giovedì 15 gennaio 2015

C’È UNA SOLA STRADA E PARTE DA RATISBONA


 Un Papa coraggioso e da troppi irriso, Benedetto XVI, in un discorso “con i rappresentanti della scienza” a Ratisbona indicò all’Islam il modo per sciogliere il nodo proponendo il modello adottato dal cristianesimo. “Non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio, La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell’anima”, dice Ratzinger il 12 settembre 2006 in quel discorso.
Per l’Islam Dio è “assolutamente trascendente” e vive in una condizione di inconoscibilità (da cui la blasfemia nel solo ritrarlo, figuriamoci nell’irriderlo con vignette) che gli permette anche la libertà dell’irrazionalità.
Il Dio cristiano è Logos, è ragione. Benedetto propone all’Islam l’apertura alla ragione, il sapersi far attraversare dalla ragione. Benedetto cita l’Illuminismo. Già proprio l’Illuminismo che tanta gloria ha dato alla Francia e in nome del quale Benedetto e tutti i Papi potevano essere settimanalmente insultati da Charlie Hebdo. Ma il cristianesimo dall’Illuminismo si è fatto attraversare e del rapporto tra ragione e fede ha fatto il suo punto di forza. L’Islam no. Il nodo è qui.
Poi c’è un Islam moderato, composto dalla stragrande maggioranza dei musulmani, che non imbraccia il kalashnikov. Ma che adora Allah, Grande e Inconoscibile, Violento e Vendicativo, e che non vuole o non può assumere una posizione di giudizio.
Se ne esce solo partendo da Ratisbona e arrivando a Istanbul dove un altro Papa, Francesco, ha invitato i leader islamici ad alzare alta la loro voce contro la violenza islamica, non avendo paura di dire che “a causa di un gruppo estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente – ma non solo – i cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa della loro identità etnica e religiosa. Sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro”. Francesco lo ha detto chiaro al Presidente degli affari religiosi al Diyanet a Istanbul e lì ai capi islamici ha detto: “In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore, possiede un carattere sacro. Pertanto, la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace. Da tutti coloro che sostengono di adorarlo, il mondo attende che siano uomini e donne di pace, capaci di vivere come fratelli e sorelle, nonostante le differenze etniche, religiose, culturali o ideologiche”.
Così si scioglie il nodo, se i capi religiosi islamici con una forza e un’unità ad oggi non ascoltate proclameranno “la più forte condanna” contro l’irrazionalità della violenza!
Se ne esce partendo da Ratisbona e arrivando a Istanbul, chiedendo all’Islam prima di tutto di aprirsi al confronto con la ragione, abbandonando la pretesa dell’adorazione letterale del Corano. Poi pretendendo, in nome della ragione, la condanna definitiva della violenza da parte di tutti i capi religiosi islamici.
L’Islam uccide, a ogni latitudine: è tempo di andare alla radice di questa violenza e inaridirla, impedirle qualsiasi nutrimento. Anche l’irrisione della religione islamica e la marginalizzazione violenta dei musulmani nelle nostre città sono nutrimento di quella radice. Non cadiamo nella trappola che i fondamentalisti sanno benissimo azionare.
Per il resto, salvaguardiamo la radice della nostra civiltà costruita attorno alla libertà. Riscopriamo questa radice, che è cristiana, senza infingimenti. 
Dall’azione dei cristiani può derivare la costruzione di ponti pacificatori. Dobbiamo esserne consapevoli. Le dodici vittime dell’assalto a Charlie Hebdo risveglino questa nostra consapevolezza.

Da Lacroce quotidiano

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