OMELIA nella Solennità di MARIA SS.
MADRE DI DIO
Cattedrale di Ferrara – 1 gennaio 2015
Sia lodato Gesù Cristo!
Carissimi fratelli e sorelle, la liturgia di questo inizio anno - di questo nuova opportunità di tempo e di vita sotto la protezione della Vergine Maria Madre di Dio - pone davanti a noi importanti sfide che ci vedono protagonisti della missione e dell’evangelizzazione.
Carissimi fratelli e sorelle, la liturgia di questo inizio anno - di questo nuova opportunità di tempo e di vita sotto la protezione della Vergine Maria Madre di Dio - pone davanti a noi importanti sfide che ci vedono protagonisti della missione e dell’evangelizzazione.
San Paolo ci ha ricordato che “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal. 4, 4-5). L’evento dell’incarnazione è accaduto per noi, perché fossimo riscattati e restituiti alla nostra autentica umanità: non più schiavi della realtà, degli eventi, delle cose, delle tensioni, delle lacerazioni, dei progetti ideologici e delle scienze; non più soggetti al mondo in tutte le sue articolazioni ma figli di Dio ed eredi, per grazia di Dio.
Dunque la vita di Dio passa nella nostra vita e noi ne diventiamo i protagonisti, protagonisti della vita divina in noi e nel mondo. In forza di ciò, subito incomincia, mentre il Signore è ancora il bambino Gesù, - per Lui e per la Chiesa - il grande compito della missione e della testimonianza.
Cosa significa infatti essere eredi del Regno di Dio? Cosa vuol dire essere stati chiamati a parteciparvi in modo attivo, consapevole, libero, responsabile e creativo? Vuol dire vivere per dare testimonianza e investire la propria vita personale e sociale nella certezza che in Cristo, morto e risorto, è finalmente resa possibile agli uomini una vita autentica.
Gauguin, Il Cristo giallo |
Tocca a noi portare
Cristo dentro la vita degli uomini, nelle circostanze di ogni giorno,
incontrandoci e scontrandoci con quelle situazioni che si profilano - oggi come
allora - come obiezioni, come ostacoli, come rifiuti.
Tocca a noi testimoniare, in qualsiasi circostanza, che il Signore risorto è l’uomo nuovo che vive in mezzo a noi, dentro la profondità della nostra esistenza storica e carnale, che viene così trasformata in vita piena e trascinata nel compimento in noi della Sua resurrezione.
Tocca a noi testimoniare, in qualsiasi circostanza, che il Signore risorto è l’uomo nuovo che vive in mezzo a noi, dentro la profondità della nostra esistenza storica e carnale, che viene così trasformata in vita piena e trascinata nel compimento in noi della Sua resurrezione.
Questo è il nostro compito, il nostro cammino, e Dio può premiare tale testimonianza con esiti imprevedibili, così come Dio premiò la fede profonda e radicale di una piccola comunità come quella di Roma al tempo in cui Papa Leone fermò i barbari. Si trattava di una comunità forse inferiore di numero ad una media comunità parrocchiale della nostra diocesi, eppure Dio premiò quella fede facendo della chiesa un inizio di civiltà nuova, in cui i barbari venuti per distruggere furono accolti in essa diventandone parte viva e creativa.
Amici, come allora anche oggi il tempo storico in cui la chiesa è posta non può lasciarci indifferenti. Non possiamo tacere di fronte a una società in cui le aberrazioni stanno diventando la normalità; non possiamo tacere di fronte a questo regno dell’uomo che si sta creando sotto i nostri occhi, e che unisce la “dittatura del pensiero unico” ai grandi poteri economici mondiali per rendere l’uomo, le persone e i popoli, semplicemente oggetti di manipolazione la più diversificata - dalla vita personale a quella sociale. Di fronte a questo mondo ci corre l’obbligo di dire che non è quello di Dio e di Cristo. Questo mondo deve essere da noi decisamente rifiutato perché incompatibile con la vita umana piena che ci è stata donata.
Non potremo inoltre mai accettare di essere ridotti ad una delle infinite forme di religiosità destinate a dialogare fra di loro in una sorta di “ONU delle religioni” senza ritrovare un giorno l’impeto di quell’annuncio di Cristo unico redentore che stabilisce la differenza fra il cattolicesimo e qualsiasi altra forma di religiosità. Il nostro ideale di dialogo non è il dialogo ad oltranza ma si fonda sull’incremento della nostra fede e della nostra esperienza di chiesa: quanto più saranno forti la nostra fede e la vita ecclesiale, tanto più sarà possibile un dialogo libero, aperto, costruttivo e significativo con tutti coloro che si manifestano nell’ambito della vita culturale e sociale.
Fratelli e sorelle, il cammino della missione è un cammino prezioso, che dobbiamo custodire e svolgere ogni giorno, perché tutto quello che siamo è qui: “mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (cfr. At 1, 8).
Così sia.
+ Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa
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