Ecco l'articolo di Vittorio Messori, pubblicato dal Corriere della Sera il 24
dicembre,attaccato in modo furibondo da Repubblica e da alcune firme storiche del cattoprogressismo
Credo sia onesto ammetterlo subito: abusando, forse,
dello spazio concessomi, ciò che qui propongo, più che un articolo, è una
riflessione personale. Anzi, una sorta di confessione che avrei volentieri
rimandata, se non mi fosse stata richiesta. Ma sì, rimandata perché la mia (e
non solo mia) valutazione di questo papato oscilla di continuo tra adesione e
perplessità, è un giudizio mutevole a seconda dei momenti, delle occasioni, dei
temi.
Un Papa non
imprevisto: per quanto vale, ero tra quelli che si attendevano un sudamericano e un uomo di pastorale, di esperienza
quotidiana di governo, quasi a bilanciare un ammirevole professore, un teologo
sin troppo raffinato per certi palati, quale l’amato Joseph Ratzinger. Un Papa
non imprevisto, dunque, ma che subito, sin da quel primissimo «buonasera», si è
rivelato imprevedibile, tanto da far ricredere via via anche qualche cardinale
che era stato tra i suoi elettori.
Una imprevedibilità
che continua, turbando la tranquillità del cattolico medio, abituato a fare a menodi pensare in proprio, quanto a fede e costumi, ed esortato a limitarsi a
«seguire il Papa». Già, ma quale Papa? Quello di certe omelie mattutine a Santa
Marta, delle prediche da parroco all’antica, con buoni consigli e saggi
proverbi, con persino insistiti avvertimenti a non cadere nelle trappole che ci
tende il diavolo? O quello che telefona a Giacinto Marco Pannella, impegnato
nell’ennesimo, innocuo digiuno e che gli augura «buon lavoro», quando, da
decenni, il «lavoro» del leader radicale è consistito e consiste nel predicare
che la vera carità sta nel battersi per divorzio, aborto, eutanasia,
omosessualità per tutti, teoria di gender e così via? Il Papa che, nel discorso
di questi giorni alla Curia romana, si è rifatto con convinzione a Pio XII (ma,
in verità, a san Paolo stesso) definendo la Chiesa «corpo mistico di Cristo»? O
quello che, nella prima intervista a Eugenio Scalfari, ha ridicolizzato chi
pensasse che «Dio è cattolico», quasi che la Ecclesia una,
sancta, apostolica, romana fosse un optional, un accessorio da
agganciare o meno, a seconda del gusto personale, alla Trinità divina?
Il Papa argentino
consapevole, per diretta esperienza, del dramma dell’America Latina che si avvia adiventare un continente ex cattolico, con il passaggio
in massa di quei popoli al protestantesimo pentecostale? O il Papa che prende
l’aereo per abbracciare e augurare buoni successi a un amico carissimo, pastore
proprio in una delle comunità che stanno svuotando quella cattolica e proprio con
il proselitismo da lui condannato duramente nei suoi?
Si potrebbe
continuare, naturalmente, con questi aspetti che paiono — e forse sono davvero
—contraddittori. Si potrebbe, ma non sarebbe giusto, per un credente.
Questi, sa che non si guarda a un Pontefice come a un Presidente eletto di
repubblica o come a un re, erede casuale di un altro re. Certo, in conclave,
quegli strumenti dello Spirito Santo che, stando alla fede, sono i cardinali
elettori condividono i limiti, gli errori, magari i peccati che contrassegnano
l’umanità intera. Ma capo unico e vero della Chiesa è quel Cristo onnipotente e
onnisciente che sa un po’ meglio di noi quale sia la scelta migliore, quanto al
suo temporaneo rappresentante terreno. Una scelta che può apparire sconcertante
alla vista limitata dei contemporanei ma che poi, nella prospettiva storica,
rivela le sue ragioni.
Chi conosce davvero la
storia è sorpreso e pensoso nello scoprire che — nella prospettiva millenaria, che è quella della Catholica — ogni Papa,
consapevole o no che lo fosse, ha interpretato la sua parte idonea e, alla
fine, rivelatasi necessaria. Proprio per questa consapevolezza ho scelto , per
quanto mi riguarda, di osservare, ascoltare, riflettere senza azzardarmi in
pareri intempestivi se non addirittura temerari. Per rifarci a una domanda fin
troppo citata al di fuori del contesto: « Chi sono io per giudicare?». Io che —
alla pari di ogni altro, uno solo escluso — non sono certo assistito dal
«carisma pontificio», dall’assistenza pro- messa del Paraclito. E a chi volesse
giudicare, non dice nulla l’approvazione piena, più volte ripetuta — a voce e
per iscritto — dell’attività di Francesco da parte di quel «Papa emerito» pur
così diverso per stile, per formazione, per programma stesso?
Terribile è la responsabilità
di chi oggi sia chiamato a rispondere alla domanda: «Come annunciare ilVangelo ai
contemporanei? Come mostrare che il Cristo non è un fantasma sbiadito e remoto
ma il volto umano di quel Dio creatore e salvatore che a tutti può e vuole dare
senso per la vita e la morte?». Molte sono le risposte, spesso contrastanti.
Per quel poco che conta, dopo decenni di esperienza ecclesiale, io pure avrei
le mie, di risposte. Avrei, dico: il condizionale è d’obbligo perché niente e
nessuno mi assicura di avere in- travisto la via adeguata. Non rischierei forse
di essere come il cieco evangelico, quello che vuole guidare altri ciechi,
finendo tutti nella fossa?
Così, certe scelte
pastorali del «vescovo di Roma», come preferisce chiamarsi, mi convincono; maaltre mi lascerebbero
perplesso, mi sembrerebbero poco opportune, magari sospette di un populismo
capace di ottenere un interesse tanto vasto quanto superficiale ed effimero.
Avrei da osservare alcune cose a proposito di priorità e di contenuti, nella
speranza di un apostolato più fecondo. Avrei, penserei: al condizionale, lo
ripeto, come esige una prospettiva di fede dove chiunque anche laico (lo
ricorda il Codice canonico) può esprimere il suo pensiero, purché pacato e
motivato, sulle tattiche di evangelizzazione.
Lasciando però
all’uomo che è uscito vestito di bianco dal Conclave la strategia generale e,soprattutto, la
custodia del «depositum fidei». In ogni caso, non dimenticando quanto Francesco
stesso ha ricordato proprio nel duro discorso al- la sua Curia: è facile, ha
detto, criticare i preti, ma quanti pregano per loro? Volendo anche ricordare
che egli, sulla Terra, è il «primo» tra i preti. E, dunque, chiedendo, a chi
critica, quelle preghiere di cui il mondo ride ma che guidano, in segreto, il
destino della Chiesa e del mondo intero.
NOTA
PER CHI vuole approfondire ecco la nota di oggi di Messori sul suo blog
http://www.vittoriomessori.it/blog/2015/01/04/a-boff-ed-agli-altri-critici-che-non-hanno-letto/
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