Come ogni anno, il 7 gennaio Benedetto XVI ha incontrato i rappresentanti
del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, e ha loro rivolto un
denso discorso relativo ai grandi temi della politica internazionale.
Interessante notare come i titoli delle agenzie di stampa abbiano dato rilievo
quasi solo agli accenni alla crisi economica - che non sono mancati -, mentre
il Papa ha presentato tutti i grandi temi della dottrina sociale della Chiesa,
nell'ordine di priorità che è tipico del suo Magistero.
Il Papa ha iniziato, rivolgendosi a diplomatici, con una considerazione
preliminare. I diplomatici dovrebbero perseguire la pace. Ma non c'è pace senza
verità e senza giustizia, anche se «oggi si è indotti talvolta a pensare che la
verità, la giustizia e la pace siano utopie e che esse si escludano
mutuamente». Oggi infatti domina il relativismo, per cui «conoscere la verità
sembra impossibile e gli sforzi per affermarla appaiono sfociare spesso nella
violenza». Per il relativista «l’impegno per la pace si riduce alla ricerca di
compromessi». Per l'uomo di fede, al contrario, non solo la pace deriva dalla
verità, ma «esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace
degli uomini sulla terra, così che la pace non sorge da un mero sforzo umano,
bensì partecipa dell’amore stesso di Dio. Ed è proprio l’oblio di Dio, e non la
sua glorificazione, a generare la violenza».
Certo, molti pensano che la pace non abbia nulla a che fa con la religione
e con Dio: ma «in realtà, senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda
del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi
per la pace». Naturalmente, ha proseguito il Pontefice, quella che favorisce la
pace è una religione rettamente intesa, che garantisca l'armonia fra fede e
ragione, da non confondersi con il fondamentalismo, quel «pernicioso fanatismo
di matrice religiosa» dove la fede nega la ragione e che non è che «una
falsificazione della religione».
E il Papa ha voluto mettere in guardia dai rischi che queste falsificazioni fondamentaliste della religione fanno correre alle minoranze cristiane e al bene comune in genere in Siria, in Palestina, in Libano, in Egitto, in Nigeria e in Mali, Paese quest'ultimo di cui una parte del territorio è controllato da terroristi legati ad al-Qa'ida e per cui Benedetto XVI, con una critica neppure troppo velata dell'inefficienza dell'ONU, ha chiesto «un efficace interessamento da parte della comunità internazionale».
E il Papa ha voluto mettere in guardia dai rischi che queste falsificazioni fondamentaliste della religione fanno correre alle minoranze cristiane e al bene comune in genere in Siria, in Palestina, in Libano, in Egitto, in Nigeria e in Mali, Paese quest'ultimo di cui una parte del territorio è controllato da terroristi legati ad al-Qa'ida e per cui Benedetto XVI, con una critica neppure troppo velata dell'inefficienza dell'ONU, ha chiesto «un efficace interessamento da parte della comunità internazionale».
Dopo questa premessa, il Papa ha invitato a rileggere ancora una volta
quella che altri hanno definito la sua «piccola enciclica» sulla politica, il
recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2013, dove è presentato
un programma di tutela dei diritti fondamentali della persona umana, esposti
nel loro corretto ordine. Come sempre
«in primo piano» - e prima di ogni altro diritto - vengono i principi non
negoziabili della vita, della famiglia e della libertà di educazione.
Anzitutto, dunque, «il rispetto della vita umana, in ogni sua fase».
Il Papa si rallegra che «una Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, nel gennaio dello scorso anno, abbia chiesto la proibizione dell’eutanasia, intesa come uccisione volontaria, per atto o omissione, di un essere umano in condizioni di dipendenza». Ma constata «con tristezza» che non sempre questa Risoluzione è stata presa sul serio e che «in diversi Paesi, anche di tradizione cristiana, si è lavorato per introdurre o ampliare legislazioni che depenalizzano o liberalizzano l’aborto», che non è mai lecito.
Il Papa si rallegra che «una Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, nel gennaio dello scorso anno, abbia chiesto la proibizione dell’eutanasia, intesa come uccisione volontaria, per atto o omissione, di un essere umano in condizioni di dipendenza». Ma constata «con tristezza» che non sempre questa Risoluzione è stata presa sul serio e che «in diversi Paesi, anche di tradizione cristiana, si è lavorato per introdurre o ampliare legislazioni che depenalizzano o liberalizzano l’aborto», che non è mai lecito.
Nello stesso campo della vita, «la recente decisione della Corte
Interamericana dei Diritti Umani relativa alla fecondazione in vitro, che
ridefinisce arbitrariamente il momento del concepimento e indebolisce la difesa
della vita prenatale, è ugualmente fonte di preoccupazione».
Quanto alla famiglia, in Occidente oggi «vi sono numerosi equivoci sul significato dei diritti umani e dei doveri ad essi correlati. Non di rado i diritti sono confusi con esacerbate manifestazioni di autonomia della persona, che diventa autoreferenziale, non più aperta all’incontro con Dio e con gli altri, ma ripiegata su se stessa nel tentativo di soddisfare i propri bisogni. Per essere autentica, la difesa dei diritti deve, al contrario, considerare l’uomo nella sua integralità personale e comunitaria». In terzo luogo, sempre «vale la pena di sottolineare come l’educazione», di cui vanno garantite la libertà e la qualità, sia a sua volta una via necessaria per la vera «costruzione della pace».
Quanto alla famiglia, in Occidente oggi «vi sono numerosi equivoci sul significato dei diritti umani e dei doveri ad essi correlati. Non di rado i diritti sono confusi con esacerbate manifestazioni di autonomia della persona, che diventa autoreferenziale, non più aperta all’incontro con Dio e con gli altri, ma ripiegata su se stessa nel tentativo di soddisfare i propri bisogni. Per essere autentica, la difesa dei diritti deve, al contrario, considerare l’uomo nella sua integralità personale e comunitaria». In terzo luogo, sempre «vale la pena di sottolineare come l’educazione», di cui vanno garantite la libertà e la qualità, sia a sua volta una via necessaria per la vera «costruzione della pace».
In modo originale, il Pontefice inserisce la tematica della crisi economica nella trattazione del
terzo principio non negoziabile, che non riguarda solo la difesa delle scuole
non statali, ma la possibilità che sia impartita un'integrale educazione ai
valori. A ben vedere, afferma Benedetto XVI, quando è venuta meno questa
educazione integrale ci si è cominciati ad avviare verso la crisi, perché
«troppo spesso è stato assolutizzato il profitto, a scapito del lavoro, e ci si
è avventurati senza freni sulle strade dell’economia finanziaria, piuttosto che
di quella reale».
La crisi economica dunque è, alla radice, crisi educativa, e si cura anche con
una libertà di educazione che permetta e valorizzi percorsi dove s'insegni «il
senso del lavoro e di un profitto ad esso proporzionato», dove si educhi «a
resistere alle tentazioni degli interessi particolari e a breve termine, per
orientarsi piuttosto in direzione del bene comune». E rivolto in particolare
all'Unione Europea, il Papa ha aggiunto che «se preoccupa l’indice
differenziale tra i tassi finanziari, dovrebbero destare sgomento le crescenti
differenze fra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri.
Si tratta, insomma, di non rassegnarsi allo “spread del benessere sociale”,
mentre si combatte quello della finanza».
Dopo i tre principi non negoziabili, il Pontefice ha richiamato quello che
appare sempre più spesso nel suo Magistero come il quarto principio, o
l'orizzonte dei primi tre: la libertà
religiosa. «La pace sociale - ha detto - è messa in pericolo anche da
alcuni attentati alla libertà religiosa: talvolta si tratta di
marginalizzazioni della religione nella vita sociale; in altri casi di
intolleranza, o persino di violenza nei confronti di persone, di simboli
identitari e di istituzioni religiose. Capita anche che ai credenti - e ai
cristiani in modo particolare - sia impedito di contribuire al bene comune con
le loro istituzioni educative ed assistenziali».
Sulla scia di documenti di alcuni episcopati - in particolare, degli Stati Uniti e del Canada, il Pontefice ha precisato che la libertà religiosa in Occidente è oggi messa in pericolo da leggi che tentano di limitare «il diritto all’obiezione di coscienza», che - precisano tali documenti - non riguardano solo i medici e l'aborto, ma anche i farmacisti e gli anticoncezionali ovvero gli ufficiali di stato civile - sindaci e altri - e i matrimoni omosessuali.
Sulla scia di documenti di alcuni episcopati - in particolare, degli Stati Uniti e del Canada, il Pontefice ha precisato che la libertà religiosa in Occidente è oggi messa in pericolo da leggi che tentano di limitare «il diritto all’obiezione di coscienza», che - precisano tali documenti - non riguardano solo i medici e l'aborto, ma anche i farmacisti e gli anticoncezionali ovvero gli ufficiali di stato civile - sindaci e altri - e i matrimoni omosessuali.
«Questa “frontiera” della libertà - ha detto il Papa a tocca dei principi
di grande importanza, di carattere etico e religioso, radicati nella dignità
stessa della persona umana. Essi sono come i “muri portanti” di ogni società
che voglia essere veramente libera e democratica. Pertanto, vietare l’obiezione
di coscienza individuale ed istituzionale, in nome della libertà e del
pluralismo, paradossalmente aprirebbe invece le porte proprio all’intolleranza
e al livellamento forzato».
Ricordando ancora una volta il cinquantenario dell’enciclica «Pacem in
terris» del beato Giovanni XXIII (1881-1963), Benedetto XVI cita il passo di quel
documento secondo cui la pace è «solo suono di parole» se non è integrata dalla
carità. «La carità non sostituisce la giustizia negata, ma d’altra parte la
giustizia non supplisce la carità rifiutata».
«La Chiesa pratica quotidianamente la carità nelle opere assistenziali, quali ospedali e dispensari, ed educative, quali orfanotrofi, scuole, collegi, università, nonché con l’assistenza fornita alle popolazioni in difficoltà, specialmente durante e dopo i conflitti» e in occasione di calamità naturali, fra le quali il Papa ha voluto ricordare il terremoto in Emilia. Fa parte della libertà religiosa assicurare alla Chiesa la piena possibilità di svolgere questo servizio secondo i suoi metodi e i suoi principi.
«La Chiesa pratica quotidianamente la carità nelle opere assistenziali, quali ospedali e dispensari, ed educative, quali orfanotrofi, scuole, collegi, università, nonché con l’assistenza fornita alle popolazioni in difficoltà, specialmente durante e dopo i conflitti» e in occasione di calamità naturali, fra le quali il Papa ha voluto ricordare il terremoto in Emilia. Fa parte della libertà religiosa assicurare alla Chiesa la piena possibilità di svolgere questo servizio secondo i suoi metodi e i suoi principi.
Vita, famiglia, educazione, libertà religiosa. È l'«Agenda Ratzinger» - se vogliamo
chiamarla così - che il Pontefice non si stanca di ricordare in ogni occasione.
Senza dimenticare l'appello ai politici perché non chiudano mai la loro porta
all'apertura al trascendente e a Dio. Benedetto XVI ha concluso ricordando, con
il cinquantenario del Concilio Ecumenico Vaticano II, il «Messaggio ai
governanti» che il venerabile Paolo VI (1897-1978) - per la prima volta il
Pontefice ha ricordato Papa Montini con questo titolo, che gli ha riconosciuto
il 20 dicembre 2012 - indirizzò ai capi delle nazioni al termine del Concilio.
Vi si legge: «Tocca a voi essere sulla terra i promotori dell’ ordine e della
pace tra gli uomini. Ma non lo dimenticate: è Dio (…) il grande artefice
dell’ordine e della pace sulla terra».
Di Massimo Introvigne
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