Tra la libertà e l’America
di ROCCO BUTTIGLIONE
Era considerato uno dei maggiori
pensatori cattolici statunitensi Michael Novak, morto a Washington il 17
febbraio. Nato a Johnstown, in Pennsylvania, il 9 settembre 1933, Novak aveva
seguito da Roma per il «National Catholic Reporter» il concilio e da questa
esperienza era nato il libro The Open Church (1964). Diplomatico, filosofo e
teologo, è stato autore di decine di scritti, tra cui The Spirit of Democratic
Capitalismo (1982), che ebbe un notevole impatto sui dibattiti politici degli
anni ottanta, e “The Catholic Ethic and the Spirit of Capitalism” (1993), nel
quale riafferma la centralità dell’uomo e il potenziale dell’economia di
mercato. Dall’opera di Jacques Maritain, di cui era grande ammiratore, trasse
la propria concezione della persona umana. In un lungo articolo pubblicato nel
1990 su «First Things» lo definisce «il vero architetto della tradizione
cattolica moderna sia in Europa che in America latina». Al grande pensatore
francese Novak riconosceva il grande merito di aver elaborato le fondamenta
della democrazia liberale con un linguaggio aristotelico, ancorandolo alla
concezione tomista della legge naturale. (solène tadié)
Ha amato la Chiesa
e ha amato l’America. Era convinto che questi due amori fossero perfettamente
compatibili l’uno con l’altro e anzi che la Chiesa avesse bisogno dell’America
e che l’America avesse bisogno della Chiesa.
L’America di
Michael Novak era il paese del libero mercato, in cui ognuno con i suoi sforzi
era in grado di guadagnarsi da vivere e, magari, anche di fondare un impero
industriale.
Era un paese in cui
lo Stato faceva poche cose, ma bene, e una grande massa di bisogni sociali
trovavano risposta attraverso la libera iniziativa delle associazioni e delle
comunità, e in modo particolare delle Chiese. Era convinto che la libera
iniziativa fosse il motore dell’economia e della società, diffidava dello Stato
e, naturalmente, era contrario al socialismo.
Credeva nella
solidarietà ma era contrario ad affidarne la realizzazione allo Stato. È stato
uno dei protagonisti intellettuali della rivoluzione reaganiana che ha ridato
forza all’economia americana e al primato degli Stati Uniti nel mondo. Era
orgoglioso di essere amico di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher. È stato
forse (insieme con Richard John Neuhaus) il primo cattolico vissuto e sentito
come una guida intellettuale non solo dei cattolici ma di tutto il popolo
americano.
Poi è venuta
l’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II. Il Pontefice riconosce senza
riserve il valore della libertà, e anche della libertà economica. La libertà
però esiste per rendere possibile il dono di sé nell’amore, per costruire
comunità. E nessun uomo può essere abbandonato al suo destino anche se non
riesce a farcela con le sue sole forze. La libertà è legata intrinsecamente con
la solidarietà. La libera iniziativa e anche il capitale esistono per rendere
possibile il lavoro, il lavoro per tutti. L’economia di mercato ha bisogno di
essere sostenuta e limitata da sistemi etici, giuridici e religiosi per
impedire che la persona umana sia fatta a pezzi dai meccanismi del mercato.
Michael Novak fu
subito entusiasta di questa enciclica, si diede da fare per diffonderla negli
Stati Uniti e anche nei paesi dell’Est ai quali era legato a causa della sua
origine slovacca. Diceva che il Papa aveva capito sino in fondo il cuore
dell’America, ma che proprio per questo le poneva anche una sfida etica a cui
essa non si poteva sottrarre: quella di costruire una società più giusta.
Giovanni Paolo II
lo volle conoscere e da allora il suo orgoglio più grande fu quello di essere
un amico del Papa. Questo incontro lo indusse a sviluppare alcuni temi che non
erano del tutto assenti nel suo pensiero precedente ma non avevano certo il
rilievo che poi hanno preso.
La parola
“capitalismo” non ha lo stesso significato negli Stati Uniti e in America
latina. Negli Stati Uniti significa libertà di impresa. In America latina
significa il monopolio di élite ristrette che si impadroniscono di tutte le
risorse e mantengono grandi masse umane in condizioni di indigenza e di
semischiavitù.
Anche nei paesi più avanzati si va affermando
in questi ultimi decenni un altro tipo di capitalismo che vuole fare denaro con
il denaro, senza investire e senza creare occupazione, lavoro e benessere per
tutti. Ha vinto l’occidente la sfida etica lanciata da Giovanni Paolo II?
Sembra proprio di no.
Michael Novak è
stato un testimone cristiano nel suo tempo, attento a tutti questi sviluppi.
Proprio questo lo ha indotto a entrare in un dialogo simpatetico con il
magistero di Papa Francesco che proprio questa crisi dell’occidente denuncia
con inesausta energia. L’ultima volta che l’ho visto eravamo a Steubenville,
alla Franciscan University dove insegnavamo insieme un corso breve. Abbiamo
parlato per una settimana del Papa venuto dall’America latina, delle molte
incomprensioni ma anche delle grandi potenzialità di questo pontificato per gli
Stati Uniti. Ancora la Chiesa e l’America, i suoi grandi amori, e la fede come
anima dell’America. È impossibile ricordare Michael Novak senza dire una parola
su Karen, la moglie che tanto lo ha amato e che lui ha tanto amato. Adesso è
tornato insieme con lei nel regno dei cieli dove sboccano alla fine tutti gli
amori veri.
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