martedì 13 febbraio 2018

MACERATA, QUANDO FA COMODO NASCONDERE TUTTO DIETRO AL "PERICOLO FASCISTA"


ASSUNTINA MORRESI

Io sono di Corridonia, il paese della Pars, la comunità di recupero da cui è fuggita Pamela, la giovane uccisa e fatta a pezzi, e anche il paese dove Luca Traini, che la voleva vendicare con una strage di persone di colore, si è candidato per la Lega. E ho frequentato il liceo scientifico a Macerata, il paese sulla collina di fronte. La vita in quegli anni si divideva fra Corridonia e Macerata: tutto questo per dire che quella è casa mia.
Ci torno per il pellegrinaggio Macerata - Loreto dove – come veniva ricordato anche in questi giorni – per 100.000 persone in cammino notturno, 80 agenti bastano e avanzano, mentre per i 20.000 “antifascisti” di sabato scorso, la città era blindata da più di mille agenti (e anche questo qualcosa vorrà pur dire).


Ho vissuto con incredulità questi ultimi giorni, guardando in televisione luoghi familiari, da sempre sinonimo di una noiosa tranquillità, trasformati in quello che abbiamo visto. E tutto mi è sembrato surreale.
·                 Invece di aprire gli occhi e cominciare finalmente a guardare il fiume di droga a basso prezzo che invade le nostre città e avvelena tanti giovani, nell’indifferenza collettiva;
·                  invece di aprire gli occhi e guardare il fallimento totale della cosiddetta “accoglienza” degli immigrati, perseguita senza considerare i rischi di una “accoglienza” senza prospettive reali di inserimento;
·                  invece di aprire le orecchie e cominciare ad ascoltare il malessere della gente, senza tacciare di “razzista xenofobo” chi chiede alle istituzioni rispetto delle regole e sicurezza minima per vivere, per cui paga pure le tasse;
·                    invece di aprire occhi e orecchie ascoltando chi, da quelle parti, provato dalla grande crisi economica che ha fatto chiudere centinaia di piccole imprese, aspetta ancora gli aiuti post-terremoto;
·         ecco, invece di iniziare finalmente a guardare in faccia tutto questo, e dare un giudizio onesto, che si fa? Una manifestazione contro il fascismo! E perché non anche contro i nazisti, visto che ci siamo? E verrebbe da dire, provocatoriamente: perché no contro i lanzichenecchi? E i feroci Unni, dove li lasciamo? 

Come ha scritto Galli della Loggia sabato sul Corriere, ripreso da Antonio Socci ieri su Libero, “In Italia non esiste alcun pericolo fascista. Non esiste alcuna che sale”.

Indicare il fascismo come il Grande Nemico non è, in verità, faccenda degli ultimi mesi. Già Pier Paolo Pasolini, con la sua incomparabile capacità di leggere la realtà nelle sue pieghe più profonde, in una sua lettera a Alberto Moravia, del 1973, scriveva:
“Mi chiedo, caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso che viene sfogato nelle piazze oggi a fascismo finito, non sia in fondo un’arma di distrazione che la classe dominante usa su studenti e lavoratori per vincolare il dissenso. Spingere le masse a combattere un nemico inesistente mentre il consumismo moderno striscia, si insinua e logora la società già moribonda”.

Quel “consumismo” di Pasolini che potremmo forse dire meglio, cinquanta anni dopo, con la parola “nichilismo”: la perdita del valore e del significato di quel che facciamo.

In questa campagna elettorale confusa e sgangherata, la politica ha la drammatica occasione di mostrarsi “la forma più alta della carità”, per usare un’espressione di Paolo VI, se accetta di ripartire da quanto successo nel piccolo paese marchigiano, guardando la cruda realtà dei fatti, giudicandola con onestà intellettuale, e soprattutto chiedendosi e chiedendoci ad alta voce quale tipo di società vogliamo costruire, e quali sono le sue indispensabili fondamenta.

DA L’occidentale
 12 FEB 2018


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