Riproduciamo un articolo
apparso sul settimanale Vita Nuova di Trieste, che riporta
le parole pronunciate dall’arcivescovo
Giampaolo Crepaldi alla festa del
patrono dei giornalisti. Per meglio comprendere il discorso di Crepaldi è utile
conoscere gli ultimi avvenimenti accaduti
in città, dove una violenta campagna di stampa e alcune improvvide
dichiarazioni di esponenti della giunta locale di sinistra l’hanno preso come
bersaglio.
Siamo abituati a collegare immediatamente il
giornalismo con l’informazione. Ma oggi è ancora così? Mi spiego. Il
giornalismo produce informazione, l’informazione è fondamentale per il dialogo
pubblico, il dialogo pubblico è essenziale per la democrazia… quindi il
giornalismo è essenziale per la democrazia. Di solito questo è il ragionamento,
sostenuto anche da fior fiore di filosofi, basti pensare ad Habermas. Da qui il
grande potere del giornalismo in democrazia che, però, proprio per questo,
ossia perché è un grande potere, qualche problema alla democrazia lo pone.
Questa contraddizione richiede oggi di rivedere alcuni luoghi comuni sul
giornalismo.
Nel dibattito politico si parla spesso di poteri
forti. Ci si riferisce, di solito, alla finanza, all’industria, alle
consorterie internazionali, ai grandi network della comunicazione televisiva.
Qualcuno, polemicamente, dice che oggi anche una certa magistratura è un potere
forte. Ma raramente si riflette sul fatto che anche la stampa è un potere
forte, e spesso intrecciato con gli altri che ho elencato qui sopra. Anzi, la
grande stampa spesso si propone come luogo ove si condannano i poteri forti,
inducendo così a trascurare che essa stessa non di rado vi appartiene. E’ vero
che i giornali tradizionali su carta sono in crisi ovunque, ma qui, per
“stampa” , non intendo solo i giornali stampati, ma anche i nuovi strumenti
della comunicazione on line.
I giornalisti esercitano oggi un forte potere. Questo
deriva, dal punto di vista culturale, dal fatto che oggi, diversamente dal
passato, l’informazione è sempre anche formazione. Un tempo si distingueva, almeno
teoricamente, tra informazione e formazione. Questa distinzione veniva espressa
con una frase piuttosto ingenua: “i fatti separati dalle opinioni”. Il mito del
cosiddetto giornalismo anglosassone si fondava su questa ingenuità. Ai tempi
dei giornali ideologici e di partito si era soliti distinguere questi ultimi da
quelli cosiddetti “indipendenti”, che però indipendenti non erano. Oggi queste
distinzioni non si possono più fare. Il motivo, paradossale, è che non esistono
più i giornali ideologici e di partito, perché non esistono più le ideologie e
i partiti come li avevamo conosciuti in passato. Attenzione, però, che questa
scomparsa delle ideologie non ha per niente lasciato libero il campo ai soli
giornali indipendenti per un giornalismo indipendente, ma ha trasformato questi
stessi in giornali che formano informando. Formano non più applicando ai fatti
raccontati una riflessione / valutazione ideologica, ma formano raccontando i
fatti e, portando in pagina ciò che accade in strada, lo legittimano e lo
impongono.
In questo modo il sistema giornalistico è, nel
complesso, conservatore: accerta ciò che accade nella strada e lo legittima.
Dai giornali non si impara più niente, si apprende solo che “oggi si fa così” e
che è giusto fare così. Che è una nuova, inedita, grande ideologia. Nella
nostra società le cose che contano si impongono per prassi. Si tratta di
atteggiamenti nuovi, di modi di vestire, di divertirsi, di usare una parola
piuttosto che un’altra. Si possono fare convegni fin che si vuole sul
matrimonio, ma se la moda – ripeto: la moda, quindi non qualcosa di consapevole
e di approfondito, ma un atteggiamento mimetico – impone la convivenza la
famiglia fondata sul matrimonio è già bell’e morta. Ecco, i giornali non
esercitano più nessuna voce critica rispetto a quanto accade in strada e, per
questo, formano informando.
Ne consegue che il sistema giornalistico tende ad
esprimere un pensiero unico. Questo è apparentemente in contrasto con la grande
pluralità dei mezzi informativi esistenti sul campo. Ma se io prendo i maggiori
quotidiani italiani che, magari su questa o quella questioncina si azzuffano,
sulle grandi questioni della vita umana sono tutti allineati, almeno nel non
prendere posizione. Certo, c’è un sistema di informazione alternativo, che però
non emerge perché è di fatto soffocato dal potere delle grandi concentrazioni.
Anche i giornali applicano la regola dietro la quale spesso si nascondono i
partiti: demandare le grandi questioni alla cosiddetta libertà di coscienza. E
così se ne lavano le mani. Ma non prendere posizione sui grandi temi è un modo
di prendere posizione che consiste nel confermare la linea verso cui soffia il
vento.
I giornali cattolici sono talvolta attratti dal
partecipare a questo grande coro. Temono di non essere al passo con i tempi e
di essere accusati di ideologia. Peccano così di timidezza e rifuggono le
battaglie culturali. Eppure l’unico modo di farsi sentire da questo grande coro
della megamacchina dell’informazione è fare qualche battaglia culturale. Per
poterlo fare, però, bisogna capire che davanti a noi non abbiamo solo un
sistema informativo essenziale per la formazione dell’opinione pubblica nelle
democrazie moderne eccetera eccetera … secondo i classici discorsi di
circostanza, ma che abbiamo un potere e che questo potere promuove un sistema
culturale non nella pretesa di formare ideologicamente le menti dei lettori,
come avveniva un tempo, ma fotografando ciò che avviene, la prassi, e
proponendola come vera e buona.
Tutto questo è evidente anche qui a Trieste. Ed è per
questo che gli strumenti comunicativi della diocesi, prima di tutto il
Settimanale Vita Nuova che ora si propone anche nella versione on line, sono
strumenti di libertà comunicativa e informativa. Sono strumenti che non accettano
quanto il coro dice a convalida di qualsiasi cosa accada in strada. Internet,
che da un lato conosce nuove forme di concentrazione di potere informativo,
dall’altro permette che siano i lettori ad andare in cerca delle notizie e non
più le notizie ad andare in cerca dei lettori. Questo può rappresentare una
qualche chance.
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