. Giova ancor meno sul piano professionale: torna a
prevalere la linea dell'appiattimento e della non differenziazione. Depauperato
il fondo per il merito, distribuito tramite contrattazione quel che resta.
Rinvio di ogni concreta ipotesi di carriera per i più impegnati e parallelo
rinvio del codice disciplinare: il messaggio non potrebbe essere più chiaro.
Non si vuole riconoscere il merito e non si vuole sanzionare il demerito. Una
grigia notte hegeliana torna a stendersi uniforme su un milione di persone, cui
è negata perfino la speranza di conquistare con il proprio impegno un
riconoscimento individuale. Nelle decine di articoli del contratto nessuno ha
avvertito l'esigenza di affrontare il problema, ogni giorno più scottante, del
recupero dell'autorevolezza perduta da parte di docenti che si trovano a vivere
in un girone senza speranza e senza un domani, sotto schiaffo — talvolta in
senso letterale — di genitori e di studenti violenti.
3. Non giova certo ai dirigenti scolastici. Non che
questo dovesse essere il fine principale. Ma sorprende che alcuni dei firmatari
di questo testo siano gli stessi che, negli ultimi due anni, avevano fatto
rumorosa campagna contro le molestie burocratiche e per la riduzione dei
carichi di lavoro dei dirigenti. Ora il Ccnl spoglia i dirigenti di molti degli
strumenti che la legge aveva accordato loro (bonus, chiamata diretta, etc.) e
in cambio li carica di ulteriori passaggi di relazioni sindacali, interne ed
esterne alla loro scuola: dal confronto, che dilaterà i tempi
dell'informativa, all'osservatorio sugli atti unilaterali, che è
mirato a scoraggiare la loro adozione, fino alla conciliazione
preventiva in materia disciplinare, con allungamento dei tempi e dei
punti di contenzioso. Ma questa non viene avvertita come una contraddizione: le
molestie sono esecrabili se burocratiche ma benvenute se sindacali.
4. Non giova alle famiglie, tenute fuori ed anzi
ulteriormente allontanate da ogni sede decisionale per quanto riguarda le
scelte che contano nell'impostazione del servizio scolastico.
5. Non giova all'autonomia delle scuole, che perdono la
possibilità di costruire il proprio organico intorno al Piano triennale e di
scegliere gli insegnanti più adatti a realizzarlo.
6. Non giova all'Amministrazione, che colpevolmente
abbandona ancora un po' delle leve di governo del personale, sfilandole dalle
mani dei propri dirigenti per compiacere una controparte onnivora di potere e
di spazi di decisione, priva però delle connesse responsabilità per i
risultati.
7. Non giova, per finire, al Paese, che torna, con un
salto all'indietro, all'organizzazione scolastica di molti anni fa. Con buona
pace per gli obiettivi di innovazione e di miglioramento continuo tante volte
dichiarati.
8. E dunque, a chi giova questo contratto? La risposta, fin troppo evidente, è che
esso giova unicamente a certo sindacato (neppure a tutto), il più legato ai
vecchi riti e alla bulimia della cogestione. E giova, anche in quel caso,
più sotto il piano simbolico (l'affermazione della primazia della
contrattazione su quella della legge) che su quello propriamente sindacale:
perché sono i lavoratori che ne pagano il conto in termini di limitazioni
salariali e di mancati riconoscimenti per l'impegno professionale. Il vero
vincitore emerge, con tutta evidenza, da questi numeri: a livello di istituto
le materie di contrattazione integrativa vengono triplicate, passando da tre a
nove, e a queste se ne aggiungono ex novo altre quattro coll'introduzione
dell'istituto del confronto, attinenti queste ultime alla gestione
del personale e all'organizzazione dell'ufficio, che dovrebbero rientrare nella
competenza esclusiva del dirigente. Il sindacato che ha voluto tutto questo fa
(male, a nostro avviso) il suo mestiere perché privilegia la crescita dei
propri poteri sulla valorizzazione professionale dei profili che rappresenta.
Ma l'Amministrazione e più in generale il Governo?
Quanto è disposto a pagare in nome della supposta pace sociale? E quale conto
riversa sulle spalle delle generazioni future in termini di inefficienza e di
arretratezza nel funzionamento della scuola, che rappresenta l'unica speranza
di avanzamento sociale per molti di loro?
Per molti, ma non per
tutti. Per molti, ma sempre di meno: perché chi ha i mezzi economici e la
lucidità politica ed intellettuale per vedere e capire dove ci porta questo
modo di gestire la scuola ha già allontanato i propri figli, per portarli
altrove.
Assistiamo alla
ripetizione di errori ormai pluridecennali ed alla contraddizione ostinata fra
i fini dichiarati e gli strumenti adottati. Senza neppure l'attenuante della
buona fede.
Questo contratto, a
voler parafrasare Talleyrand, è dunque qualcosa di peggio di un errore: è una
colpa.
il sussidiario net
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