mercoledì 9 gennaio 2013

LA LIBERTA' RELIGIOSA RADICE DELL'AMERICA


Chaput arcivescovo di Philadelphia: «La negazione religiosa in Usa ci farà svegliare in una tragedia»
Tempi gennaio 4, 2013

Nulla garantisce che l’esperienza americana relativa alla libertà religiosa così come tradizionalmente la conosciamo, prima ancora di poter servire come un modello per altri Paesi, possa sopravvivere negli stessi Stati Uniti. La Costituzione degli Stati Uniti (…) resterà solo un pezzo di carta se i cittadini non la tengono viva con le loro convinzioni e la loro testimonianza vissuta. Eppure nelle istituzioni, nei media, nel mondo accademico, nel mondo degli affari e, più in generale, nella cultura americana, sembra che molti dei nostri leader non guardino più alla fede religiosa come a un fattore sociale sano e positivo. È una triste tendenza visibile nell’ambivalenza della Casa Bianca di Obama verso le violazioni diffuse della libertà religiosa (…). Alla luce di quanto detto vorrei condividere quattro punti (…).

LA RADICE SACRA DELL’AMERICA. Prima di tutto, il modello americano di libertà religiosa è radicato nel pensiero e nella struttura ideale della tradizione umanista cristiana. Non possiamo capire l’assetto delle istituzioni americane (…) se non riconosciamo che esse si sono sviluppate a partire da una visione del mondo prevalentemente cristiana (…). Qualunque cosa essa diventi in futuro, l’America è nata protestante, una cosa che gli osservatori stranieri sembrano spesso comprendere meglio degli americani. Dietrich Bonhoeffer, il grande teologo tedesco e pastore luterano ucciso dal Terzo Reich, negli anni Trenta insegnò per un periodo a New York (…) «La democrazia americana – diceva Bonhoeffer – non è fondata sull’uomo emancipato ma, al contrario, sul regno di Dio e sulla limitazione da parte della sovranità di Dio di tutti i poteri mondani». (…) Il nostro sistema funziona precisamente in virtù dei presupposti morali che lo sorreggono. Quei presupposti morali hanno una base religiosa.

IL DESTINO SACRO DELL’UOMO. Al centro del modello americano di libertà religiosa vi è una visione della sacralità e del destino della persona umana religiosamente ispirata. (…) Nel modello americano, la persona umana non è un prodotto della natura o dell’evoluzione. Non è una creatura dello Stato o dell’economia. E perciò non è neanche lo schiavo di un paradiso impersonale. L’uomo è innanzitutto e fondamentalmente un essere religioso dotato di un valore intrinseco, di libero arbitrio di diritti inalienabili. È creato a immagine di Dio, da Dio, per Dio. Poiché siamo nati per Dio, a Dio apparteniamo. Qualunque pretesa di Cesare nei nostri confronti, per quanto importante, è secondaria. Nella visione dei Padri (…) I nostri diritti vengono da Dio, non dallo Stato, che si giustifica solo nella misura in cui protegge quei diritti naturali, li promuove e li difende. (…) È significativo ciò che James Madison (4°presidente degli Usa, ndr) disse nel 1785 nel suo Memorial and Remonstrance against Religious Assesments: «[il dovere dell’uomo di onorare Dio] precede sia in ordine temporale sia per grado di obbligo le pretese della società civile. Un uomo, prima ancora di essere considerato un membro della società civile dev’essere considerato un suddito del Governatore dell’universo». Questo è il motivo per cui la libertà religiosa è la prima e la più importante libertà dell’umanità. Il nostro primo governatore è Dio (…) abbiamo un destino religioso. Il nostro diritto di perseguire questo destino precede lo Stato. Ogni tentativo di sopprimere il nostro diritto di rendere culto, predicare, insegnare, praticare, organizzare e impegnarci pacificamente nella società a causa della nostra fede in Dio è un attacco non solo alla pietra angolare della dignità umana ma anche all’identità dell’esperienza americana.

PIU’ DI UNA QUESTIONE PRIVATA. Nel modello americano, la religione è più di una questione privata tra il singolo credente e Dio. La religione è essenziale per le virtù necessarie di un popolo libero. I gruppi religiosi sono tenuti a dare un contributo vitale al tessuto sociale della nazione. (…) i Padri Fondatori americani erano d’accordo sul fatto che un popolo libero non può rimanere tale e auto-governarsi senza la fede religiosa e i valori che questa promuove. Le famose parole che John Adams (2°presidente degli Usa, ndr) rivolse nel 1789 alla milizia del Massachusetts sono emblematiche: «La nostra Costituzione è stata fatta solo per un popolo morale e religioso. Essa è del tutto inadeguata al governo di qualsiasi altro tipo di popolo». Quando i Padri fondatori parlavano di religione intendevano qualcosa di molto più impegnativo e vigoroso della vaga “spiritualità” oggi in voga negli Stati Uniti (…). In altre parole, la religione contava a livello personale e sociale. Era più di una scelta privata. Faceva vivere le persone in modo diverso. La fede delle persone aveva vaste implicazioni, anche di tipo politico. Fin dall’inizio, i credenti – da soli o nelle comunità – hanno plasmato la storia americana semplicemente cercando di vivere la loro fede nel mondo (…). In altre parole, l’esperienza americana di libertà personale e pace civile è inconcepibile senza un fondamento religioso. Ciò che noi crediamo di Dio determina ciò che crediamo dell’uomo. Ciò che crediamo dell’uomo determina ciò che crediamo relativamente al fine e alla struttura più adeguata della società umana (…) La fede, accolta sinceramente o rifiutata sinceramente, ha delle conseguenze. Per questo, la teologia e l’antropologia a lungo termine hanno serie implicazioni sociali e politiche (…).

UN MODELLO PER ALTRI? Forzare questo modello su culture non cristiane – come gli Stati Uniti hanno avuto modo d’imparare dall’amara esperienza in Iraq – diventa un esercizio molto pericoloso (…). Tuttavia, credo che i valori racchiusi nel modello americano tocchino il cuore umano in modo universale. Il desiderio di libertà e dignità dell’uomo risiede in ogni essere umano. Queste aspirazioni non sono culturalmente condizionate o il risultato dell’imposizione di ideali americani o occidentali. Fanno parte di ognuno di noi (…). Una legalità internazionale è possibile perché esiste un “diritto naturale” inscritto nel cuore di ogni persona (…). Questi assunti sono al centro della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 (…). Il famoso articolo 18 della Costituzione recita che «ciascun individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; questo diritto include la libertà di cambiare religione o credenza, e la libertà, a livello individuale o in gruppo, in pubblico e in privato, di manifestare la propria religione o credenza nell’insegnamento, nella pratica, nel culto e nell’osservanza». In un certo senso quindi, il modello americano è già stato applicato. Quello a cui assistiamo oggi è un ripudio di quel modello da parte di regimi atei e di ideologie laiche (…) La situazione globale è aggravata dall’inazione della leadership nazionale americana che non promuove nel mondo una delle più grandi qualità dell’America: la libertà religiosa (…) – il diritto di una persona di lodare, pregare, insegnare e praticare ciò in cui crede liberamente, compreso il diritto di cambiare o abbandonare il proprio credo liberamente – è una pietra miliare della dignità umana. Nessuno, che agisca in nome di Dio o in nome di qualche programma politico o ideologia, ha l’autorità per interferire in quel diritto umano fondamentale. Questa è la promessa del modello americano. I Padri fondatori americani, pur essendo per la maggior parte cristiani, non cercavano alcun privilegio per sé. Non avrebbero costretto altri a credere a ciò in cui loro stessi credevano. (…) Gli Stati Uniti sono nati, nelle parole di James Madison, per essere «un rifugio per i perseguitati e gli oppressi di ogni nazione e religione». In questo momento, in America, diamo l’impressione di non rivendicare questa eredità, condividerla o comprenderla veramente. Penso che un giorno potremmo svegliarci e vedere tutto ciò come una tragedia per noi e per molti altri.

NOTA
QUESTO E' IL POST N.700

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