L’IDEOLOGIA DEL LIVORE
C’è davvero qualcosa che non torna se, di fronte al terrorismo islamico che
giura guerra (e la fa) all’America e all’Europa, un presidente che cerca di
regolare l’accesso alle frontiere viene additato
come xenofobo dal direttore del giornale dei vescovi in un editoriale di
martedì. C’è certamente qualcosa che non quadra se chi chiude temporaneamente
le entrate ad alcuni paesi dove le ambasciate Usa (come ha spiegato sulla NBQ Stefano Magni) non hanno la
possibilità di controllare le identità dei richiedenti asilo, mentre la nostra
gente viene uccisa a suon di Kamikaze, viene praticamente additato da Marco
Tarquinio come un senza cuore. Peggio, come un mostro paragonabile al capo dei
Jihadisti al Bagdadi che ha posto sulle case dei cristiani la “N” di Nazareno
per dare il via a una carneficina. Soprattutto c’è qualcosa di sospetto, dato
che il direttore di Avvenire non può non sapere che Trump ha
promesso di proteggere i cristiani, concedendo loro asili speciali e
chiamandone parecchi nella sua squadra di governo. Ancor più difficile credere
che sia all'oscuro del fatto che nel 2013 Obama restrinse gli accessi a questi
paesi, non per tre, come ha chiesto Trump, ma per ben sei mesi.
D’accordo la critiche sull’opportunità o meno di certe politiche. Come, ad esempio, quella del patriarca
iracheno Louis Sako, che ha sconsigliato la corsia preferenziale per i
cristiani preoccupato di ulteriori ritorsioni sulla comunità locale (colpa di
Trump che li vuole accogliere o delle polemiche incendiate dalla stampa?), ma il livello di livore sulle pagine di
quelli che demonizzano i muri in nome del dialogo appare davvero ingiustificabile.
Soprattutto se si pensa, anche se si preferisce tacerlo, che la guerra
all'Occidente è stata dichiarata ed è solo all'inizio.
LA NOMINA DI GORSUCH ALLA CORTE SUPREMA
: UNO STRENUO DIFENSORE DELLA LEGGE NATURALE
Dentro un quadro simile si comprende dunque il successivo imbarazzo di
fronte a un "al Bagdadi come Trump", che il giorno successivo
all’editoriale di Tarquinio ha chiesto la nomina alla Corte Suprema di Neil
Gorsuch, uno strenuo difensore della legge naturale:“Un giudice conservatore
per la Corte suprema”, ha titolato Avvenire sottolineando le
critiche anticlericali e femministe sul fatto che Gorsuch sarebbe “contro i
lavoratori” e “ostile ai diritti delle donne”, piuttosto che ricordare la sua difesa della libertà religiosa in
diverse cause, tra cui quella delle Little Sister of the Poor. L’ordine di
suore che assistono la popolazione americana più bisognosa e che Obama voleva
bloccare nella loro attività solo perché contrarie all’aborto e alla
contraccezione. Ad aggravare lo
smarrimento è lo spazio esiguo dato alla notizia dei provvedimenti del
presidente contrari all’aborto e quella dell’invio storico, per la prima volta
da quando l’aborto è legale in Usa, del suo vice Mike Pence alla Marcia per la
Vita di Washigton, per dire “a nome del Presidente degli Stati Uniti (…) Siate certi, ma certi, che insieme a voi,
noi non ci stancheremo, non avremo pace finché non avremo ripristinato una
cultura della vita in America”.
L’IDEOLOGIA POLITICA DI AVVENIRE
A questo punto, però, è inevitabile chiedersi cosa rappresenta di così pericoloso Trump, per
suscitare in chi ama parlare di “ponti” un astio tanto irrazionale da falsificare
la realtà? L’editoriale di Tarquinio descrive, usando i termini irenisti e
semplicisti dell’ideologia globale, del sogno di una “casa comune” che vieta di
ergere “muri” , accusando Trump di disinteresse per i “poveri” . Ora, a parte
il fatto che il direttore di Avvenire non può non sapere che
la classe media americana è scomparsa sotto la presidenza del liberal Obama,
e non può nemmeno non porsi qualche domanda davanti all’odio che nutrono per le
ricette del neo eletto presidente le multinazionali e i "big" della
Silicon Valley , in questo modo la voce dei vescovi viene ridotta a politica. Un quotidiano espressione dell’episcopato
dovrebbe infatti preoccuparsi più che altro di evangelizzare, leggendo i fatti
alla luce della fede in Gesù Cristo e del suo Magistero, che ha il compito di
difendere l’uomo da un potere che odia i princìpi della vita e della famiglia.
Quelli che la Chiesa ha sempre riconosciuto come gli unici non negoziabili nel
valutare la politica, perché strettamente legati alla difesa della fede e
perché unico antidoto al potere mondano.
ANNULLARE LA CHIESA NEL MULTICULTURALISMO E NELLA GLOBALIZZAZIONE
Assumere invece il linguaggio della globalizzazione, dell’ideologia
multiculturale, significa servire
queste due filosofie diaboliche che mirano a livellare tutte le identità a una,
quella dell’Occidente laico che vuole appiattire l’uomo ai suoi istinti per
farne uno schiavo. E sì che la dottrina
sociale della Chiesa mette in guardia dal pacifismo e dall’egualitarismo
ricordando che non c’è uguaglianza senza riconoscimento di situazioni
differenti, che non esiste dialogo senza identità forti, che non c’è prosperità
senza valorizzazione della propria economia. Che non si ottiene stabilità senza
difesa dei confini, anche quando non piacesse alla Germania che fa da bandiera
alla globalizzazione per soggiogare gli altri paesi europei, come ha denunciato
martedì il consigliere economico di Trump, Peter Navarro. Ma si sa che svelare
certe cose spaventa quanti strizzano l’occhio a chi è espressione di quel
potere e a chi, come Gentiloni, ha twittato contro Trump: “Società aperta,
identità plurale, nessuna discriminazione”. Proprio secondo l’utopia descritta
che ha ben poco a che fare con il realismo cristiano di una pace sofferta e che
si ottiene anche combattendo.
Solo un cristianesimo che perde l’orizzonte verticale e che mira ad espandersi attraverso la tattica fatta di silenzi
sulla verità, nell’illusione di allargare la sua cerchia di consensi, può arrivare all'odio di sé e di chiunque
gli ricordi la sua vera identità.
Eppure questa pare la mentalità che va per la maggioranza fra i vertici
della Chiesa che, mentre accusano quanti difendono i princìpi non negoziabili
di tentazione egemonica (peccato che non ci sia nulla di più socialmente
invalidante oggi), dimenticano la fede nell’Aldilà per un piatto di lenticchie servito
da chi usa l’umanitarismo per distruggere i popoli. Siamo dunque al paradosso
di una fetta di cristiani pro Trump che, combattendo per un posto lassù, si
sente più rappresentata da un presidente che promette di arginare l’ideologia
dei nemici della fede (si può ancora usare questa parola e chiedere di essere
difesi senza accuse di integrismo tipico delle personalità deboli?), che dai
loro pastori "accoglienti". E attualmente più indaffarati a fare
politica e schierarsi contro un presidente americano che, ridando speranza alla
Chiesa militante messa all'angolo, mette in crisi il loro piano mondano di
assicurarsi un posto quaggiù.
di Benedetta Frigerio02-02-2017
Nota: I sottotitoli sono del blog
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