LA SCONFITTA
DELLA CLINTON È LA SCONFITTA DELLE ELITE MEDIATICHE, IL VERO PARTITO DI
OPPOSIZIONE A TRUMP
Nell’attacco conformista dei media a
Trump c’è un bersaglio polemico speciale: Stephen K. Bannon, lo stratega del nuovo
presidente.
I media – che hanno militato per Hillary Clinton
– hanno fatto di lui una sorta di “uomonero”, un Rasputin, ricorrendo ai più
stantii codici della demonizzazione.
D’altronde i media sono parte dell’establishment
e come tali sono trattati da Trump e da Bannon. Il quale Bannon è un tipo che
si rivolge al “New York
Times” e agli altri fogli liberal affermando che sono “media delle élite” e non
hanno “nessuna autorità”
per dire ciò che gli americani vogliono dal nuovo presidente.
Bannon
afferma che il sistema mediatico è stato letteralmente “umiliato” dal voto
degli americani ed è oggi – di fatto – “il
partito di opposizione” dell’attuale amministrazione.
Aggiunge che “i media dovrebbero essere
imbarazzati e umiliati” per
lo smacco subito e dovrebbero “tenere la bocca chiusa per un
po’ ” per “imparare ad ascoltare”.
Perché essi
“non capiscono questo paese
e continuano a non capire il motivo per cui Donald Trump è il presidente degli
Stati Uniti”.
Il risultato
delle elezioni – prosegue – dimostra che “i media d’élite hanno sbagliato al
100 per cento, hanno avuto
torto marcio” e la vittoria di Trump è stata per loro “una
sconfitta umiliante che non potranno mai lavare via, che sarà sempre lì”. Ecco
perché – dice Bannon – “non
avete più il potere. Siete stati umiliati”.
CHI E’ STEVE BANNON
E’ ovvio che un tipo simile sia detestato dal sistema mediatico.
Ma non si capisce perché i giornali italiani lo demonizzano scimmiottando quelli americani
e non hanno la minima curiosità di capire il suo pensiero.
Intanto va detto che viene da una famiglia irlandese, di operai, cattolici
ed elettori democratici. Dettagli molto importanti per capire
il Bannon di oggi.
Il quale ha un curriculum di tutto rispetto:
laurea in pianificazione urbana, poi master alla Georgetown University, quindi
un MBA con lode alla Harvard Businnes School. Si arruola come ufficiale nella
Marina, poi approda alla Goldman Sachs, la potentissima banca d’affari dove
capisce come funzionano le élite, quindi va a lavorare a Los Angeles nel mondo
della produzione e della distribuzione e nel 2012 diventa executive chairman di
“Breitbart”
facendone uno dei più importanti network conservatori: è vicino al “Tea party”, contro il
“politically correct” dei liberal, contro l’aborto e pure contro
l’establishment repubblicano che – come i democratici – non si cura dei
“dimenticati” e del massacro sociale provocato dalla globalizzazione e dalla
crisi.
Nel 2016 diventa coordinatore della campagna elettorale di
Trump e oggi è membro del Consiglio per la Sicurezza nazionale.
C’è una sintesi del suo pensiero in
una conferenza tenuta nel
2014 all’Istituto “Dignitatis humanae”, vicino al card. Burke.
IL SUO PENSIERO
Provo a riassumere. Il benessere
diffuso dal capitalismo
nelle società occidentali deriva dai suoi fondamenti giudaico cristiani.
Sennonché “cento anni fa (nel 1914)
l’attentato di Sarajevo dette inizio al grande macello della Prima Guerra
mondiale che segnò la fine dell’epoca vittoriana e l’inizio del secolo più sanguinoso nella
storia del genere umano. Fino a quell’attentato il mondo era in
pace. C’era commercio, c’era la globalizzazione, c’era lo scambio tecnologico…
e la fede cristiana era predominante in tutta Europa. Sette settimane più tardi
c’erano cinque milioni di uomini in uniforme e dopo trenta giorni si contava
già un milione di vittime”.
Così sono arrivati i totalitarismi.
“Quella guerra” dice Bannon “ha innescato un secolo di barbarie senza
precedenti nella storia dell’umanità. Dai
180 ai 200 milioni di persone sono state uccise nel XX secolo. Siamo figli di
quella barbarie che in futuro sarà considerata un’epoca oscura”.
Secondo Bannon “ciò che ci ha
portato fuori” da essa non è stato solo l’eroismo americano sulle spiagge della
Normandia, ma la cultura
giudaico-cristiana che ha combattuto la barbarie ateista.
Il capitalismo ci ha dati i mezzi e
la ricchezza per riportare la pace e per dare il benessere ai popoli, ma un
capitalismo animato dalla cultura giudaico-cristiana.
Oggi siamo alla crisi del
capitalismo, dell’occidente, della cultura giudaico-cristiana e della fede.
Bannon sosteneva, nel 2014, che
siamo alle fasi iniziali di “un conflitto molto brutale e sanguinoso” e se non
lotteremo per la nostra fede, tutti insieme, “contro questa nuova barbarie”
sarà sradicato “tutto ciò che ci è stato lasciato in eredità nel corso degli
ultimi 2.500 anni”.
Bannon ricorda, per esempio, che “siamo in guerra aperta contro il
fascismo islamico jihadista”, che si è diffuso in Africa e “sta
per venire in Europa”.
DIVERSI CAPITALISMI
Poi spiega che ci sono nel mondo diversi tipi di capitalismo.
C’è quello “sostenuto dallo
Stato” in Cina.
Inoltre in Occidente si è imposto –
dopo il ’68 – “un
capitalismo del tutto estraneo ai fondamenti spirituali e morali del
cristianesimo e della cultura giudaico-cristiana”.
Esso guarda alle persone come
“materie prime”, come merce ed è andato di pari passo con “l’immensa
secolarizzazione dell’occidente”.
Bannon parla delle élite
globalizzate (“il partito
di Davos”) e sostiene che il governo americano ha fatto pagare il botto della bolla speculativa
del 2008 non a loro, ma al ceto medio e alle classi popolari.
Da questa crisi del
capitalismo si può uscire solo – secondo Bannon – tornando ai suoi fondamenti
morali e spirituali, alle sue radici giudaico-cristiane che hanno dato pace e
prosperità alle nazioni, ai ceti medi e popolari.
Un pensiero non banale. Che i media
preferiscono ignorare.
Antonio Socci
Da “Libero”, 12 febbraio 2017
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