Lettera di Caffarra a Maria Grazia, la bimba ritrovata nel “letamaio”
Lettera aperta del cardinale arcivescovo di Bologna
alla piccola trovata in un cassonetto a Bologna. «Il tuo vagito entri nella
coscienza di ciascuno di noi fino in fondo, e dentro la nostra città»
Carlo Caffarra, cardinale arcivescovo di Bologna, ha
scritto sulle pagine del settimanale Avvenire Bologna Sette una lettera aperta a
Maria Grazia, la bambina trovata due settimana fa in un cassonetto sotto le
finestre dell’arcivescovado. La piccola, soccorsa da due passanti che, nei
primi istanti l’avevano scambiata per un cucciolo di animale, è stata salvata
in extremis dai due soccorritori e il fatto ha sconvolto la città.
Sulle pagine del quotidiano, il cardinale si rivolge a
lei scrivendole: «Cara Maria Grazia, sei stata buttata nei rifiuti sotto la mia
finestra, vicino alla mia casa. Eri diventata qualcosa di troppo; un di più di
cui bisognava disfarsi. Come è potuto accadere? Perché non sei stata guardata
con gli occhi dell’amore, forse resi ciechi da un indicibile dramma. E quando
non guardo l’altro con questi occhi, esso diventa un residuo da cui liberare la
realtà. Un rifiuto di cui disfarsi».
Il cardinale ripercorre i momenti del salvataggio:
«Sei stata salvata perché il tuo vagito ha trovato ascolto nel cuore paterno di
due uomini buoni. Il tuo vagito vale più di tutti i nostri calcoli egoistici,
perché ha gridato che nessuna persona può essere rifiutata. Ci ha ricordato che
l’intero universo è meno prezioso di te, anche quando vagivi in mezzo ai
rifiuti; è meno prezioso di una sola persona umana. Grazie per avercelo
ricordato dal fondo di un letamaio. Il tuo vagito entri nella coscienza di
ciascuno di noi fino in fondo, e dentro la nostra città».
Ma quel “letamaio” non è stato visto solo da occhi
umani. «Il cassone dell’immondizia posto sotto la mia finestra – scrive
Caffarra – fu guardato con occhi pieni di amore da Dio stesso, perché in esso
c’era la sua immagine. Non rinunciamo più alla verità che ci è stata svelata
dal tuo vagito: nessuna persona è da buttare, perché in ogni persona è presente
un mistero da venerare. Tanti sono passati davanti a quel cassonetto. Io stesso
lo vedo ogni volta che mi affaccio alla finestra. Continueremo a vivere dimenticando
chi siamo, e come fossimo tante solitudini pressate l’una contro l’altra?».
«Eppure – conclude il cardinale – ancora mi attraversa
il tuo vagito, che indica la verità di cui andiamo affannosamente in cerca, nei
nostri giorni divenuti tristi. Grazie, piccola bambina, perché ascoltando il
tuo pianto ho imparato ancora più intimamente cosa significhi essere padre:
prendersi cura di ciascuno perché nessuno sia più sfigurato. Che la nostra
città percorra, guidata dal tuo vagito, l’intero cammino che porta dalla
solitudine all’amore. Che il tuo vagito sia il dolore di chi ha generato in noi
la coscienza della nostra umanità, e ci ha fatto sentire il peso specifico di
essere persone: per sempre. Grazie, piccola madre di noi tutti».
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