L’ECONOMIA
E’ DI DIO, LA FINANZA E’ DEL DIAVOLO
UNO
SGUARDO PATRISTICO SU WALL STREET
LEONARDO LUGARESI
Ieri e oggi crollano le borse e stamattina leggo questo articolo che prova
a spiegare perché: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-02-05/il-baco-che-ha-fatto-scattare-flash-crash-wall-street-213537.shtml?uuid=AEYjoguD.
GIOTTO, il bacio di Giuda |
L'ho capito solo in parte
perché, nonostante la buona volontà del giornalista, entità come il carry
trade e il margin debt mi rimangono ignote, tuttavia
credo di aver afferrato un punto essenziale: per i mercati finanziari il bene (nella fattispecie: che l'occupazione
e i salari aumentino) è (o quantomeno può essere) male. Ora, quando succede questo, che il
bene sia considerato male (e viceversa), la paternità è sempre certa:
all'origine c'è lui, il maligno, il negatore della bontà infinita,
l'adulteratore della creazione (interpolator, lo chiamava Tertulliano),
la simia Dei che non sa creare nulla ma solo pervertire e
distruggere.
L'economia è una bellissima
cosa: altro che dismal science, come la definì Carlyle
nell'Ottocento, contrapponendole implicitamente la bellezza delle arti e della
letteratura. Un cristiano sa che non c'è
cosa più poetica che costruire una casa e amministrarle bene: e questo,
infatti, è il primo significato della parola greca οἰκονομία. Renzo Tramaglino è un
eroe cristiano perché, come dice Manzoni, «da quando aveva messi gli occhi
addosso a Lucia, era divenuto massaio, si trovava provvisto bastantemente, e
non aveva a contrastar con la fame»; Jacopo
Ortis è un eroe romantico (cioè un disgraziato) perché con tutti i suoi
spasimi per Teresa non saprebbe come mantenere una famiglia.
A Dio l'economia piace: nei vangeli Gesù ne parla
continuamente, e non c'è nel suo insegnamento alcuna traccia di disprezzo o di
ostilità verso la ricchezza (ci sono invece severi ammonimenti contro il suo cattivo
uso e c'è una realistica considerazione dei rischi che i ricchi corrono e della
scarsa probabilità che possano passare attraverso la cruna dell'ago); c'è la
valorizzazione della povertà, cioè dell'uso povero dei beni della terra, ma non
c' alcuna esaltazione del pauperismo. Arriva perfino a lodare certe forme di
lusso sfrenato, come quando Maria, la sorella di Lazzaro gli versa sui piedi
«una libbra» (vuol dire quasi tre etti e mezzo) di unguento di «vero nardo,
molto costoso» (così si esprime Gv 12,3: λίτραν μύρου νάρδου πιστικῆς πολυτίμου. Il senso dell'aggettivo pistikos è discusso,
ma probabilmente vuol dire che era nardo autentico, di prima qualità, non
un'imitazione). Una follia, che però gli fa piacere perché è fatta per Lui.
È Giuda, che doveva avere un master in
qualche università americana e aveva già letto Veblen, a biasimare il consumo ostentativo (conspicuous consumption) di Maria
suggerendo un investimento alternativo. «Perché quest'olio profumato
non si è venduto per trecento denari e non è stato dato ai poveri?» (Gv 12,5).
Si faccia attenzione alle parole: sa già il prezzo, ed è un lapsus che
rivela che quel che gli interessa sono i soldi. La chiosa di Giovanni, «disse così non perché gl'importasse dei poveri,
ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi
mettevano dentro» (Gv 12,6), non fa che certificarlo: in ambito cristiano, i poveri sono sempre messi in primo piano e presi
a pretesto per coprire gli interessi veri di chi vuole “fare affari”. Che è
quello che, probabilmente, voleva fare anche Giuda: se dice «trecento
denari» è perché ha già in mente una cifra che pensa di poter investire meglio
(per i poveri, si capisce!). Denaro che produce denaro: finanza.
Economia, invece,
oltre (e prima) che una virtuosa dimensione del vivere umano da Dio guardata
con approvazione, nel linguaggio patristico è una dimensione essenziale
dell'agire divino stesso.
In senso teologico, infatti, essa indica
l'unità del disegno divino sulla
creazione, il piano della salvezza che si svolge nella continua cura che la
divina Trinità ha per il mondo e per l'uomo al centro di esso. Tale economia
trinitaria non va intesa in alcun modo come qualcosa di “esterno” o di
“secondario” o di “accidentale” rispetto all'intima vita divina, come se nella
Trinità ci fossero un intra e un extra. Qui
il discorso sarebbe lungo e molto impegnativo e questo pezzo già durato troppo.
Segnalo, per chi volesse leggere qualcosa in proposito, questo articolo di un
caro amico, don Giulio Maspero: Storia e salvezza: il concetto di
oikonomia fino agli esordi del III secolo, in XXXIV Incontro di
studiosi dell’antichità cristiana, Pagani e cristiani alla ricerca della
salvezza (secoli I-III), Roma 5-7 maggio 2005, Editrice Institutum
Patristicum Augustinianum, Roma, 2006, pp.239-260.
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