Con
la penna e con la spada
Una
volta si diceva che ne uccide più la penna che la spada. In questo caso si
direbbe che è drammaticamente vero.
Le cause dei morti di Parigi sono due facce della stessa medaglia, dello stesso errore.
Le cause dei morti di Parigi sono due facce della stessa medaglia, dello stesso errore.
Da una parte una concezione religiosa che mira a sopprimere ogni cosa che sia diversa da se stessa; dall’altra una concezione laicista che afferma che tutto è permesso. Due interpretazioni della libertà che non rispettano la libertà.
Errate entrambe.
I redattori di Charlie Hebdo credevano di potere fare quello che volevano, ma si sono scontrati con la realtà. Nel mondo reale non tutto è possibile, e la pretesa che lo sia finisce in disillusione cinica. O in tragedia.
Sono i bambini a pretendere di essere invulnerabili. La scoperta di non esserlo riempie di terrore.
Ciò che alla cultura moderna non è chiaro
sono le conseguenze di quello che si fa. Il definire una cosa come
sbagliata non è una questione dogmatica, un giudizio distaccato e neutrale. Un
sentiero non lo definisci sbagliato per un giudizio morale, o astratto. Lo
definisci tale perché ti porta in un luogo che non è quello atteso.
Sia i terroristi sia le loro vittime odiano
il loro nemico. Disprezzano il proprio prossimo, quando non si adegua alla loro
convinzione.
Paradossalmente la stessa ideologia che ha sostenuto quei giornalisti e vignettisti rende adesso molto più difficile afferrare i loro omicidi, trovare la maniera di combattere il loro desiderio di distruzione di tutto ciò che non si conforma alla loro idea. Se non esistono bene e male allora anche predicare l’odio, in un modo o nell’altro, è ammesso. Quello che la rivista francese faceva nelle sue pagine, e che i terroristi hanno portato sul piano pratico.
E’ un drammatico dilemma, per la cultura laicista: perché tra il diventare succubi di un nemico che terrorizza e sradicarlo giacobinamente non ci sono vie di mezzo. Due facce della stessa medaglia, e la medaglia si rovescia molto in fretta.
Se
non si ammette la possibilità di una redenzione ci portiamo dietro il peso di
tutte le nostre scelte, i nostri errori. I nostri peccati. Siamo schiacciati, e
la sola maniera che abbiamo di respirare è fare finta che siano niente, che
vada tutto bene, che non pesino così tanto. Che in fondo la colpa, se pure c’è,
è di un altro.
La tolleranza, il chiudere gli occhi di
fronte al male, ha miseramente fallito. Perché il male chiama male, la violenza
altra violenza.
La tolleranza ha fallito perché è incapace di chiamare le cose con il loro nome. Ha fallito perché è una finzione a livello umano, sociale, esistenziale. Permette, anzi, incoraggia la crescita dell’odio. Con la penna, con la spada.
Assolutamente ciechi al dolore che si causa con le azioni o con il silenzio, quando avviene appena pochi chilometri più in là, o in un’altra stanza.
L’unica
salvezza sarebbe dire: abbiamo sbagliato. Sarebbe chiamare le cose con il
loro nome, prendere atto che le religioni non sono tutte uguali, che il Padre
disprezzato, umiliato, irriso è ancora un Padre che ci aspetta. Vedere che un
falso dio che spira violenza va in direzione opposta a quanto il cuore
desidera, a quello per cui il cuore è fatto.
Non ci sarebbe che da chiedere perdono per le nostre azioni e i nostri silenzi, per le nostre prese in giro e l’essere stati zitti mentre si uccideva, con la penna o con la spada. Con le barzellette e il kalashnikov.
Ci sarebbe misericordia per tutti: per le vittime, e anche per i loro assassini. Ci sarebbe volontà di fermare il male: senza odio, ma perché si deve.
Ma non avverrà. Perché, già lo vedete, è in
corso una chiamata ulteriore all’odio. A qualcuno non conviene che si
impari dagli errori.
E’ giusto quindi pregare per le vittime, e anche per i carnefici. E anche per tutti noi, che ancora non capiamo, che abbiamo paura di dire quello che è vero. Una paura folle, perché abbiamo perso il Padre che ci proteggeva, perché odiamo ciò che è diverso, la persona che ci è accanto, che ci può strappare dal nostro niente; e quindi crediamo che la sola soluzione sia rimanere esattamente dove siamo, come siamo.
A
morire ancora un poco, ammazzati oppure no.
Antonio\Berlicche
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