Non c’è pace per la famiglia.
Non passa giorno senza che vi sia un attacco all’istituto familiare. Si è
appena finito di commentare il caso dell’ospedale di Padova, che ha sostituito la
qualifica di “padre” sul braccialetto destinato – appunto – al padre del
neonato, con quella di “partner”, termine che consente di considerare padre
anche la compagna della madre. E subito si apre un altro fronte.
La Cassazione ha infatti
confermato l’affidamento di un bambino – conteso tra il padre, immigrato
mussulmano, e la madre, che era andata a vivere con una compagna, assistente
sociale della comunità di tossicodipendenti in cui, anni prima, era andata a
disintossicarsi – alla coppia formata dalle due donne. Peraltro anche il padre
si era allontanato da casa quando il bimbo aveva appena 10 mesi sottraendosi
anche agli incontri protetti.
Ciò che lascia interdetti è la
motivazione dei giudici: “non ci sono certezze scientifiche: è un pregiudizio
che avere due madri sia dannoso per lo sviluppo del bambino”.
Non ho voglia di commentare la
certezza incrollabile che sostiene la Suprema Corte, ossia che avere due madri
non sarebbe dannoso per lo sviluppo del bambino. Mi viene solo da dire che, se
non ci sono certezze scientifiche, non si capisce sulla base di quali altre certezze
si sorregga l’affermata certezza sul presunto possibile sano sviluppo del
bambino cresciuto da due madri.
Alla presunta mancanza di
certezze scientifiche (che invece ci sono, visto che "studi scientifici importanti ci dicono che il bambino che
cresce con una coppia omosessuale è ad alto rischio di problemi psicosomatici,
neuropsichiatrici e di depressione, senza contare la confusione
nell'orientamento sessuale", come ha spiegato Giuseppe Di Mauro,
presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale), evidentemente si sopperisce ora
con le affermate certezze giudiziali. Mah! Non mi pare proprio un cambio molto
sensato.
Probabilmente l’uomo da sempre
non ha capito nulla se, sin dall’inizio dei tempi, sin da quando si ha notizia
della comparsa dell’essere umano sulla terra, egli ha individuato nella
famiglia il luogo di crescita felice, consapevole e pienamente umana dei figli.
E non è una questione
cattolica. Sin da quando l’uomo è apparso sulla terra la sua esperienza
originaria è stata quella di formarsi una famiglia.
Ora, a coloro che esultano per
questa decisione, come il senatore PD Ignazio Marino (per il quale “la Corte ha
sancito un principio di civiltà: la capacità di crescere un figlio non è
prerogativa esclusiva della coppia eterosessuale, ma riguarda anche le coppie
omosessuali e i single. E’ un dato confermato dalla scienza”), vorrei far
presente che egli ha scambiato una sentenza, che è comunque frutto di una
valutazione soggettiva, per verità scientifica. E vorrei chiedergli da dove gli
viene questa inossidabile convinzione della conquista di civiltà. Davvero
ritiene che il bene del bambino - al quale deve essere commisurata ogni scelta
che lo riguarda, come espressamente affermato dalla Convenzione ONU del 1989
sui diritti del bambino - sia quello di
crescere con due madri? Non è invece più probabile che l’affermata conquista di
civiltà non sia altro che il piegarsi del maggior interesse del bambino
all’interesse costituito dal desiderio delle due donne ad essere madri a tutti
i costi?
Cominciano ad essere molti i
casi in cui, nella nostra società, chi non ha voce viene espropriato di tutto,
vita e felicità.
Non si giochi con le parole e
– quel che è peggio – con la vita delle persone. Non si utilizzi
strumentalmente questa decisione per legittimare l’ideologia che crescere in
famiglia e crescere con due persone dello stesso sesso, per un bambino sia la
medesima cosa.
Sarebbe un grave vulnus, un
grave attentato alla civiltà umana. Proprio il contrario di una conquista di
civiltà.
Avv. Stefano Spinelli
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