
Nulla
garantisce che l’esperienza americana relativa alla libertà religiosa così come
tradizionalmente la conosciamo, prima ancora di poter servire come un modello
per altri Paesi, possa sopravvivere negli stessi Stati Uniti. La Costituzione
degli Stati Uniti (…) resterà solo un pezzo di carta se i cittadini non la
tengono viva con le loro convinzioni e la loro testimonianza vissuta. Eppure nelle
istituzioni, nei media, nel mondo accademico, nel mondo degli affari e, più in
generale, nella cultura americana, sembra che molti dei nostri leader non
guardino più alla fede religiosa come a un fattore sociale sano e positivo. È
una triste tendenza visibile nell’ambivalenza della Casa Bianca di Obama verso
le violazioni diffuse della libertà religiosa (…). Alla luce di quanto detto
vorrei condividere quattro punti (…).
LA RADICE SACRA DELL’AMERICA. Prima di tutto, il modello
americano di libertà religiosa è radicato nel pensiero e nella struttura ideale
della tradizione umanista cristiana. Non possiamo capire l’assetto delle
istituzioni americane (…) se non riconosciamo che esse si sono sviluppate a
partire da una visione del mondo prevalentemente cristiana (…). Qualunque cosa
essa diventi in futuro, l’America è nata protestante, una cosa che gli
osservatori stranieri sembrano spesso comprendere meglio degli americani.
Dietrich Bonhoeffer, il grande teologo tedesco e pastore luterano ucciso dal
Terzo Reich, negli anni Trenta insegnò per un periodo a New York (…) «La
democrazia americana – diceva Bonhoeffer – non è fondata sull’uomo emancipato
ma, al contrario, sul regno di Dio e sulla limitazione da parte della sovranità
di Dio di tutti i poteri mondani». (…) Il nostro sistema funziona precisamente
in virtù dei presupposti morali che lo sorreggono. Quei presupposti morali
hanno una base religiosa.

PIU’ DI UNA QUESTIONE PRIVATA. Nel modello americano, la religione
è più di una questione privata tra il singolo credente e Dio. La religione è
essenziale per le virtù necessarie di un popolo libero. I gruppi religiosi sono
tenuti a dare un contributo vitale al tessuto sociale della nazione. (…) i
Padri Fondatori americani erano d’accordo sul fatto che un popolo libero non
può rimanere tale e auto-governarsi senza la fede religiosa e i valori che
questa promuove. Le famose parole che John Adams (2°presidente degli Usa, ndr)
rivolse nel 1789 alla milizia del Massachusetts sono emblematiche: «La nostra
Costituzione è stata fatta solo per un popolo morale e religioso. Essa è del
tutto inadeguata al governo di qualsiasi altro tipo di popolo». Quando i Padri
fondatori parlavano di religione intendevano qualcosa di molto più impegnativo
e vigoroso della vaga “spiritualità” oggi in voga negli Stati Uniti (…). In
altre parole, la religione contava a livello personale e sociale. Era più di
una scelta privata. Faceva vivere le persone in modo diverso. La fede delle
persone aveva vaste implicazioni, anche di tipo politico. Fin dall’inizio, i
credenti – da soli o nelle comunità – hanno plasmato la storia americana
semplicemente cercando di vivere la loro fede nel mondo (…). In altre parole,
l’esperienza americana di libertà personale e pace civile è inconcepibile senza
un fondamento religioso. Ciò che noi crediamo di Dio determina ciò che crediamo
dell’uomo. Ciò che crediamo dell’uomo determina ciò che crediamo relativamente
al fine e alla struttura più adeguata della società umana (…) La fede, accolta
sinceramente o rifiutata sinceramente, ha delle conseguenze. Per questo, la
teologia e l’antropologia a lungo termine hanno serie implicazioni sociali e
politiche (…).
UN MODELLO PER ALTRI? Forzare questo modello su culture
non cristiane – come gli Stati Uniti hanno avuto modo d’imparare dall’amara
esperienza in Iraq – diventa un esercizio molto pericoloso (…). Tuttavia, credo
che i valori racchiusi nel modello americano tocchino il cuore umano in modo
universale. Il desiderio di libertà e dignità dell’uomo risiede in ogni essere
umano. Queste aspirazioni non sono culturalmente condizionate o il risultato
dell’imposizione di ideali americani o occidentali. Fanno parte di ognuno di
noi (…). Una legalità internazionale è possibile perché esiste un “diritto naturale”
inscritto nel cuore di ogni persona (…). Questi assunti sono al centro della
Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 (…). Il famoso articolo
18 della Costituzione recita che «ciascun individuo ha diritto alla libertà di
pensiero, di coscienza e di religione; questo diritto include la libertà di
cambiare religione o credenza, e la libertà, a livello individuale o in gruppo,
in pubblico e in privato, di manifestare la propria religione o credenza
nell’insegnamento, nella pratica, nel culto e nell’osservanza». In un certo
senso quindi, il modello americano è già stato applicato. Quello a cui
assistiamo oggi è un ripudio di quel modello da parte di regimi atei e di
ideologie laiche (…) La situazione globale è aggravata dall’inazione della
leadership nazionale americana che non promuove nel mondo una delle più grandi
qualità dell’America: la libertà religiosa (…) – il diritto di una persona di
lodare, pregare, insegnare e praticare ciò in cui crede liberamente, compreso
il diritto di cambiare o abbandonare il proprio credo liberamente – è una
pietra miliare della dignità umana. Nessuno, che agisca in nome di Dio o in
nome di qualche programma politico o ideologia, ha l’autorità per interferire
in quel diritto umano fondamentale. Questa è la promessa del modello americano.
I Padri fondatori americani, pur essendo per la maggior parte cristiani, non
cercavano alcun privilegio per sé. Non avrebbero costretto altri a credere a
ciò in cui loro stessi credevano. (…) Gli Stati Uniti sono nati, nelle parole
di James Madison, per essere «un rifugio per i perseguitati e gli oppressi di
ogni nazione e religione». In questo momento, in America, diamo l’impressione
di non rivendicare questa eredità, condividerla o comprenderla veramente. Penso
che un giorno potremmo svegliarci e vedere tutto ciò come una tragedia per noi
e per molti altri.
NOTA
QUESTO E' IL POST N.700
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