Un Papa coraggioso e da
troppi irriso, Benedetto XVI, in un discorso “con i rappresentanti della
scienza” a Ratisbona indicò all’Islam il modo per sciogliere il nodo proponendo
il modello adottato dal cristianesimo. “Non agire secondo ragione è contrario
alla natura di Dio, La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura
dell’anima”, dice Ratzinger il 12 settembre 2006 in quel discorso.
Per l’Islam Dio è
“assolutamente trascendente” e vive in una condizione di inconoscibilità (da
cui la blasfemia nel solo ritrarlo, figuriamoci nell’irriderlo con vignette)
che gli permette anche la libertà dell’irrazionalità.
Il Dio cristiano è Logos, è
ragione. Benedetto propone all’Islam l’apertura alla ragione, il sapersi far
attraversare dalla ragione. Benedetto cita l’Illuminismo. Già proprio
l’Illuminismo che tanta gloria ha dato alla Francia e in nome del quale
Benedetto e tutti i Papi potevano essere settimanalmente insultati da Charlie
Hebdo. Ma il cristianesimo dall’Illuminismo si è fatto attraversare e del rapporto
tra ragione e fede ha fatto il suo punto di forza. L’Islam no. Il nodo è qui.
Poi
c’è un Islam moderato, composto dalla stragrande maggioranza dei musulmani, che
non imbraccia il kalashnikov. Ma che adora Allah, Grande e Inconoscibile,
Violento e Vendicativo, e che non vuole o non può assumere una posizione di giudizio.
Se
ne esce solo partendo da Ratisbona e arrivando a Istanbul dove un altro Papa,
Francesco, ha invitato i leader islamici ad alzare alta la loro voce contro la
violenza islamica, non avendo paura di dire che “a causa di un gruppo
estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente – ma non solo – i
cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a
causa della loro identità etnica e religiosa. Sono stati cacciati con la forza
dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita
e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti,
simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni
traccia, ogni memoria dell’altro”. Francesco lo ha detto chiaro al Presidente
degli affari religiosi al Diyanet a Istanbul e lì ai capi islamici ha detto:
“In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni
della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore,
possiede un carattere sacro. Pertanto, la violenza che cerca una
giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è
Dio della vita e della pace. Da tutti coloro che sostengono di adorarlo, il
mondo attende che siano uomini e donne di pace, capaci di vivere come fratelli
e sorelle, nonostante le differenze etniche, religiose, culturali o
ideologiche”.
Così si scioglie il nodo, se i capi religiosi islamici con una forza e un’unità ad oggi non ascoltate
proclameranno “la più forte condanna” contro l’irrazionalità della violenza!
Se ne esce partendo da
Ratisbona e arrivando a Istanbul, chiedendo all’Islam prima di tutto di aprirsi
al confronto con la ragione, abbandonando la pretesa dell’adorazione letterale
del Corano. Poi pretendendo, in nome della ragione, la condanna definitiva
della violenza da parte di tutti i capi religiosi islamici.
L’Islam
uccide, a ogni latitudine: è tempo di andare alla radice di questa violenza e
inaridirla, impedirle qualsiasi nutrimento. Anche l’irrisione della religione
islamica e la marginalizzazione violenta dei musulmani nelle nostre città sono
nutrimento di quella radice. Non cadiamo nella trappola che i fondamentalisti
sanno benissimo azionare.
Per
il resto, salvaguardiamo la radice della nostra civiltà costruita attorno alla
libertà. Riscopriamo questa radice, che è cristiana, senza infingimenti.
Dall’azione dei cristiani può derivare la costruzione di ponti pacificatori.
Dobbiamo esserne consapevoli. Le dodici vittime dell’assalto a Charlie Hebdo
risveglino questa nostra consapevolezza.
Da Lacroce quotidiano
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