Aneliamo la pace, siamo fatti per la pace, come ci ha ricordato a inizio anno Papa Benedetto XVI.
Eppure la crisi sembra assorbire tutte le nostre energie, uscire dalla crisi sembra la parola d'ordine che rende lecita ogni azione di governo, anche la più repressiva e recessiva.
Ma
qual è la vera natura della nostra crisi? "... quella cui siamo di fronte è una gravissima crisi
di carattere culturale. [...] E’ un vuoto, è un vuoto che si ammanta
di perbenismo, di rispettabilità, di sviscerata devozione alle istituzioni
sociali da cui deriverebbero tutti i diritti. In pratica siamo tornati
all’assolutismo di stato, all’assolutismo della società, i diritti non sono
recepiti dall’uomo nell’ambito della sua coscienza nel confronto aperto con il
mistero, con Dio. No, i diritti sono quelli che la società riconosce, promuove.
[...] E non ci si illuda di perseguire così il bene comune. Il bene comune -
che è una realtà ampia e variegata che si attua in certe precise condizioni di
carattere sociale - è l’espressione di un cuore più profondo. E Il cuore più
profondo sono i valori non negoziabili."
E' così che viviamo nel paradosso:
l'Italia e l'occidente sono a favore dei diritti umani ma contro la dignità umana (perciò si fa tanta fatica...). Si vuole uscire
dalla crisi (che si capisce essere anche antropologica) ma si mantiene un
atteggiamento ostile alla libertà umana, senza alcuna simpatia per l'uomo.
"I mass media – recuperando una
bellissima immagine di Benedetto XVI in Germania – hanno fatto piovere sulla
nostra fede e sul nostro popolo la pioggia acida di questa ideologia del
massmediaticamente corretto", bendandoci gli occhi e ovattandoci le
orecchie.
Neanche
ci accorgiamo, ad esempio, che gli sforzi a favore della fine del conflitto
siriano sono rifiutati o ostacolati dall'Italia: mentre si accetta
l’embargo devastante imposto alle popolazioni già colpite dalla guerra e
che quel poco di grano ancora a
disposizione sia saccheggiato e venduto ai turchi. Si accetta
che l’odio settario si scateni controchiunque non sia dalla
propria parte e si accetta che l’odio salga, finché secoli di
convivenza siano dimenticati così che l’uomo non rappresenti più nulla, niente
di meno chepasto per cani: questo
è il segno della vittoria? Questo è il segno della nostra civiltà?
No, è il segno della menzogna che sotto la giustificazione di un falso umanitarismo pretende di dar vita ad una realtà plasmata secondo le proprie idee ed i propri interessi. E’ un odio così grande arriva a distruggere le proprie case, il terreno dove poggiano gli stessi piedi.
No, è il segno della menzogna che sotto la giustificazione di un falso umanitarismo pretende di dar vita ad una realtà plasmata secondo le proprie idee ed i propri interessi. E’ un odio così grande arriva a distruggere le proprie case, il terreno dove poggiano gli stessi piedi.
Da tali fondamenta non potrà mai essere
generata pace e democrazia perché la
più grande ricchezza per il popolo siriano è la tradizione di un popolo che
attraverso secoli di reciproca comprensione ha portato a
quella convivenza viva (unico e più grande bene, più grande della democrazia),
che via via si sta distruggendo: la sua tradizione, la sua storia. E’
quel valore che noi chiamiamo ‘tradizione’ e che Napolitano ha chiamato
‘coesione sociale’. Un valore comunque invocato tante volte per il nostro
paese, ma preteso altrove con le armi, con il rifiuto del negoziato, mettendo
in atto atti irresponsabili che generano vittime tra la gente inerme.
La
civiltà si ricostruisce ripartendo come è accaduto in Europa da San Benedetto, un cuore contemplativo intorno a cui si
ricostituisce un popolo unitario fatto di monaci, famiglie, laici, lavoro,
preghiera, amore al reale totale.
Solo così si può sperare, altrimenti “Il giorno in cui arriverà la pace”, arriverà al prezzo di “tanti animi distrutti e angosciati, pieni di odio e di vendetta l’uno contro l’altro”, sono le parole di mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo. Nelle sue parole riecheggiano quelle del Santo Padre: "Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano, a quella falsa pace che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta verso il ripiegamento su se stessi, verso un’esistenza atrofizzata vissuta nell’indifferenza. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza."
Solo così si può sperare, altrimenti “Il giorno in cui arriverà la pace”, arriverà al prezzo di “tanti animi distrutti e angosciati, pieni di odio e di vendetta l’uno contro l’altro”, sono le parole di mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo. Nelle sue parole riecheggiano quelle del Santo Padre: "Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano, a quella falsa pace che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta verso il ripiegamento su se stessi, verso un’esistenza atrofizzata vissuta nell’indifferenza. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza."
Ovunque per una ‘primavera’ non bastano
tutte le armi del mondo. Ci vogliono uomini di pace che facilitino la riconciliazione ed il
bene comune. E' questo il motivo della presenza dei cristiani in Medio
Oriente: non è per un mero ricordo storico (era la terra di
Gesù e san Paolo) ma perchè la Chiesa è una, respira dello stesso cuore e se
spariscono loro spariamo pure noi come coscienza di Cristo presente, anima del
mondo.
Vietatoparlare socio
di SamizdatOnLine
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