domenica 13 gennaio 2013

FIGLIO DI DUE MADRI

di Stefano Spinelli


Non c’è pace per la famiglia. Non passa giorno senza che vi sia un attacco all’istituto familiare. Si è appena finito di commentare il caso dell’ospedale di Padova, che ha sostituito la qualifica di “padre” sul braccialetto destinato – appunto – al padre del neonato, con quella di “partner”, termine che consente di considerare padre anche la compagna della madre. E subito si apre un altro fronte.

La Cassazione ha infatti confermato l’affidamento di un bambino – conteso tra il padre, immigrato mussulmano, e la madre, che era andata a vivere con una compagna, assistente sociale della comunità di tossicodipendenti in cui, anni prima, era andata a disintossicarsi – alla coppia formata dalle due donne. Peraltro anche il padre si era allontanato da casa quando il bimbo aveva appena 10 mesi sottraendosi anche agli incontri protetti.

Ciò che lascia interdetti è la motivazione dei giudici: “non ci sono certezze scientifiche: è un pregiudizio che avere due madri sia dannoso per lo sviluppo del bambino”.

Non ho voglia di commentare la certezza incrollabile che sostiene la Suprema Corte, ossia che avere due madri non sarebbe dannoso per lo sviluppo del bambino. Mi viene solo da dire che, se non ci sono certezze scientifiche, non si capisce sulla base di quali altre certezze si sorregga l’affermata certezza sul presunto possibile sano sviluppo del bambino cresciuto da due madri.

Alla presunta mancanza di certezze scientifiche (che invece ci sono, visto che "studi scientifici importanti ci dicono che il bambino che cresce con una coppia omosessuale è ad alto rischio di problemi psicosomatici, neuropsichiatrici e di depressione, senza contare la confusione nell'orientamento sessuale", come ha spiegato Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale), evidentemente si sopperisce ora con le affermate certezze giudiziali. Mah! Non mi pare proprio un cambio molto sensato.

Probabilmente l’uomo da sempre non ha capito nulla se, sin dall’inizio dei tempi, sin da quando si ha notizia della comparsa dell’essere umano sulla terra, egli ha individuato nella famiglia il luogo di crescita felice, consapevole e pienamente umana dei figli.

E non è una questione cattolica. Sin da quando l’uomo è apparso sulla terra la sua esperienza originaria è stata quella di formarsi una famiglia.

Ora, a coloro che esultano per questa decisione, come il senatore PD Ignazio Marino (per il quale “la Corte ha sancito un principio di civiltà: la capacità di crescere un figlio non è prerogativa esclusiva della coppia eterosessuale, ma riguarda anche le coppie omosessuali e i single. E’ un dato confermato dalla scienza”), vorrei far presente che egli ha scambiato una sentenza, che è comunque frutto di una valutazione soggettiva, per verità scientifica. E vorrei chiedergli da dove gli viene questa inossidabile convinzione della conquista di civiltà. Davvero ritiene che il bene del bambino - al quale deve essere commisurata ogni scelta che lo riguarda, come espressamente affermato dalla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino -  sia quello di crescere con due madri? Non è invece più probabile che l’affermata conquista di civiltà non sia altro che il piegarsi del maggior interesse del bambino all’interesse costituito dal desiderio delle due donne ad essere madri a tutti i costi?

Cominciano ad essere molti i casi in cui, nella nostra società, chi non ha voce viene espropriato di tutto, vita e felicità.

Non si giochi con le parole e – quel che è peggio – con la vita delle persone. Non si utilizzi strumentalmente questa decisione per legittimare l’ideologia che crescere in famiglia e crescere con due persone dello stesso sesso, per un bambino sia la medesima cosa.

Sarebbe un grave vulnus, un grave attentato alla civiltà umana. Proprio il contrario di una conquista di civiltà.

Avv. Stefano Spinelli

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