di Mons. Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara
03-01-2015
da lanuovabussola quotidiana
Ho sempre avuto e ho una grande ammirazione per il
cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, perché in molte
occasioni è intervenuto su questioni di carattere culturale e sociale, parlando
innanzitutto da italiano prima ancora che da cattolico o da arcivescovo. Non
per niente il sottotitolo della sua straordinaria autobiografia è “Confessioni
di un italiano cardinale”.
Con lo stesso spirito intendo
intervenire sulla vicenda delle due giovani volontarie italiane rapite in Siria
di cui abbiamo visto l’immagine in questi giorni. È un intervento dettato
fondamentalmente dalla preoccupazione di richiamare a tutti i nostri
concittadini un evento che mi sembra decisamente emblematico di quello che sta
accadendo o che può accadere nella nostra disattenzione, piaggeria, ipocrisia.
Il confronto tra la fotografia delle due
volontarie prima della partenza per la Siria e quella resa pubblica in questi
giorni è devastante. Sono due mondi assolutamente diversi. Da una parte c’è il
mondo di chi era lieto della vita, aveva interessi, valori, capacità di
sacrificio e di dedizione, emanava quel sano gusto dell’esistenza e
dell’impresa, del tentare, del sacrificarsi, che rappresentano una delle
caratteristiche antropologiche fondamentali del nostro popolo. Un popolo che è
capace di grandi cose nello spazio dei rapporti personali, familiari e sociali,
come dimostra quella dedizione che vediamo tutti i giorni prodigata nei
confronti di quanti arrivano sulle nostre coste, sbattuti o strumentalizzati da
una perversa politica alleata dello scafismo.
Dall’altra è il mondo nero, senza
colori. Abiti che intristiscono e imprigionano la persona, occhi bassi,
apparentemente nessuna reazione, personalità sfuggenti o forse già sfuggite al
grande quotidiano interesse della vita. Cioè ridotte in schiavitù. E ritorna
quel sentimento che per secoli il nostro popolo ha provato nei confronti della
minaccia che appariva inesorabile a scadenze fisse, da parte di questo mondo
islamico che voleva la sottomissione fisica, morale, politica di quelli che
razziava e portava a morire; a vivere e a morire senza storie e senza dignità
nella schiavitù delle grandi città islamiche.
I nostri concittadini dovrebbero
guardare con attenzione la prima foto e quest'ultima e lodevolmente
molti direttori di giornali le hanno pubblicate appaiate. Sulla nostra società
incombe la possibilità della riduzione, della distruzione dei valori
fondamentali su cui abbiamo giocato la nostra esistenza, personale e di popolo.
Per questa volontà di vivere bene, per questa gioiosità dell’esistenza, per
questa serietà di rapporti, per questa capacità di dedizione, per questa
volontà di ricerca, per questo desiderio di partecipare in maniera creativa al
bene comune della società.
Questa è la ricchezza della nostra tradizione occidentale, in particolare della nostra tradizione italiana. Bene lo aveva intravisto, anzi bene lo aveva conosciuto e se ne ne era fatto più di una volta portatore il papa emerito Benedetto XVI, soprattutto in quel formidabile discorso alla Chiesa italiana tenuto a Verona nel 2006 (clicca qui).
Dall’altra parte c’è stata una società a senso unico, unificata negli abiti, nei costumi, unificata da quello sguardo sfuggente perché è lo sguardo di chi ha paura: incombe il nemico-padrone che afferma il suo potere su di noi.
Questa è la ricchezza della nostra tradizione occidentale, in particolare della nostra tradizione italiana. Bene lo aveva intravisto, anzi bene lo aveva conosciuto e se ne ne era fatto più di una volta portatore il papa emerito Benedetto XVI, soprattutto in quel formidabile discorso alla Chiesa italiana tenuto a Verona nel 2006 (clicca qui).
Dall’altra parte c’è stata una società a senso unico, unificata negli abiti, nei costumi, unificata da quello sguardo sfuggente perché è lo sguardo di chi ha paura: incombe il nemico-padrone che afferma il suo potere su di noi.
Ci pensino bene soprattutto i giovani abituati, addirittura
in modo scriteriato, a una libertà di vita, di costumi, di divertimenti, di
abitazioni. Ci pensino bene. In un certo contesto finirà presto tutta questa
libertà di espressione e comincerà il rigore della prigione, una società fatta
prigione come aveva intuito in maniera formidabile Vasilij Grossman in alcune
pagine del suo capolavoro “Vita e destino”.
Non ditemi: eh, quante osservazioni sul confronto tra
due fotografie. Ci sono nella vita di una persona, così come di un popolo, dei
fatti emblematici: ebbene, il confronto tra queste due fotografie è un fatto
emblematico. È meglio che nessuno tenti di voltarsi dall’altra parte perché
questo confronto ci perseguiterà: non per i prossimi giorni, ma certamente per
i prossimi anni.
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POSTILLA
Greta
Ramelli e Vanessa Marzullo, nella foto a fianco, presa durante una
manifestazione antisiriana, reggono un cartello su cui è scritto: “Agli eroi di liwa Shuhada,
grazie per l’ospitalità e se Dio vuole vedremo la città di Idlib libera quando
ritorneremo”.
cos’è l‘Itihad Liwa Shuhada Badr ?
Il suo capo è Qalid bin Ahmad Siraj Ali (alias Qalid Hayani).
Il gruppo è dedito a saccheggi e
altri crimini contro i civili nella provincia di Aleppo.La
liwa Shuhada Badr controlla due centri di tortura soprannominati “Guantanamo” e
“Abu Ghraib”, dove detengono avversari politici, militanti baathisti e civili
rapiti nei quartieri settentrionali di Aleppo.
La liwa Shuhada Badr è attivamente impegnata nella
lotta contro la locale popolazione di origine curda, ed è nota per l’uso dei
famigerati “cannoni inferno”, armi che lanciano grosse bombole di gas caricate
di TNT, utilizzate contro i quartieri filo-Baath di Aleppo.
Ad
aprile, una coalizione di attivisti siriani per i diritti civili di Aleppo
aveva definito Hayani un “macellaio” avendo bombardato i civili, incoraggiato i
suoi uomini a violentare le donne e i prigionieri, per aver saccheggiato e
distrutto le industrie, laboratori e negozi di Aleppo per venderne il materiale
alle imprese turche. La liwa Shuhada Badr controllava parte dei quartieri
settentrionali di Aleppo Shayq Maqsud, Bani Zayd, al-Qaldiya e Ashrafiya e
dispiega parte dei suoi circa 3000 islamisti oltre che ad Aleppo anche a Hayan, Bayanun e Haraytan. A giugno, il gruppo terroristico ha bombardato i
quartieri occidentali di Aleppo, filo-governativi, in risposta alle elezioni
presidenziali siriane.
Non si
può ignorare in definitiva che le due ragazze andavano a supportare la 'causa'
degli islamisti radicali , proprio il volto scuro di cui parla negativamente
Negri. E ci possiamo porre la domanda: sono solo ragazze ingenue?
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